cinquantuno

5.8K 126 13
                                    

«Come voi tutti sapete» attaccò a parlare V, «vincendo l'asta per questa donna sono il proprietario del suo corpo, per questa sessione. Sono io che decido la punizione da infliggere alla numero uno... e oggi... ho preso la decisione di cedere il mio diritto a un'altra persona» disse V, facendomi morire di paura.

Nella sala si alzò un mormorio, subito interrotto dalle parole di V.

«Cedo questa donna nella mani di Elena Cadina» annunciò.

Non riuscii a credere alle sue parole. Il mondo intero mi crollò addosso. Improvvisamente mi sentivo ridicola e fuori posto.

Quando vidi Cadina spuntare dalla platea mi travolse il panico. Si avvicinava sorridente.

Cercai di liberarmi dai lacci in cui mi avevano immobilizzata, tentando di fare forza sia con le gambe che con le braccia ma era impossibile muoversi.

Quell'odiosa sbruffona salì sul palco ghignando. Mi piantò il suo sguardo negli occhi per un lungo momento in cui mi sentii sprofondare; poi passò ad analizzare ogni centimetro del mio corpo nudo, lentamente, finendo col fissarmi in mezzo alle gambe.

L'umiliazione mi avvolse in una coltre d'imbarazzo e vergogna.

A tutto avrei pensato tranne a quell'eventualità.

Volevo scappare e iniziai a pensare di dire amore per porre fine al gioco. Non sopportavo il pensiero di essere sottomessa a una donna figurati se nei panni di quella donna ci fosse stata Cadina.

Non mi sarei mai fatta sottomettere da quell'odiosa gatta morta. Mai e poi mai.

Iniziai ad agitarmi con più fervore, facendo tintinnare le catene al quale ero legata e lei si mise a ridere.

«Vuoi mollare?» Chiese. «Vuoi perdere?» Chiese di nuovo, senza ottenere risposte.

Io ero sconvolta e sul punto di mollare davvero.

«Devi solo dire la parolina magica» aggiunse, compiaciuta dalle sue parole.

Iniziò ad accarezzarmi il ventre con le sue lunghe dita filiformi, senza preamboli. Mi fece passare un dito sulla vagina, premendo fino a violarla, ritraendolo immediatamente. Provai un fugace brivido di piacere.

Poi, di colpo, mi afferrò il sesso, stringendo in una mano le mie grandi labbra, come a volermi dare un pizzicotto. Gridai, più per la sorpresa che per il dolore.

Quei gesti, in pochi attimi, riaccesero tutta la mia bramosia.

Cadina lasciò la presa e si avvicinò la mano al volto, esaminandola in un gesto plateale «Sei bagnata» esclamò, mettendomi la mano davanti agli occhi, all'altezza della bocca.

«Fai tanto la sostenuta ma stai già morendo di piacere» disse, appoggiando un dito alle mia labbra e spingendolo dentro la bocca. «Assaggia il tuo sapore».

Io non sapevo più cosa fare, cosa dire, cosa pensare. Mi sentivo umiliata e terribilmente eccitata. Detestavo con tutta me stessa quella donna e quella situazione. Eppure il piacere che provavo era autentico.

Cadina sfilò il dito dalla mia bocca e mi diede uno schiaffo in mezzo alla vagina spalancata, facendomi gridare di nuovo.

«Perché non rinunci e te ne vai?» Chiese. «Così non sarò più costretta a sopportare la tua presenza» aggiunse.

Quelle sue provocazioni...quel suo modo di fare...quella situazione... fu proprio in quel momento che decisi che avrei resistito fino in fondo, qualsiasi cosa accadesse; qualsiasi cosa mi avesse fatto.

V.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora