Capitolo 6 - Luna

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Appena salii in macchina, mi allungai verso di lui.
«Ciao»
Quelle parole mi uscirono lente dalla bocca. Come fossero un sussurro.
Si girò verso di me e mi fissò con quegli occhi color cioccolato. Sentii un brivido.
«Ciao, cucciola.» esclamò lui sorridendo.
Mi si avvicinò e in pochi istanti, quei pochi centimetri che dividevano le nostre labbra, si infransero.
Un bacio lento, che sa di sonno e monotonia. Mi lasciò una strana sensazione, di chi sta bene con una persona, ma che non riesce a dirgli che quella relazione è divenuta ormai qualcosa di scontato.
Mi infilai la cintura di sicurezza e la macchina partì.
Poco dopo ci fermammo al semaforo, rosso.
«Sabato vieni da me?» mi domandò Marco, guardandomi con la coda dell'occhio.
Mi spiazzò. Non sapevo cosa rispondergli. Era la prima volta che me lo chiedeva in quel modo. Come se avesse bisogno di me.
«e... Chiara?» domandai io titubante.

Chiara era la moglie di Marco. Ricordo ancora quando al nostro terzo appuntamento mi aveva portato in un ristorantino sul Lago di Como, che godeva una vista del Lago mozzafiato.
Quello era il vero primo appuntamento. Mi ero preparata per tutto il pomeriggio ed ero pronta in anticipo, l'aspettai un ora stretta nel mio vestito nuovo di seta color corallo.
Io che a fine serata, dopo esserci tenuti per mano mi aspettavo il fatidico bacio, venni invece spiazzata da quell'assordante verità.
Mi raccontò con chiarezza che non era interessato a prendermi in giro. Voleva essere chiaro, prima che iniziassimo a frequentarci seriamente.
Qualsiasi fossero le motivazioni che lo tenevano lontano da Chiara, non toglieva il fatto che Marco era un uomo sposato. Un uomo che risultava di un'altra. Eppure allora non riuscivo a fare a meno di lui, o forse egoisticamente non volevo.
La nostra storia era iniziata prima che i miei si lasciassero e lui in quel brutto periodo che arrivò poco dopo, fu il mio punto di riferimento.
L'argomento Chiara, per noi, all'inizio fu quasi più tabù del sesso.
Col tempo mi ero abituata all'idea, che Marco, il mio
Marco, fosse l'uomo di un'altra.
Dopotutto l'idea era sopportabile, perché Marco e Chiara non erano più una vera coppia da anni, anche se lui non aveva ancora avuto il coraggio di tradirla, prima di me.
Mi disse che non l'amava più. Aveva smesso di amarla, quando mise il lavoro al primo posto di tutto, persino della loro relazione. Poi la grande svolta. Chiara gli confessò di non volere figli. Lui che amava i bambini e che si era sempre immaginato papà. Così ora vivevano in due città diverse, per motivi di lavoro, a chilometri di distanza. Lei a Roma e lui a Milano. Lei tornava a Milano nei fine settimana, ma non sempre.

«E' fuori per lavoro tutto il fine settimana»
Il tono tranquillo con cui me lo disse, mi tranquillizzò. Gli sorrisi.
«Ok!»
Mi passò una mano dietro il collo e mi tirò a sé. Mi baciò disinvolto e poi mi lasciò andare.
«Quanto intendi farla crescere? » gli domandai sorridendo.
Gli accarezzai la barba bruna incolta, che ormai era lunga almeno un paio di centimetri.
«Non mi sembra ti dia fastidio quando ti propongo il mio giochetto...»
Una vampata di calore mi salì al viso.
Marco scoppiò a ridere e io mi copri il viso con le mani, imbarazzata.
Mi prese i polsi e mi tolse le mani dal viso.
«Sai che adoro metterti in imbarazzo...»
Mi diede un altro bacio e poi guardò l'orologio.
Il tempo era passato così in fretta, che non mi ero accorta che fossimo già arrivati nel parcheggio della scuola.
«Non voglio farti fare tardi... secchiona! »
Gli feci la linguaccia e scesi dalla macchina. Lo salutai e poi osservai la Golf grigia allontanarsi. Non distolsi lo sguardo finché i miei occhi non la videro più e anche quando ormai era lontana, rimasi ad aspettare. Non so perché, ma avevo il timore che tornasse indietro. Solo pochi mesi prima, avrei dato tutto, per quello che avevo ora. Una persona che mi amasse.
«Ciao straLUNAta!» gridò una voce allegra, scandendo regolarmente alcune lettere, interrompendo i miei pensieri.
Mi girai e vidi Ania, o meglio vidi la sua chioma. Quella sua frangetta castana, copriva gli occhi nocciola, rendendoli invisibili all'occhio umano.
Dovevo ringraziare lei se avevo conosciuto Marco. Lei e quel suo entusiasmo fanatico per un gruppo musicale tedesco. Lasciamo perdere. Meglio non ripensarci.
«Ciao Ania» risposi al saluto.
«Come va con lui?» mi chiese indicando con gli occhi il punto in cui poco prima era parcheggiata la Golf. Ora era pieno di ragazzi.
«bene!»
«fantastico... sono contenta per te! Quindi, la crisi è passata?»
Come faceva a sapere della crisi? Certo Ania è sempre stata un passo avanti nel capire certe cose. Me lo avrà letto in faccia.
«Yes... Questo fine settimana mi ha invitato da lui!»
L'espressione di Ania si fece delle più disparate. Gli occhi sbarrati, la bocca storta e il naso aggrottato mi suggerirono che qualcosa non andava.
«Ma mi prendi per il culo? Non ci vivi già insieme?» mi rispose lei stupita.
Non ci siamo. Mi sa che c'era stato un malinteso. Un gran malinteso. Quando le avevo detto una cosa del genere? Non riuscivo a capire... vivere insieme?
«Ma di cosa parli? Anzi di chi?» gli domandai interessata.
«Di lui!» mi rispose spontaneamente, girando il viso verso destra. Rincorsi il suo sguardo e mi persi tra la folla. Misi a fuoco, come un obiettivo da professionista e finalmente lo vidi.
«Daniel» urlai liberata e scoppiai a ridere.
«Ma di chi pensavi stessi parlando?»
«Lasciamo perdere...»
Prima non mi ero accorta che fosse lì, cioè non l'avevo proprio visto. Lui era ancora fuori dal mio radar.
«Allora... me lo presenti?» mi domandò Ania, facendo gli occhi dolci.
Senza risponderle, la presi da sotto il braccio e la trascinai con me.
Daniel era immobile sulla sua moto nera a fissare il cancello. Guardai i ragazzi accanto a lui. I pochi che non avevano amici intorno, continuavano a tirare fuori il cellulare facendo finta di leggere messaggi, ma in realtà guardavano l'ora. Sapevo bene come si sentissero, era capitato molte volte anche a me. Non per scelta degli altri, ma per mia scelta.
Fino a pochi anni prima avevo ricercato molte amicizie, ma quando ti accorgi che le persone che credi amiche, cercano solo di pugnalarti alle spalle allora capisci che non ne vale la pena.
Ma Daniel appariva diverso dagli altri. Unico della sua specie.

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