quarantadue

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Scendemmo nuovamente nei sotterranei della villa, continuando a camminare abbracciati. Ero agitata ma non di certo come lo ero stata quello stesso pomeriggio, mentre percorrevo lo stesso corridoio illuminato da torce colleriche.

Entrammo in una sala diversa da quella di qualche ora prima. Era la stanza che avevo già visto la prima volta che ero stata nella villa di V. Era più grande di un bel po', rispetto a quella del pomeriggio. Era disposta più o meno come una sala da teatro. Da una parte una serie di poltroncine, separate da un corridoio centrale. Alcune erano già occupate da persone che però, nella penombra, non riuscivo a riconoscere. Molte erano ancora libere.

Dalla parte opposta c'era un palco rialzato con uno banco di legno (una sorta di scrivania ma più stretta e più alta del normale) posto al centro e cinque sgabelli da bar messi di fianco.

La sala era illuminata da faretti che generavano una luce debole, quasi spenta. Erano disposti lateralmente, lungo tutto il muro perimetrale, ma eravamo comunque immersi in una penombra suggestiva.

V mi accompagnò lungo il corridoio centrale, fino a raggiungere il fondo della sala. Mi sentivo gli occhi dei presenti addosso ma non me importava niente. Anche se non li riconoscevo sapevo che, tra loro, nascoste nella penombra, c'erano anche le coppie che avevo conosciuto a cena. Dopotutto ero insieme al padrone di casa. Non avevo di che preoccuparmi. Se non di lui.

Ci sedemmo vicini, in un angolo appartato nell'ultima fila di poltroncine.

Alcuni ospiti entrarono dopo di noi e si accomodarono sulle poltrone libere. Tutti vociferavano e sghignazzavano.

Nell'aria, l'essenza dei vari profumi delle donne presenti, si mischiava in una fragranza del tutto nuova. Indecifrabile.

Si accesero delle luci che illuminavano solo il palco, lasciando la platea al buio. Nella sala calò il silenzio, seguito da un applauso.

Kasia uscì da dietro il palco. Era vestita diversamente da prima. Ora indossava un paio di short e un gilet di pelle neri. Nient'altro. Era bella e sinuosa, e vestita in quel modo era particolarmente aggressiva.

«Buonasera a tutti». Salutò.

All'interno della sala, in quel momento, ci saranno state al massimo una ventina di persone. Io potevo vedere le loro nuche e loro non potevano vedere me e nemmeno V.

Con la luce profusa dal palco riuscii a distinguere la grossa testa di Ivan, il russo col volto squadrato; accanto a lui non c'era nessuno. Seduta dalla parte opposta a dove si trovava Ivan, riconobbi la cresta di Jasmine. Vicino a lei notai che non c'era traccia del suo compagno nero. Bill. Riconobbi anche Nicolas, seduto in prima fila, probabilmente senza mai staccare gli occhi di dosso alla sua giovane fidanzata sul palco; la mia splendida aguzzina di quel pomeriggio; l'attuale regina di quel gruppo di depravati: kasia.

In un angolo, defilato, in penultima fila, ma dalla parte opposta a dove ci trovavamo io e V, scorsi anche la presenza di Paolo.

Non so per quale motivo ma, a un certo punto, mi parve di riconoscere la sagoma di Cadina nei pressi di Paolo e mi venne un colpo. Ormai mi ero dimenticata di quella piccola stronza saccente ma quando si voltò, guardando nella mia direzione, mi resi conto che non si trattava di Cadina. Era semplicemente una donna che non avevo mai visto.

«C'è anche Cadina tra questa persone?» Chiesi in un filo di voce a V che, però, mi fece cenno con un dito di stare zitta. Quella sua reazione un po' mi mortificò ma devo ammettere che mi resi anche conto di quanto fosse assurda la mia domanda e di conseguenza la mia preoccupazione riguardo Cadina. Lei era solo una collaboratrice di V, come poteva esserci?

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