IN PRIMA FILA

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New York 20 dicembre 2021

New York a dicembre è sempre molto fredda. Amo questo clima, è lo stesso che per anni ha regnato nel mio cuore. Il gelo, riscaldato da qualche luce qua e là, da finti alberi addobbati per le feste di Natale. Questa sera però l'aria è più mite, addolcita da soffici fiocchi di neve che cadono da qualche ora sulla città, imbiancando le sue strade trafficate e i tetti dei suoi grattaceli. Il tappeto rosso che porta all'entrata è coperto da un candido manto bianco. Mi riparo sotto l'ombrello che Elisabeth tiene, in maniera alquanto instabile, sopra le nostre teste, occupata com'è a elargire saluti a quello e a quell'altro. Non l'ho mai vista così felice come questa sera, almeno non nell'arco di questo intenso anno di lavoro.

Una limousine parcheggia di fronte a noi, un paio di signori aiutano a scendere la donna sulla sedia a rotelle seduta sul retro. Le mie labbra si increspano nel sorriso più vero e genuino che esista. Vado incontro alla nuova arrivata a braccia aperte, quasi urlando il suo nome.

"Signora Molly!"

La donna solleva una mano e poi la lascia ricadere sulle cosce. Il suo volto è nascosto da una sciarpa alta fin sopra il naso e da un cappello di lana color panna. I suoi occhi si stringono sorridenti e luccicano nell'oscurità della sera.

"Non avrei mai pensato di vederla qui, alla prima del mio film. E' il regalo più bello che potesse farmi, le ho riservato la fila migliore!" mi abbasso alla sua altezza.

Il flash di un fotografo immortala il nostro abbraccio. La bocca della donna si muove lentamente, quasi a scatti, insieme alla sua testa che sembra non riuscire a starsene ferma un istante.

"Dylan, h-h-hai visto?" balbetta francamente, "prima di m-m-morire sono venuta nella Gr-gr-gr-ande M-m-mela"

La guardo soddisfatto e mi spingo ad abbracciarla di nuovo. I ricordi si fanno vivi e reali. Il centro di cura e le sue pareti azzurre. La palestra, le ampie vetrate e le sedie disposte in ordine. L'odore di disinfettante si mescola a quello di smog di questa città. Mi allontano, lasciando che un tipo distinto e ben vestito si impossessi della guida della carrozzina. Mi ci vuole qualche minuto per riconoscere che si tratta del marito.

"La porto dentro, ho paura che possa prendere freddo" dice l'uomo.

Annuisco, tornando in piedi. Con lo sguardo seguo la sedia a rotelle spostarsi con difficoltà sul tappeto innevato. Sento il mio cuore riempirsi, di gioia e di calore. Tutto quello che mi è mancato, tutto quello che ho perso e ho avuto difficoltà a ritrovare.

Quando riporto l'attenzione sulla strada, vedo arrivare un'altra vettura a me molto familiare. Mio padre e mia madre scendono dall'auto, riparandosi sotto a un ombrello scuro. Attraversano il tappeto che li porta a me, tenendosi mano nella mano. Non posso non staccare gli occhi dalla loro unione, così salda e rincuorante. E' un vero e proprio appiglio per me. Lo è stato dopo la morte di Iris. Lo è stato da quando ho capito il loro modo di volermi bene, il loro modo di dimostrarmelo.

"Sono fiero di te, figliolo"

La stretta di mano di mio padre mi fa toccare il cielo con un dito. Mia madre, avvolta in un folto collo di volpe, si fa condurre all'interno del cinema.

"Stanno arrivando proprio tutti!" esclama Elisabeth, indicandomi il taxi che si è appena fermato tra la folla di curiosi.

Sposto l'attenzione dai miei alla strada e lo vedo. Proprio lui, inconfondibile.
Con le sue spalle appena curve e il suo fisico tanto magro e stento.

Trattengo il fiato, senza spostare lo sguardo dalla figura scarna di Steve che avanza lentamente, a braccetto con sua moglie.
I due mi raggiungono, sorridenti.

L'AMORE NON ESISTEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora