CapitoloQuarantasette- Lunch

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Restiamo fino al sorgere del sole stesi sul letto, le gambe incrociate tra di loro e io a giocare con le sue dita. Sapere che il mio regalo gli è piaciuto così tanto fa mi tirare un sospiro di sollievo, per un momento mi sono sentita una cretina.

Mi racconta tutte le piccole cose della sua infanzia, le stesse alle quali magari qualcuno non farebbe troppo caso, ma il fatto che le stia raccontando a me mi fa sentire speciale. Lui fissa il soffitto il il suo viso, la linea della mascella che si muove lievemente ad ogni parola. Ho la tentazione di sfiorargliela, ma non vorrei sembrare inopportuna, gli altri hanno smesso di guardarci maliziosi quando ci vedono abbracciati o mano per mano, perché l'amicizia che c'è tra me e Niall è così genuina che sembriamo più fratello e sorella che migliori amici, è una cosa che nonostante mi renda immensamente felice, ha un che di amaro.

Cedo finalmente alla tentazione e tocco leggermente la lieve peluria sotto il mento ridacchiando tra me e me. Mi guarda di traverso incuriosito e gli faccio girare di nuovo la testa usando il palmo. Mi morde l'indice giocosamente e gli do le spalle offesa.

Mi circonda da dietro infilando il naso nel mio collo tirandomi quanto più possibile vicino a se per non annullare il contatto. Adoro stare così vicina a lui, non è che mi sento protetta. Completa, ecco come, come se avessi trovato il pezzo del puzle che mi mancava da quando sono arrivata a Londra.

-Non mi hai mai parlato dei tuoi genitori- dice strofinando la punta del naso sul mio collo come se fossi una bambina. Quel piccolo gesto impedisce di farmi irrigidire alle sue parole.

-Sono in America, io mi sono trasferita da qualche anno- ferma il movimento, anche senza guardarlo in viso so che è corrucciato.

-In effetti non hai il tipico accento Inglese- dice. Tenta di farmi girare per guardarlo negli occhi, ma se vuole continuare con questo discorso non devo pensare a nulla, e lui è una gran bella distrazione.

-Siamo partiti perché- dico rispondendo alla sua precedente domanda silenziosa, so che non me lo ha chiesto per cortesia. -diciamo solo che casa nostra incominciava ad essere un po...troppo stretta per noi. Intendo Amnesia e Megan-

-Ci hai parlato?-

-No- sussurro ingoiando il magone che mi soffoca. Serro gli occhi e mi concentro sulle sue dita leggere sulla mia pancia e non alle immagini che infuriano nella mia testa.

-Non voglio chiederti il perché della litigata, so che è un fatto personale, ma...quando ti ho portato il suo zaino, sai, il telefono che squillava. Hai capito cosa volesse dire il tipo a telefono?- chiede. Sospiro e scuoto la testa, l'enigma di Amnesia si fa sempre più confuso e lontano.

-Non voglio pensare quello che sto pensando, ma credo che sia collegato...-

-Con la droga- finisco al posto suo serrando la mascella -ci ho pensato anche io, ma non ne sono sicura. Aveva iniziato a fumare nell'ultimo periodo, ma non credo possa andare oltre la marijuana. Non sarebbe assolutamente da lei, eppure l'erba non è una cosa con cui si fanno debiti. Spero-

Resto in silenzio con la speranza di calmarmi, ho para di scoppiare a piangere da un momento all'altro. Lei ha detto a Megs che sta bene...ma fino a quando lo sarà? La troveranno? L'hanno già trovata? Che succede poi?

-Potremmo denunciare la sua scomparsa- propone cercando di tranquillizzarmi, ma mi mette solo più ansia perché lo fa sembrare più reale di quando lo sia nella mia testa.

-Ho paura di averla già persa- bisbiglio, come se dire quelle cose ad alta voce le rendesse veritiere -Arabella mi odierebbe se sapesse tutto quello che sta succedendo-

I Found Love in your Laugh [N.H] #Wattys2016Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora