CapitoloQuarantaquattro- Seventeen Birthday

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HARRY'S POV

-Santoddio Harry, è tardi devo andare!- geme ridendo mentre la mia grande mano si chiude intorno al suo polso e lo trascino per il corridoio del piano, è completamente desertico.

-Ma sta zitto, devo darti il mio regalo- rispondo spingendolo nell'ascensore e premendo sull'ultimo piano, quello di servizio dove non potremmo andare. Mi guarda divertito chiedendo spiegazioni, ma mi limito a scuotere la testa dicendogli di aspettare. Arriviamo esattamente sul tetto e lo vedo rabbrividire nella giacca di jeans leggero, mette paura il fatto che non ci siano recinzioni intorno al cornicione del palazzo, solo il vuoto, Londra, un paio di occhi azzurri che brillano e due mani che si incontrano.

Nonostante sia imbarazzato da quel contatto non ritiro le dita, al contrario lo stringo con più forza per accertarmi che sia vero. Vado a sedermi esattamente al limite del cornicioni, con le gambe a volteggiare nei cinquanta metri che mi dividono dalla strada sottostante.

-Tu sei pazzo- dice spaventato cercando di spostarlmi verso l'interno, ma non faccio altro che ridere e battere la mano al mio fianco per incitarlo a sedere accanto a me. Alla fine, titubante, lo fa, imponendosi di non guardare giù, ne di pensare a quanto tempo ci metterebbe il suo corpo a schiantarsi contro l'asfalto. -Sai, sarebbe davvero molto triste morire il giorno del proprio compleanno, quindi...-

-Non è ancora il tuo compleanno, mancano otto due secondi- dico fissandomi l'orologio.- Esattamente, tre, due, uno...BUON COMPLEANNO LEXI-

-Sei ubriaco? No perché puzzi- dice avvicinandomi per sentire il mio odore. Aggancio la mano sulle sue spalle e lo stringo a me facendogli agitare le gambe nel vuoto. Sono felice di essere, non dico ubriaco, ma brillo. Non avrei avuto il coraggio di farlo da completamente sobrio, assolutamente no, anche perché avevo preso l'abitudine ad allontanarmi la Louis immediatamente ogni volta che mi si avvicinava, i ricordi di tutto quello che avevo passato per lui mi schiaffeggiavano ogni volta che incontravo il suo sorriso strafottente e i suoi occhi spenti.

-Non sono ubriaco, sei tu che sei troppo sobrio. Ora se mi concedi l'onore di chiudere quella maledetta boccaccia vorrei darti il mio regalo- apre la bocca per replicare ma si limita a mordersi il labbro inferiore come se volesse aggiungere qualcosa, ma non lo fa. Come sempre, si tiene tutto dentro, e mi fa una rabbia assurda, ma la reprimo e infilo la mano, palesemente tremante, nel taschino interiore della mia giacca elegante, completamente diversa rispetto alla sua molto più sportiva. Con i polpastrelli incontro la carta doppia, improvvisamente sembra pesare tantissimo tanto che piego il petto in avanti. La tiro fuori, la mia idea non sembra più geniale e mi sento un cretino totale per averlo portato qui sopra, al freddo, con una stupida letta vuota tra le mani che potrebbe cambiare tutto come peggiorare le cose.

Per un'attimo ho l'impulso di gettarla via e aspettare che sia il vento a leggerla per me, mentre Louis dorme, dolci sussurri nei suoi sogni.

Sospiro frustrato e gliela porgo con gli occhi chiusi. -Attento che cade- lo avverto con la testa bassa e i capelli che mi copro il viso, sbircio ogni tanto la sua espressione, non ho idea di che reazione possa avere, spero solamente che non si chiuda a riccio di nuovo contro di me, non lo sopporterei, non dopo gli ultimi giorni che abbiamo passato insieme nella mia camera dell'hotel. Non ci siamo sfiorati nemmeno una volta, ma il fatto che fosse lì mi ha ripagato di tutto.

Le sue piccole dita scartano la busta incollata e affonda la mano nella busta indugiando con il contenuto. Poi la tira fuori, un'insignificante fotografia fatta quasi al buio completo, cinque anni fa. Resta a fissarla corrucciato per minuti interi, l'istinto di buttarmi già è fortissimo, non se ne ricorda. Dio che grande testa di cazzo che sono, come potrebbe ricordarselo, per lui non era importante, santoddio ho rovinato tutto un'altra volta. Stringo gli occhi e getto la testa all'indietro, fissando le stelle. Poi silenziosamente, mi stendo con la schiena sul cemento freddo per avere una visuale più ampia. Lui fa lo stesso, continuando a fissare la fotografia, trovo il coraggio di guardarlo e vedo il suo pomo d'Adamo fare su e giù e le sue palpebre sbattere frenetiche. La poggia sul suo petto e chiude gli occhi, vedo qualcosa di luminoso attraversargli la guancia.

I Found Love in your Laugh [N.H] #Wattys2016Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora