Capitolo 23 - Dan

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Aprii la porta blindata di casa cercando di fare il meno rumore possibile. Appoggiai le chiavi sul mobile all'ingresso e notai che accanto al mio c'era il mazzo di chiavi di Luna.

Tirai un sospiro di sollievo.

Era a casa.

La luce del soggiorno si accese e mi accecò.

«Dove sei stato Daniel? E' tardi e domani devi andare a scuola!»

Mio padre si materializzò davanti ai miei occhi spaventandomi.

«Porca troia, mi hai fatto venire un infarto!»

«Non cambiare discorso Daniel!» rispose lui severo.

«Ma si può sapere cosa vuoi da me? Devi smetterla di trattarmi come un bambino, sono maggiorenne ormai!»

«Sarai anche maggiorenne ma io sono tuo padre e vivi sotto questo tetto, quindi devi...»

Si bloccò senza finire la frase. Sapevo cosa avrebbe detto, che dovevo stare alle sue regole. Mi aveva rinfacciato non so neanche quante volte che mi manteneva ed era grazie a lui se non ero in mezzo ad una strada, come se un genitore dovesse far pesare al figlio di essere venuto al mondo.

«Non ti ho chiesto di nascere...» sussurrai.

Feci in tempo a vedere la mano destra di mio padre alzarsi e poco dopo sentii un forte bruciore sulla guancia sinistra.

Mi aveva tirato uno schiaffo e anche forte. Sentii il sangue ribollire di rabbia, ma non avevo intenzione di dargli nessuna soddisfazione.

Scoppiai a ridere.

«Ora posso andare a letto?» gli risposi indifferente.

Lo abbandonai in soggiorno con la testa china sul palmo rosso della mano che mi aveva appena colpito.

Lo schiaffo fisico l'avevo ricevuto io, ma la sconfitta morale era la sua.

Dimenticai di inserire la sveglia e quando mi svegliai erano già le otto. Merda. Avrei voluto parlare con Luna quella mattina, non so di cosa, ma la volevo almeno vedere. Mi mancavano i suoi occhi, quel modo dolce di stuzzicarsi le labbra con l'indice quando vagava con la testa fra le nuvole. Le sue gambe strette ai miei fianchi e quel seno sodo. Sentii un calore intenso tra le gambe. Merda. Basta pensare a Luna! Prima di scendere a fare colazione fu d'obbligo una doccia fredda per raffreddarmi.

Quando arrivai a scuola, quella mattina, trovai alcuni miei compagni all'entrata. Era un gruppo, fermo a parlare.

Strano, sarei entrato alla seconda ora, cosa ci facevano ancora fuori? Gli passai accanto come tutte le mattine e loro non mi degnarono di uno sguardo, come sempre.

«Daniel!» sentì urlare. Mi voltai.

Era Jacopo, o almeno così mi sembrava si chiamasse. Un tipo sicuro di se, come molti. Molte ragazze gli giravano intorno, ma lui non se le filava. Anche se in realtà faceva il duro, ero sicuro fosse gay.

«Parli con me?» gli domandai.

«Vieni!» urlò lui.

Calmati! Vuoi una camomilla?

«Senti... vogliamo occupare la scuola! Ci stai?» mi domandò veloce.

Ah ecco, stavano cercando assensi. Bhe, al mio impeccabile curriculum scolastico ci mancava solo l'occupazione.

Stavo per rispondergli, quando cambiai idea.

Vidi arrivare Luna a passo incerto. Dov'era stata fino ad ora? Forse a chiaccherare con le sua amiche, spero. Gli proposero l'occupazione. Mi sarei aspettato che da brava studentessa, avrebbe subito risposto di no.

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