quarantasette

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Il tempo scivolava via. I ricordi sbiaditi dei giorni passati con V lasciarono che la solita routine prendesse di nuovo il sopravvento sulla mia vita. In fondo, andava benissimo così.

Senza nemmeno accorgermi arrivò dicembre. Fui travolta dai mille impegni che, come ogni anno, anticipano il Natale.

Ormai V era uscito definitivamente dalla mia testa. Non ricevetti niente da parte sua. Nemmeno per gli auguri di Natale. Dopotutto era giusto così. Alla fine nemmeno io mi ero comportata proprio bene nei suoi confronti ma era meglio così. La cosa non mi interessava più. Ero contenta di essermi finalmente lasciata alle spalle tutta quella torbida storia oscura.

Arrivò l'anno nuovo e andai a Courmayeur per una vacanza con Giulio. Mi ritrovai felice di essere di nuovo solo di proprietà di mio marito.

Non avevo più il desiderio di provare il piacere estremo. Di trovarmi in bilico tra lo spazio immenso oltre la linea immaginaria dei miei limiti e il baratro sconosciuto della perversione.

Un giorno di metà febbraio, mentre ero concentrata su un progetto, suonarono alla porta del mio studio. Feci scattare la serratura. Sentii entrare un cliente. Mi alzai. Andai nella zona davanti al negozio e quello che vidi mi diede una sferzata nel cuore: c'era Cadina, con il suo pessimo sorrisetto da stronza.

«Per te» disse, senza mai smettere di sorridere. Mi consegnò un cartoncino e poi uscì dal negozio senza nemmeno salutarmi. Quel suo atteggiamento mi fece di nuovo saltare i nervi. Mi venne voglia di rincorrerla per strapparle i capelli ma desistetti e tornai nel retro. Mi rimisi seduta e aprii il cartoncino chiuso con ceralacca.

All'interno c'era un invito a comparire a casa di V per essere messa all'asta. "Sai che ti farò impazzire di piacere". C'era scritto con una calligrafia elegante. Sorrisi e, tra me e me lo mandai a quel paese. Accartocciai il cartoncino e lo gettai nel cestino della spazzatura. Per me, quello, era un capitolo chiuso e non avevo intenzione di venir meno alla promessa che mi ero fatta.

Quando tornai a casa la sera, prima di addormentarmi, mi ritornarono in mente, prepotenti, le scene di sesso consumato con V e Kasia e le sensazioni intense che avevo provato l'estate precedente. Feci di tutto per scacciarle. Feci di tutto per reprimerle. Per reprimermi.

Ma quell'invito divenne un tarlo inarrestabile che scavava e scavava nella mia mente, facendosi strada nei pensieri più oscuri. Incurante delle mie remore e delle mie paure. Incurante degli sforzi per dimenticare. Incurante della fatica per disintossicarmi dal veleno. Incurante di tutto.

Dopo la visita di Cadina inizia a trascorrere le mie giornate contaminata dal nervosismo. Rimasi disgustata dalla proposta di V. Non avevo nessuna intenzione di mettermi in vendita.

Ma c'era qualcosa che mi attraeva senza pietà.

Giorno dopo giorno incominciai a dare retta a quella parte di me che insisteva nel farmi trovare scuse accettabili, in modo da indurmi a partecipare all'asta.

L'adrenalina di sfilare nuda di fronte a un pubblico; di mettere in vendita il mio corpo.

La curiosità di vedere fino a quali cifre sarebbero arrivati per comprarmi e fare di me quello che volevano. Certe somme di denaro non mi lasciavo proprio indifferente. Forse una parte di me bramava di possedere quei soldi. Mi chiesi quanti ne avrebbero offerti. E a cosa avrei dovuto sottopormi per averli.

Farmi vedere nuda, in atteggiamenti sessuali, di fronte a una platea di persone che mi guardavano eccitate... Sarebbe stato fantastico o terribile?

Erano pensieri che m'intrigavano e, allo stesso tempo, mi disgustavano.

Non me la sentivo di parlarne con Sara, mi vergognavo troppo e forse fu proprio quello lo sbaglio peggiore. Non parlarne con la mia migliore amica per paura di essere giudicata.

In quei quindici giorni arrivai quasi a snobbare mio marito e anche mio figlio. Mi sentivo clandestina in casa mia. Ma quella sensazione di dover fare di nascosto era a suo modo eccitante ed era certamente il contrario della noia.

Lentamente iniziai a capire che ero entrata in un tunnel dal quale non sarebbe stato possibile uscire tornando indietro; potevo solo continuare ad avanzare, camminando su un terreno ignoto e attraente, sperando di trovare l'uscita dalla parte opposta.

Passarono quindici giorni di lotte interiori, soppressione dei sensi di colpa, costruzione di scuse plausibili nel tentativo di indurre la me stessa omologata dalla società a dare spazio alla me stessa disubbidiente.

In fondo, quando finisce la passione col proprio uomo, non è tutto finito. Non può esserlo se quell'uomo è lo stesso che hai scelto come marito e padre dei tuoi figli.

E' deleterio lasciare che si esaurisca il desiderio sessuale e, all'interno di una lunga vita di coppia, è fondamentale trovare una scappatoia. Qualunque essa sia. Una strada alternativa può salvare l'intero matrimonio. Anche se dovesse significare fare un torto persino a Dio, infrangendo una delle Sue regole fondamentali.

Per la famiglia bisogna essere disposte a tutto.

Un giorno, senza che ci fosse un motivo in particolare, qualcosa cambiò, ci fu come uno scatto nella mia testa e una parte di me prese il sopravvento su l'altra.

Quel giorno decisi di partecipare all'asta.



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