diciassette

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Sara mi diede un passaggio in macchina fino a casa. Fare il tragitto in auto non richiedeva più di dieci minuti.

«Grazie, sei un tesoro».

«Ciao Dada. Mi raccomando rilassati e pensa che quello che ti è successo capita al centoquaranta percento delle strafighe su questa terra. E tu sei una di quelle. E poi ricordati che un bacio è sempre e solo un bacio».

Strabuzzai gli occhi: «Ssssss. Abbassa la voce, siamo sotto al mio palazzo, scema».

«Oddio scusa, non ricordavo che ci fossero agenti segreti nascosti nei muri».

«Ciao» la salutai avviandomi verso l'ingresso.

«Ciao. Emm. Un'ultima cosa».

Mi voltai verso di lei.

«Ma lo sai che sei davvero una gran bella gnocca?» e sgommò via con la su auto-carretta.

Risi tra me e me mentre salivo in ascensore per raggiungere il mio attico. E più salivo più la sensazione di ilarità scemava per far posto alla prepotenza del rimorso.

Quando entrai in casa Giulio non era ancora arrivato, come aveva detto. L'appartamento era immerso nel silenzio e i pensieri che produceva la mia coscienza sembrava che facessero rumore.

Accesi le luci del soggiorno e il televisore, in modo da farmi compagnia; poi feci un passaggio in bagno per darmi una rinfrescata e in camera da letto per mettermi qualcosa di comodo. Tolsi dal polso il regalo di Riva-V e lo misi nel cofanetto dove si sarebbe mimetizzato tra tutti i miei gioielli.

Se Dio mi avesse lasciato il tempo, quella sera, ero decisa a cucinare qualcosa di speciale per Giulio. Lui amava i risotti. Speravo, in quel modo, di affievolire il fastidioso senso di colpa che mi opprimeva.

Andai in cucina, presi una pentola e iniziai a far bollire il brodo di pollo. Ne presi un'altra e misi a soffriggere un po' d'olio e una cipolla tagliata fine. Versai due pugni di riso e, dopo averlo fatto tostare qualche minuto, versai un bicchiere di brandy per insaporirlo. Iniziai a girarlo con il mestolo di legno. Presto la cucina venne invasa da un profumo appetitoso.

Dopo il pranzo di quel giorno con Riva-V, non avevo per niente fame ma non importava. Stavo cucinando per mio marito. Ma quando il profumo raggiunse i miei sensi non potei fare a meno di ritornare a pensare al pranzo di mezzogiorno e, ancora peggio, iniziai di nuovo a pensare al bacio. Che mi aveva sopraffatta.

Per Sara un bacio era solo un bacio. E forse, tutto sommato, era anche vero.

O forse no.

Mentre giravo il risotto continuando ad aggiungere brodo sentii la voce di Giulio: «Ciao amore» disse precipitandosi in cucina. «Che profumino».

Mi si avvicinò e mi diede un bacio sul collo.

«Ciao» lo salutai, voltandomi. Desideravo assolutamente dargli un bacio. Forse nella speranza di riuscire a cancellare quello magnetico di V. Baciai mio marito in modo insolito, avvolgendolo con le braccia e cercando il contatto con la lingua. Giulio non si oppose e ci abbandonammo a un lungo bacio appassionato.

«Wow, che ti succede stasera?» Chiese, guardandomi con l'espressione di un pesce fritto.

«Niente. Avevo solo voglia di baciarti. A meno che non abbiano appena fatto una legge che vieti di limonare alle coppie sposate».

«Anche se siamo governati da una schiera di cerebrolesi, non sono ancora arrivati fino a quel punto. O, almeno... è più probabile che tassino i baci piuttosto che vietarli».

Mentre Giulio parlava, sentivo il suono delle sue parole sempre più distanti. Ripresi a girare il risotto voltandogli le spalle. Non volevo vedesse la delusione che sentivo dipingersi sul mio volto. Il bacio che ci eravamo dati non mi aveva dato nessuna scossa. Nessuna sensazione profonda. Niente di minimamente paragonabile al bacio di Riva-V.

Mi sentivo così triste che quasi mi venne da piangere.

Giulio usci dalla cucina per raggiungere la zona notte, mentre io avrei voluto scappare di casa. Almeno per quella sera. Non volevo incrociare il suo sguardo. Temevo che si accorgesse del mio stato d'animo.

Mentre buttavo in pentola un pezzo di burro per mantecare il riso mi resi conto che, in fondo, stavo esagerando. Va bene il senso di colpa, ma Giulio non faceva parte dei servizi segreti e io ero pur sempre in grado di inventarmi una scusa plausibile su due piedi. Il problema non era di certo tenere nascosta la vicenda a mio marito. Il problema era che il bacio di V mi aveva sconvolta.

In un angolo della mia mente, contro qualsiasi regola di vita che avevo sempre sostenuto, non vedevo l'ora che capitasse di nuovo.

Quella sera cenammo ancora sul terrazzo e, mentre Giulio scatenava tutta la sua rabbia contro questo o quel politico, la mia tesa viaggiava senza un vero e proprio senso logico. Mi si strinse il cuore al pensiero che, facendomi baciare da Riva-V, non solo avevo tradito mio marito ma avevo fatto un torto anche a mio figlio.

Bevvi un bicchiere di vino.

Speravo che la luce soffusa del terrazzo nascondesse il mio pessimo stato d'animo. Anche se Giulio era cosi infervorato dai suoi discorsi che non si sarebbe accorto nemmeno se mi fossi fatta i capelli biondi. In ogni caso, avrei dovuto dirgli dell'invito alla festa di presentazione del mio gioiello a forma di banana ma decisi che sarebbe stato meglio aspettare.

Dopo cena Giulio si mise sul divano, sdraiato, a guardare la televisione e, dopo che diedi una sistemata alla cucina, mi avvicinai a lui: «Tesoro io vado a dormire, sono distrutta».

«Okay amore, buona notte».

Lasciai che mi desse la solita carezza con le labbra sulla bocca e me ne andai in camera da letto.

Nonostante fossi davvero esausta, dovettero passare parecchi muniti prima di riuscire a prendere sonno. Nella mia mente continuavano a vorticare pensieri di ogni genere e non la smettevo di sentirmi tremendamente in colpa. Poi ci fu un pensiero che riuscì a tranquillizzarmi: avrei potuto rifiutare l'invito di Riva-V e dimenticarmi di tutta quella vicenda. Mi dispiaceva davvero rinunciare alla serata di presentazione dell'oracolo, l'Yraho, la banana d'oro, ma almeno non avrei rischiato di sentirmi di nuovo in colpa in quel modo assurdo.

La possibilità di rifiutare l'invito di V mi fece tranquillizzare e finalmente riuscii a cadere nel sonno. 


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