trentuno

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Quella sera, una volta a casa insieme a Giulio, mi sentivo sconfitta e umiliata. Facevo fatica persino a guardare mio marito negli occhi.

Feci di tutto per evitarlo.

Mi sentivo di nuovo sporca.

L'avevo tradito. E l'avevo fatto nel peggiore dei modi: con la testa. Mi ero degradata fino al punto di denudarmi per farmi sculacciare.

Ti rendi conto?

Avevo ancora il sedere indolenzito.

Ma com'era potuto succedere? Possibile che mi fossi lasciata trascinare fino a quel punto? E solo per non essere esclusa da uno stupido gioco?

Quel demonio era riuscito a catturarmi arrivando a stuzzicare una parte di me che non sapevo nemmeno esistesse. Era riuscito a farmi accedere alla mia parte più oscura, quando ancora non sapevo di averla.

V aveva ottenuto quello che voleva. Probabilmente, per depravati come lui, il sesso è solo questione di controllo. Di violenza.

Il fatto di averlo appagato in quel modo, mi faceva soffrire ancora di più. Mi trovavo nell'assurda situazione di essere certa di aver tradito mio marito, senza nemmeno essere appagata. Avevo soddisfatto le voglie perverse, di un umo perverso, senza che lui provvedesse a soddisfare le mie.

Per un attimo pensai di confessare tutto a Giulio, così da togliermi quel peso insopportabile. Se l'avessi fatto però, avrei distrutto in un solo colpo tutto quello che avevo costruito con fatica nel corso di una vita.

In più, confessare a Giulio sarebbe stato un atto di mero egoismo.

Non potevo.

Non potevo farlo.

Non dovevo farlo.

Dovevo invece essere forte. Sopportare il peso delle mie azioni. Tenermi tutto dentro in nome del matrimonio. Sarebbe stato troppo facile e ingiusto scaricare la zavorra delle mie azioni sulle spalle di mio marito.

Ero confusa. Stanca. Non mi sopportavo più.

Una certezza però ce l'avevo: non avrei più accettato un invito da V. Non volevo più vederlo. Mai più.

Dovevo allontanarmi dalla mia anima nera. Dovevo scappare lontano e dimenticarmi di quanto piacere si prova dentro le stanze oscure della perversione.

Potevo sempre cercare di migliorare il rapporto intimo che avevo con mio marito. E perché no? Era sufficiente dimenticare di aver oltrepassato il limite.

Non volevo più sentirmi addosso quella sensazione di sporco. Non volevo più sentirmi scorrere sotto pelle il senso di colpa. Non volevo più mentire a Giulio. Non volevo neanche più provare quell'ebbrezza di sentirmi un po' puttana.

Improvvisamente mi fu chiaro che avrei dovuto cercare quelle sensazioni insieme a mio marito. Sarebbe stato difficile. Forse impossibile; ma valeva la pena tentarci.

E perché no?

Dopotutto Giulio era pur sempre l'uomo che mi conosceva meglio di chiunque altro e, se avevo voglia di trasgressione, avrei potuto benissimo cercarla con lui.

Se solo fossi riuscita a parlargli. A spiegargli che, al di fuori del nostro rapporto, c'era un mondo di sesso con infinite sfaccettature.

Sesso estremo. Sesso perverso. Sesso che ci avrebbe condotti molto più vicini di quanto lo fossimo mai stati fino a quel momento.

Se solo fosse stato possibile introdurlo in quel mondo. Se solo fosse riuscito a trasformarsi in V.

Quella sera non dissi molte parole. Feci di tutto per evitare Giulio.

L'imbarazzo e quella sensazione di sporco non se ne volevano andare.

I pensieri continuarono a vorticare nella mia testa per ore, prima che riuscissi a dormire.  


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