ventisette

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Il giorno dopo ero raggiante.

Era una giornata calda e soleggiata.

Indossavo un tailleur blu che mi fasciava fino al ginocchio, mettendo in risalto le mie forme. Sotto la giacca portavo una camicia bianca. Ai piedi un paio di saldali neri di Louboutin.

Alle undici uscii dallo studio e mi incamminai verso piazza Cavour. Vedevo in lontananza l'auto nera di V, ferma con le quattro frecce lampeggianti. Non appena mi vide, V scese per venirmi incontro, mettendo in nostra il suo sorriso.

«Ciao». Mi salutò.

Ci scambiammo due bacini sulle guance.

«Ciao».

Ci sedemmo entrambi sul sedile posteriore, in silenzio. Io in evidente stato di agitazione, lui sembrava essere l'uomo più calmo di questo mondo. Dopo che l'auto fece qualche chilometro fu lui a rompere il silenzio: «Ho deciso di farti un'altra sorpresa».

Nel sentire quelle parole mi prese un colpo. Lo guardai con occhi strabuzzanti.

«Possibile che ti faccio così paura?» chiese. «Guarda che è una bella sorpresa, non ci sono mica pericoli».

«Credo che abbiamo una visione differente su ciò che sia pericoloso o meno». Dissi.

«Bè, questa sorpresa non comporta pericoli nemmeno per la tua visione, credimi. Ho deciso di portarti a pranzo sulla torre Eiffel».

«A Parigi?» chiesi esterrefatta.

«Certo. Conosci un altro posto dove ci sia una torre Eiffel?»

Quell'uomo era davvero pazzo. Non avevo più alcun dubbio.

«Ma io...mi avevi promesso che mi avresti riportata indietro presto».

«E ho tutte le intenzioni di mantenere quella promessa. Lo sai che ho un jet?»

«Adesso non fare il gradasso».

«Bè, se hai un jet non è questione di fare il gradasso. E' solo che puoi permetterti di andare a pranzo a Parigi per poi essere in ufficio a Como già alle quattro di pomeriggio. Promesso».

Rimasi allibita; senza parole; ma non potevo evitare di sentirmi su di giri. Una cosa così non mi era mai capitata e, passato il primo momento di sgomento, non vedevo l'ora di partire. Per un attimo pensai a quando l'avrei raccontato a Sara...mi lasciai scappare un sorriso.

«Allora, ti va?» Chiese lui, sicuro della risposta che avrei dato.

«E come potrei rifiutare?»

Ci vollero solo un paio d'ore o poco più prima di atterrare a Parigi. Durante il viaggio la hostess servì una coppa di champagne. Mi sembrava quasi di vivere in un sogno. V non faceva altro che parlare del ristorante, della stupenda vista che si godeva e, soprattutto, della sublime qualità del cibo.

Fu un viaggio davvero piacevole. Eravamo seduti su poltroncine una di fronte all'altro e, durante il tragitto, riuscì a farmi dimenticare tutte le preoccupazioni. A dire il vero, durante quel viaggio, mi scordai della mia vita. Avevo intenzione di assaporare ogni singolo istante del sogno che stavo vivendo.

Atterrammo al Charles de Gaulle che era già l'una passata. Un'auto ci attendeva appena oltre le piste e non dovemmo nemmeno passare all'interno dell'aeroporto.

Durante il tragitto in macchina restammo un po' in silenzio. Lui probabilmente assorto nei suoi pensieri; io inghiottita dalla meraviglia.

L'auto ci lasciò davanti alla torre Eiffel. Gruppi di turisti erano fermi sotto la torre. C'erano due lunghe code di persone che aspettavano di poter salire a piedi fino al primo livello.

V.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora