XV Dylan: UNA STRANA MALATTIA

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Canada, 27 giugno 2010

La mattina procede noiosa.

Il fisioterapista di turno mi chiede più volte di aiutarlo nello spostamento dei malati.
Lo faccio senza enfasi. Lo faccio perchè lo devo fare.

"Ehi! morettino! Puoi passarmi quel bastone?" mi chiama una delle pazienti dalla parte opposta della palestra.

Fingo di non sentire. La sola idea di percorrere la stanza fino all'altro lato mi nausea.

" Sto dicendo a te, morettino, sei sordo per caso?"

Sbuffo e mi avvicino alla donna che sta parlando, " Non sono morettino e neppure sordo e, soprattutto, non mi piacciono i nomignoli!" le ringhio contro.

La tipa gonfia le guance, facendole diventare ancora più grosse di quanto non lo siano già.

Anastasia mi lancia una brutta occhiata.
E' a distanza da noi e non può sentire cosa diciamo, ma di sicuro è abbastanza evidente che nè io, nè la signora che ho di fronte abbiamo la faccia di due vecchi amici che non si vedono da molto tempo.

"Chi ti ha mandato?" continua la donna, " il diavolo in carne e ossa?"

Prendo il suo bastone e glielo porgo, ignorando le sue parole e rassicurando Anastasia con uno sguardo fasullo.

"Sia lodato il Signore!" La tizia punta a terra l'arnese e fa forza sulle ginocchia per alzarsi.

Infilo le mani nelle tasche e la guardo.

Lei stringe i denti e dopo un paio di tentativi andati a vuoto, riesce finalmente a mettersi in piedi. Le mani le tremano, facendo vibrare anche il suo appoggio.

Mi focalizzo a osservarle.
Sono tozze, tirate ed emettono vibrazioni leggere.

" Parkinson"dice.

Sposto la mia attenzione dalle sue dita alla sua faccia piena.

" Vuoi sapere il perchè mi tremano le mani, non è così?" Gli occhi della signora sono puntati contro i miei, quasi a incenerirli. " Ho una malattia neuro degenerativa a evoluzione lenta e progressiva. I miei neuroni muoiono giorno dopo giorno, lentamente. Non cammino più come una volta e sto cominciando anche a perdere l'equilibrio. Sono passati cinque anni dalla diagnosi, cinque anni nei quali sono nata e morta credo almeno un centinaio di volte!"

Continuo a fissare la sconosciuta, senza alcuna reazione.

" Non dici niente, morettino?"

"Dylan" biascico, " non morettino, Dylan!"

" Molly " mi allunga la mano.

Osservo il suo braccio teso.

" Cos'è? Hai paura che ti contagi?" ride.
È' evidente che mi sta prendendo in giro. "Il Parkinson non è varicella, stai tranquillo!"

Titubante ricambio la stretta.
La sua pelle è fredda e il tremore involontario fa oscillare anche la mia mano.
La ritraggo, infilandola di nuovo in tasca.

La donna sospira, " Non sei di queste parti, non è vero?"

"Stati Uniti" annuisco, " New York"

Lei fischia così forte da far sobbalzare molti presenti nella palestra, compresa Anastasia, che continua a studiarmi senza abbassare ciglio.

" Non ci sono mai stata ma, accidenti, mi piacerebbe andarci un giorno!" esclama, " Ah!Credo proprio che non sarà possibile, devo farmi accompagnare pure al cesso, figurati nella Grande Mela!" ride di gusto.

Camuffo un sorriso. Non sono molto capace nello stare allo scherzo.

La donna guarda oltre le mie spalle.
I suoi occhi brillano.

Mi volto. Un uomo sulla sessantina procede verso di noi.

" Mio marito" dice Molly," è venuto a prendermi. Arrivederci morettino!"

Guardo la coppia uscire dalla palestra.

L'uomo tiene la moglie a braccetto, sostenendola, quasi fosse un vaso di cristallo, delicato e prezioso. Molly guarda avanti e sorride al marito.

Il Parkinson. Che razza di strana malattia!

L'AMORE NON ESISTEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora