Capitolo 37 - Dan

48 5 2
                                    

I restanti giorni della settimana trascorsero veloci.

Quando mio padre e Sonia rientrarono dal viaggio d'affari, ci comunicarono che non sarebbero potuti venire con noi a Palma di Maiorca, perché avevano delle importanti riunioni a cui partecipare.

«Abbiamo pensato che potreste andarci comunque, magari con degli amici! Luna potresti chiedere ad Ania!» suggerì Sonia a Luna.

L'idea di andare in vacanza con Luna mi entusiasmò, ero al settimo cielo.

«Io potrei chiedere ad Andrea...» sussurrai, cercando di tenere a freno la mia esaltazione.

«Ania sarà contentissima! Chiederò anche ad Angelica» esclamò Luna già con gli occhi sognanti.

«Ho già pagato tutto, quindi non potranno rifiutare!» disse Sonia.

Marta sarebbe rimasta a malincuore a casa, ma dopo i primi capricci si mise l'animo in pace. In fondo l'importante era che stesse con sua madre.

Qualche mattina dopo eccoci pronti per Palma.

«Luna hai preso i biglietti? E i documenti e la prenotazione?» domandava svelta Sonia, era tremendamente agitata. Era la prima volta che Luna andava in vacanza da sola, fuori dall'Italia.

«La testa è attaccata sul collo?» domandai serio a Sonia, guardando Luna.

Erano le sei di mattina e Sonia stava parlando troppo e a voce troppo alta per i miei gusti.

Il volo l'avevamo alle nove all'aeroporto di Bergamo. Ci avrebbe accompagnato mio padre. D'accordo con Andrea, lui sarebbe passato a prendere Ania e Angelica, perché non ci saremmo stati tutti in una macchina con le valigie.

«Hai bisogno di soldi?» mi domandò mio padre.

Come al solito pensava solo ai soldi.

«No, ho la carta...» risposi secco.

«Fate attenzione, ho letto che quella zona è piena di giovani tedeschi ubriaconi!» esclamò mio padre.

«Daniel ti prego tieni d'occhio Luna!» sussurrò Sonia mentre mi salutava con un abbraccio.

«Non preoccuparti, non la perderò di vista un secondo!» risposi serio. Sarebbe stato così, senza ombra di dubbio. Lei era mia.

«Luna cerca di non far arrestare Daniel!» esclamò mio padre mentre parcheggiava in aeroporto.

Lei sbiancò e gli promise scherzosamente che se fossi stato arrestato lei avrebbe fatto buttare via le chiavi della cella. Per fortuna mio padre non era al corrente del mio piccolo arresto di qualche notte prima.

Ci salutò svelto, senza abbracci e se ne andò.

Com'era prevedibile. Per me era un libro aperto. Cercava di recitare la parte del buon maritino con Sonia, ma io sapevo chi era lui. Con me quella recita non funzionava. Voleva farmi credere di essere cambiato, ma restava l'uomo che aveva tradito mia madre e l'aveva quasi spinta al suicidio, allontanandola inevitabilmente da me. Lei se n'era andata, ma come potevo darle torto? Con che forza avrebbe dovuto crescere un figlio che era l'esatta copia dell'uomo che l'aveva ferita di più al mondo?

«Ti ha mai abbracciato?» mi domandò Luna, riportandomi con i piedi per terra.

«Cosa?» le domandai distratto.

«Tuo padre, ti ha mai abbracciato?»

Mi guardava con quegli occhioni assonnati, pieni di speranza.

Ad ogni costoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora