ventitre

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Seguii il cameriere in cravattino all'interno della villa con le sembianze di un castello. Ad ogni passo sentivo il rumore dei miei tacchi che risuonavano sul pavimento di marmo rompendo il silenzio. Potevo anche sentire il mio cuore che tamburellava nel petto. Attraversammo diverse sale. Erano tutte enormi. Eleganti. Ovunque c'erano opere d'arte, sculture e quadri.

Il cameriere iniziò a scendere lungo i gradini di una scala circolare che sembrava scomparire nel buio.

Per un attimo titubai. Poi il desiderio di incontrare V mi diede il coraggio di proseguire. Era una scala stretta, tutta di sasso. Con le pareti circolari, anch'esse di sasso. L'illuminazione, notevolmente scarsa: c'erano solo piccole lampade che di tanto in tanto fuoriuscivano dalla parete.

A man a mano che scendevo l'agitazione aumentava. Finalmente giungemmo in fondo alla scalinata.

Davanti a me si stagliava un lungo corridoio, buio.

Le pareti di pietra illuminate solo dalla luce tremula di candele su candelabri appesi al muro. La suggestione di quel luogo accresceva l'emozione. Non avevo idea di dove stessi andando.

Ero convinta che V si trovasse all'aperto, magari dalla parte opposta alla piscina. Ma non era così.

Inizia a preoccuparmi e dovetti sforzarmi non poco per percorrere tutto il corridoio, con il cuore che martellava i suoi battiti in gola. Nonostante l'agitazione e un filo di paura (che continuavo a ripetermi che fosse ingiustificata, anche se sapevo bene che, al contrario, aveva tutte le giustificazioni) seguii il cameriere percorrendo il lungo corridoio buio.

La voglia di incontrare V era di gran lunga superiore al timore che scaturiva quel posto, degno di un castello della Transilvania.

Poi, finalmente, sbucammo in una grande sala col soffitto a volta. Anche era tutto di pietra. Ed anche questa stanza era illuminata dal fuoco collerico delle torce appese alle preti.

Infine lo vidi.

V era seduto su una poltrona al centro della stanza. Era tutto vestito di nero e se ne stava immobile, con le gambe accavallate. Non appena mi vide fece sfoggio del suo sorriso magnetico. Di colpo, le mie preoccupazioni più sinistre svanirono e provai una dolce sensazione di sollievo, nonostante fossi ancora agitata.

«Che piacere vederti, Giada» fece lui con filo di voce.

Credevo che V si trovasse in compagnia di altri ospiti e invece era solo. E per quanto mi riguardava, nonostante avessi voglia di vederlo, avrei voluto evitare di trovarmi da sola in una stanza con lui. Era l'ultima cosa che pensavo potesse accadere durante quella serata ma era proprio quello che stava capitando.

Mi sentivo impacciata e fuori luogo. Ero ferma, immobile, in piedi all'ingresso di quella stanza ed ero sola. Anche il cameriere si era dileguato silenziosamente, senza nemmeno che me ne accorgessi.

Una parte di me avrebbe voluto scapare via. Un'altra, invece, avrebbe voluto essere di nuovo in piscina con gli altri ospiti e Sara a bere champagne ma la parte di me che ancora non conoscevo e che probabilmente non sapevo nemmeno esistesse, voleva essere proprio li.

«Rilassati Giada, ti prego. Non hai nulla da temere» disse ancora con un filo di voce. «Sei stupenda» aggiunse.

Quelle parole diedero modo alla mia parte più timorosa di suggerirmi di voltargli le spalle e scappare via.

Ma era troppo tardi.

Mi sentivo incatenata dal fascino di quell'uomo, dal suo sguardo magnetico e penetrante, e non potei fare a meno di avvicinarmi a lui.

V.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora