quindici

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Hai idea di quanta gente sconclusionata e fuori di testa si aggira tranquillamente sulle strade di tutto il mondo? E non sto parlando di vicini di casa carini che nascondono la loro vera essenza di serial killer; più semplicemente mi riferisco a tutti quelli che vivono disconnessi dal sistema.

Insomma, tu fai di tutto per svolgere il tuo dovere, per non deludere le persone che ami, per stare costantemente aggiornata su una cosa e su quell'altra, e questo tipo di atteggiamento ti stressa e alla lunga ti sfinisce. Nel momento in cui cadi a terra esausta a prendere una boccata d'aria per poi ricominciare, ti guardi attorno e vedi una miriade di questa gente disconnessa dal sistema, che cammina piano, che si muove con calma, che arriva sempre in ritardo e parla sempre di qualcosa che non c'entra. E mentre li osservi con la bocca spalancata, sul punto di arrabbiarti perché hai la sensazione che ti stiano facendo perdere tempo, ti accorgi che in fondo sono al tuo livello, solo un passettino più lenti. Fanno tutto quello che fai tu, ma senza stress e senza nessuna pretesa. E stanno molto meglio di te.

Beh, quel giorno iniziai a pensare che V e Cadina fossero di questa specie di esseri umani.

Mercoledì. Niente di nuovo. Niente invito da parte di mister V e niente Cadina nei paraggi.

Ma guarda te che razza di gente sconclusionata.

Ormai era passato un mese da quando avevo visto Cadina l'ultima volta e, anche se mi sforzavo di lasciarmi la questione alle spalle, ogni tanto il pensiero tornava facendomi venire il nervoso.

Il sole era una palla infuocata e il caldo dell'estate iniziava a farsi sentire.

Non avevo ancora acceso l'aria condizionata ed ero vestita con una gonnellina leggera e una maglia sbracciata.

Quel giorno aspettavo Riva. E non avevo dubbi che arrivasse. E infatti, verso tarda mattina, eccolo entrare nel mio studio.

Era in completo di lino grigio, senza cravatta. Impeccabile come sempre.

«Buongiorno Giada».

«Buongiorno».

Sorrise e si accomodò sul solito divanetto.

«Eccolo» dissi mostrandogli il bracciale. «Ho deciso di mettere solo una pietra così che abbia il giusto risalto. E' un diamante naturale, da un carato e mezzo, a taglio goccia. Il colore è bianco eccezionale superiore. Qualcosa di unico e molto raro».

Lui lo guardò per un lungo momento in cui mi fece stare sulle spine. Poi alzò la testa e mi rivolse il suo sguardo. Aveva occhi di ghiaccio; sembrava che riuscisse a guardarmi dentro.

«E' meraviglioso». Disse infine.

«Vuole che le prepari una confezione?»

«Sarebbe magnifico» fece lui.

«Quanto le devo Giada?»

«E' venuto a costare come l'ultima coppia di orecchini».

«Benissimo. Posso farle un assegno?»

«Certo. Mi faccia un favore, lo intesti a Giada Ferreri s.n.c.»

«Come vuole».

Mi ridiede il bracciale e mi rintanai nel retro a chiudere la confezione che avevo preparato.

Quando tornai mi diede l'assegno e gli consegnai il pacchetto ben incartato e la ricevuta.

«Deve perdonarmi sa, Giada». Fece con un tono di voce grave.

«Perdonarla per cosa?» chiesi stupita.

«Per... per averle mentito». Disse lapidario.

«Mentito?» Accennai a una risata isterica per sdrammatizzare. «Guardi che non è mica necessario che mi dica la verità. Per me resta comunque un ottimo cliente anche se mi dice le bugie». Dissi, nel tentativo di toglierlo dall'imbarazzo.

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