Capitolo 50.

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Non appena entrai sotto il getto dell'acqua, una sensazione di calma e piacere mi invase il corpo. Non mi facevo una bella doccia calda da... Be', da quando ne avevo memoria.
Desiderai di poter rimanere sotto l'acqua più a lungo, ma avevo dei tempi da rispettare e la mia ferita sembrava non apprezzare quella doccia.
Se dal soffione il liquido partiva trasparente e limpido, atterrava nel pavimento sudicio e insanguinato.
Dopo essermi lavata per bene, uscii malvolentieri dal bagno e mi asciugai.
Controllai l'orologio che era stato fissato alla parete e mi accorsi di avere pochissimo tempo per me, prima che i medici arrivassero.

Indossai i vestiti puliti e mi legai i capelli in una crocchia. Girovagai per la stanza alla ricerca di qualcosa di interessante da esaminare, ma sembrava essere vuota, quasi spoglia se non ci fossero stati gli arredi.
Mi lasciai cadere sul letto e lo trovai così morbido e confortate, che quasi mi addormentai.
Un'altra volta, il mio pensiero andò a Chuck.
Se solo ci fosse anche lui a condividere con me tutto questo... Pensai perdendo tutto l'entusiasmo che avevo accumulato. 

Sentii dei passi nel corridoio e balzai a sedere sul letto. Mi guardai attorno impacciata, poi mi rilassai.
La serratura scattò ed entrò una specie di infermiera, seguita da due guardie.
"Prego signorina Elena... Può seguirmi in infermeria." mi disse in tono gentile e calmo. "Riesce a camminare autonomamente?"
Annuii confusa e mi alzai in silenzio. E tutta quella gentilezza da dove veniva? Fino a quel momento tutte le persone in quell'edificio mi erano sembrate autoritarie e fredde. Di certo non si sarebbero fatti scrupoli a trattarci come bambini idioti.

Ma per quanto sembrasse assurdo, ebbi l'impressione che almeno quella giovane donna fosse diversa, in qualche modo.
Forse di lei potevo veramente fidarmi.
Percorremmo in silenzio il corridoio, poi lei mi scortò dentro una stanza bianca, illuminata dalle monotone luci accecanti.
"Potete andarvene." disse fredda, rivolta alle guardie. "Se entrate con quei cosi finirete per rompere qualcosa." aggiunse squadrando le loro armi.

Le guardie si lanciarono un'occhiata indecisa, poi ci lasciarono sole.
"Oh, che liberazione..." sussurrò una volta chiusa la porta. "Prego, puoi sederti lì." disse indicandomi un lettino posto al centro della stanza.
Quasi sussultai quando lo vidi, ma cercai di comportarmi come se nulla fosse e mi sedetti.
Quel lettino mi sembrava lo stesso che avevo visto nei miei sogni. Quelle brutte e dolorose sensazioni riaffiorarono dentro di me, facendomi sentire male.
"È tutto okay?" mi chiese cordialmente, armeggiando con dei guanti.

Annuii e cercai di scacciare quel pensiero.
"Togliti la maglia, così posso dare un'occhiata a quelle ferite." ordinò sistemandosi gli occhiali sul naso.
Feci come mi chiese e cercai di mettermi a mio agio, ma mi risultò impossibile.
Perché con Jeff o con Newt non mi vergognavo, ma con una donna sì?
Jeff... Pensai trattenendo il fiato. Sentii una fitta all'addome e quel dolore mi bastò per riportarmi alla realtà.

"Scusami, forse avrei dovuto avvisarti. Credo che sia meglio che tu ti stenda, ti farà un po' male." spiegò inzuppando il cotone con una sostanza verde.
Allungai il corpo sul lettino e attesi in silenzio. Dopo aver applicato diversi cerotti per sutura, mi fece stendere a pancia ingiù e provvide a fare la stessa identica cosa con la ferita alla schiena.
Dopo diversi minuti di agonia, prese delle fasce e iniziò ad aggrovigliarmele attorno al busto.
"Mi dispiace per quello che ti hanno fatto." mi disse poi, di punto in bianco.
"Come, scusa?"

"Ho visto le cicatrici. Mi dispiace che ti abbiano fatto tutto questo." confessò continuando a lavorare. "Ti credevo..." si bloccò, scuotendo la testa e riprendendosi. "Pensavo che ormai i Soggetti C fossero morti."
Spalancai gli occhi: "Soggetti C? Perché dovremmo essere morti?"
"Non avrei dovuto dirlo. Dimenticalo." mormorò arrossendo e assumendo un tono agitato.
"Come fai a sapere tutte queste cose? Chi siete voi veramente?" insistetti. 
Lei si guardò intorno, poi mi si avvicinò e iniziò a parlare a bassa voce: "Siamo la W.I.C.K.E.D."
Corrugai le sopracciglia quando l'immagine degli scienziati che venivano uccisi con le armi da fuoco mi tornarono in mente. La W.I.C.K.E.D aveva spedito altri agenti della W.I.C.K.E.D. a uccidere i suoi stessi scienziati? Perché? 

The Maze Runner - RememberDove le storie prendono vita. Scoprilo ora