XLI Dylan: LA MALATTIA DEI NON PUOI

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Canada, 4 luglio 2010

Quando termino il mio lavoro in palestra, passo nello studio del dottor Cox a lasciare la firma di uscita. L'uomo mi trattiene qualche minuto per invitarmi a pranzo il giorno seguente.

"Lydia ci tiene molto. Sai, è una domenica speciale, è il nostro anniversario di matrimonio. Venti anni di vero amore!"

Non solo l'idea di trascorrere un'intera giornata davanti a una tavola imbandita, con camerieri che portano ogni tipo di pietanze, falsi sorrisi, falsi giuramenti, ma anche il fatto che ovviamente Steve sarà presente e dovrò sopportarlo, mi fa venire il voltastomaco.

"Ci penserò su, signore!" annuisco.

Il sorriso dalle labbra dell'uomo scompare, "Quando imparerai a chiamarmi Bill?" soffia fuori, "Comunque, non ti chiedo un grande sforzo. Partecipare a un pranzo in famiglia non è poi così male! Inoltre la tua presenza farebbe molto felice mia moglie. Senza contare che potresti conoscere meglio Steve, infondo siete quasi coetanei!"

Inutile fargli presente che io odio i pranzi in famiglia, che della felicità di sua moglie non mi importa un fico secco e che io e il suo amato figlio ci siamo già conosciuti e abbiamo appurato che, oltre all'età, non abbiamo assolutamente niente in comune.
Anzi a dire il vero neanche gli anni.
Io sono un anno più grande!

"Okay" riesco soltanto a dire.

"Mi raccomando, ci conto!"

Il dottor Cox torna a sbrigare le sue scartoffie con un vago sorriso sulle labbra.

Fuggo via prima possibile, prima che possa bloccarmi con qualche altra strana idea.
Attraverso la sala di attesa e scorgo Iris uscire dalla stanza della terapia.
Mi sbrigo e la aspetto appena fuori dalla porta principale.

"Ciao"dico.

"Ciao" sorride sorpresa.

"Ti va di venire a pranzo con me?" le chiedo a bruciapelo.

I suoi occhi emettono una leggera scintilla. Della tristezza di questa notte sembra essere rimasto soltanto un alone leggero. In lei è tornata la sicurezza. La determinazione.

"Non so..."

"E dai, devo farmi perdonare..."

"Cosa devi farti perdonare questa volta?"mi guarda storto.

"Essermene andato via all'alba e averti lasciata dormire in giardino?" ipotizzo.

Iris scuote la testa, divertita. Poi torna seria.
I suoi occhi entrano in contatto con i miei.

"E' stato il risveglio più bello della mia vita" dice.

Le sue parole mi lasciano senza fiato.
Sono più forti del pugno sullo stomaco ricevuto da Steve qualche giorno fa.

"D'accordo" alzo le spalle,"allora se non vuoi pranzare con me, mi limiterò ad accompagnarti a casa!"

Iris si incammina e io le vado dietro.
Ci muoviamo in silenzio per le vie del paese.
Oggi è una bella giornata.
Il cielo è completamente sereno.
Per fortuna ho lasciato la giacca nell'armadietto, sia quella che avevo messo questa mattina, sia quella che Iris mi ha riportato. Avere adesso una delle due, sarebbe solo un impiccio.

Mi arrotolo le maniche della camicia. Il sole sulla pelle è davvero una piacevole sensazione.

Quando arriviamo al grande cancello di casa Sanders, Iris si sofferma. "Perché stai facendo tutto questo per me?" chiede, "perché mi accompagni a casa? Perchè passi la notte ad ascoltarmi?"

L'AMORE NON ESISTEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora