ventiquattro

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Il viaggio di ritorno fu più veloce di quello d'andata. All'inizio rimasi imbronciata, senza dire nemmeno una parola. Senza dare nessuna spiegazione a Sara. Presto però, quand'eravamo in volo sul jet di V, iniziai a sciogliermi. Raccontai a Sara del bacio che mi aveva dato. Della stramaledetta sicurezza di quell'uomo. Del suo magnetismo.

Dissi a Sara anche del racconto di V riguardo la cultura degli yrendy e del voto da parte degli invitati alla donna più bella. Facemmo una risata insieme. In fondo, entrambe, pensavamo che V fosse un po' fuori di testa.

«Come tutti quelli che hanno troppi soldi» disse Sara.

«Io credo che sia più di questo».

«Dada, ormai è chiaro che quello ti sta facendo il filo. Usa una tecnica di abbordaggio complessa, che non mi è per niente chiara ma tesoro, io, un uomo come quello, non me lo lascerei scappare. Di che ti preoccupi? Che ti chieda di sposarlo?».

«Sai bene che m'interessa solo la mia famiglia».

«Bè, ma per quello non sarei molto preoccupata. In fondo mi pare che V sia bravo a tenere le sue feste e tutto quello che ci accade, ben nascosto».

«Si ma...»

«Ascolta una stupida, ti prego: non rinunciare a un'avventura con quest'uomo. Credo che potresti pentirti di partecipare almeno tanto quanto potresti pentirti di rinunciare».

«Non è che mi sia molto di conforto...»

«Ma nel primo caso ti ritroveresti repressa, insoddisfatta e arrabbiata, mentre nel secondo dovresti solo di cancellare un'esperienza dalla mente. Per il resto saresti felice. Lo sai cosa penso in fatto di corna?».

«Mmm, che fanno bene al rapporto?».

«Esattamente».

«Si ma ora come faccio? V non vorrà più saperne di me, dopo che sono scappata in quel modo».

«In quel caso pazienza, vorrà dire che avrà scelto il destino. Ma se ti invita di nuovo, non fare la stronza. Anch'io ho conosciuto un ragazzo...Dido...».

«Sei la solita».

«La solita? Mi hai lasciata sola per più di un'ora in balia di due pezzi di fighi che a Como non hanno ancora inventato».

«Allora ti sei divertita?»

«Non mi ha lasciato il numero di telefono e nemmeno me l'ha chiesto, ma mi ha promesso che se fossi tornata alla festa avremmo continuato il discorso che stavamo facendo».

Non ero interessata all'esperienza che aveva fatto Sara. Sarò pure un'egoista ma, in quel momento, non riuscivo a pensare ad altro che a V. Lo vedevo in quella stanza lugubre, mentre si avvicinava e mi baciava ...

«E poi scappando via in quel modo non ho nemmeno partecipato alla presentazione del mio gioiello». Dissi.

«Effettivamente questo non è stato un bel colpo».

«E ora che cosa racconto a Giulio? »

«Semplice: gli dici che la cena era fantastica e che la presentazione del gioiello è andata bene. Peccato che fosse per pochi intimi e non ci fossero i fotografi. Tutto qui».

«E credi che se la beva?»

«Certo. Gli uomini non ragionano. Le poche volte che lo fanno... comunque, se i conti gli tornano, non sospettano più di niente. E poi Giulio lo sa che non gli faresti mai le corna. E poi smettila per favore. Un bacio non sono un paio di corna».

«Lo sai che per me non è così. Dare un bacio a un uomo...» Immaginai il volto di V che si avvicinava al mio. «E' ancora più profondo che farci l'amore».

«Ah sì? Ancora con questo ragionamento? Allora perché la prossima volta non ti fai trombare senza baci? Così almeno sarai meno coinvolta».

«Sei davvero cretina».

In breve atterrammo all'aeroporto di Lugano. Non credevo potessero esistere aeroporti cosi piccoli ma, in fondo, era davvero una sensazione piacevole arrivare a destinazione su un jet privato.

C'era la solita macchina col solito autista. Quello che avevo già visto in occasione del pranzo sul lago con V.

Quando arrivammo a Como erano passate da poco le tre del mattino. Era buio e non c'era in giro nessuno.

A quell'ora l'autista non si limitò a lasciarci in piazza Cavour, ma portò Sara al parcheggio dove aveva lasciato l'auto e dovetti insistere non poco per convincerlo che mi avrebbe portata a casa la mia amica.

Lo ringraziammo e lo guardammo sfrecciare via.

«Non ho idea di come faccia» dissi riferendomi a V e a tutti i mezzi che utilizzava. Per se stesso e per i sui ospiti. Pazzesco.

Sara mi riportò a casa sulla sua auto cigolante.

«Non sono più abituata a certe carrette» disse. «Voglio anch'io l'autista fisso tutti i giorni» e simulò una smorfia.

Rimasi in silenzio, per metà assorta nel pensiero di V e per metà troppo assonnata e stanca anche solo per controbattere a Sara. L'ultima metà era ingabbiata nel rimorso di coscienza e nel timore di incontrare Giulio ma come sai bene, non c'è posto per tre metà.


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