Capitolo 41 - Dan

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L'osservai inerme scavalcare quel muretto.

Che cazzo avevo fatto? Quando quella ragazza si era avvicinata a me, mentre ballavo per pochi secondi avevo creduto che fosse Luna. Poi quando le sue labbra si erano posate sulle mie, così voracemente, non avevo riconosciuto il suo sapore. Quelle labbra mi nausearono. Erano ruvide, sporche. L'allontanai da me e mi ricordai di Luna. Era come essersi svegliati da brutto incubo.

«Devo andare da lei e scusarmi...» pensai ad alta voce.

«E' a pezzi, lasciala tornare in Hotel, è in buone mani!» mi rispose Andrea, seduto sul muretto nell'esatto posto dove c'era stata Luna poco fa.

«Non mi perdonerà mai... la conosco!» urlai, infilandomi le mani nei capelli e sbattendo la testa.

«Smettila, ti ha già perdonato una volta!»

So a cosa si riferiva, a quando avevo passato del tempo con Giada. Ma era stato diverso. A quel tempo Luna stava ancora con Lui e quindi non avrebbe potuto rimproverarmi nulla. Eppure già allora la sentivo tremendamente mia, anche quando aveva scelto un altro al mio posto.

«Ora è diverso! Io sono il suo ragazzo...»

«Già! Ti sei cacciato in un bel casino bello!» rispose lui serio.

Non poteva finire così. Avevo un peso sullo stomaco e fino a quando non avrei chiarito con Luna, sarebbe rimasto li.

Avevo una voglia tremenda di abbracciarla, e addormentarmi con lei.

«Devo raggiungerla, muoviti!» ordinai ad Andrea di seguirmi.

«Perfetto, come al solito parlo al vento! Devo dire che prendi sempre molto in considerazione i miei consigli!» sbraitò lui mentre mi seguiva a passo svelto.

Andrea si stava ancora lamentando, quando vidi Angelica e Ania in acqua.

Inizialmente non ci pensai. Poi quando il mio cervello si collegò mi assalì il panico. Dov'era Luna?

Scavalcai istintivamente il muretto e affondai le mie nuove Nike nella sabbia. Mentre correvo verso di loro misi a fuoco il mare scuro e vidi in acqua sdraiati due corpi.

Mi si gelò il sangue.

Angelica ed Ania urlavano, ma io non le sentivo. Era come se tutto procedesse a rallentatore, mi sentii in uno di quei film muti in bianco e nero. Era tutto così surreale.

Mi tuffai in acqua e spinsi via con tutta la forza che avevo in corpo, quel ragazzo massiccio che la teneva sott'acqua.

Ania e Angelica tirarono su la testa di Luna. La guardai fermo immobile e per un attimo pensai di essere arrivato in ritardo. Il mio cuore mancò un battito.

La vidi tossire e mi sfuggì un sorriso di gioia.

Poi mi ricordai di quel corpo. Per me era solo un ammasso di carne e ossa. Mi fiondai su di lui e iniziai a picchiarlo pesantemente. Gli tirai come prima cosa un pugno in faccia e poi un calciò. Ripiombò in acqua. Cercò di alzarsi ma scivolò. Gli sferrai altri calci e non badai a che parte del corpo colpii.

«Stop! Please, stop!» urlò tra un calcio e l'altro.

Mi fermai e mi inginocchiai accanto a lui. Gli presi la nuca e lo guardai fisso negli occhi. Era terrorizzato, eppure aveva ancora quel sorrisetto compiaciuto sulle labbra.

«Fuck you!» gli urlai e con tutta la forza che mi era rimasta gli spinsi la testa sott'acqua.

«Dan fermati! Che cazzo fai? Così lo uccidi!» mi girai e vidi Andrea venirmi in contro.

Aveva ragione. Ma che stavo facendo?

Guardai di nuovo il tedesco che stava boccheggiando e gli lasciai la testa. Andrea mi porse la mano e mi alzai.

Tornammo in Hotel in Taxi, in un silenzio tombale. Non avevamo più forze ed erano successe troppe cose brutte. Avevo tradito Luna e per poco l'avevo persa per sempre, poi avevo quasi ucciso quello stronzo. Ma cosa mi stava succedendo? L'amore mi toglieva la lucidità? No, era l'alcool a togliermela.

Aiutai Luna a scendere dal Taxi, ma lei mi fulminò con uno sguardo d'odio.

«Devo parlarti!» le sussurrai.

«Io no...» rispose lei.

«Ti prego ascoltami...» cantilenai.

«Sono stanca e per poco non sono affogata, lasciami in pace!» mi supplicò.

«Capisco, ma voglio dormire con te!»

Avevo bisogno di lei, soprattutto ora che quasi l'avevo persa.

«Solo perché mi hai salvata, non ho resettato quello che è successo!» mi urlò.

«Luna deve riposare Dan! Smettila di essere egoista e lasciala in pace!» si intromise Ania.

Odiavo quando sputava le sue sentenze. Mi girai e tirai un cazzotto alla parete. Cazzo che dolore! Per fortuna era cartongesso.

Erano le due di notte ed accettai contro voglia di tornare nella mia stanza con Andrea. Ma a cosa mi serviva un letto senza di Lei? Sapevo bene che non avrei chiuso occhio, ormai mi ero abituato alle sue intrusioni nel mio letto quando i nostri genitori andavano a dormire. Le sue mani fredde, i suoi fianchi morbidi e le sue gambe attorcigliate alle mie. Senza Luna nulla aveva senso.



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