LXVII Dylan: DANNY & EVELIN

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Canada, 21 luglio 2010

Bacio Iris come Rafe lo fa con la dolce Evelin da poco conosciuta. Bacio Iris a occhi socchiusi e con il naso che pulsa tremendamente.

La botta non è stata per niente una passeggiata, spero solo di non essermi rotto il setto nasale!

Le labbra di Iris sono umide e hanno quel piacevole sapore di mare. Starei qui, con la mia testa sulle sue ginocchia e la mia bocca contro la sua bocca per ore e ore, senza annoiarmi mai.

I nostri respiri si intrecciano e anche le nostre lingue lo fanno, dolcemente, quasi in punta di piedi, come se entrambi avessimo troppa paura. Paura di recitare o paura di pensare che tutto questo, forse, una recita non lo sia affatto.

Iris posa la mano sul mio petto.
Il calore del suo palmo contro la mia camicia è un brivido che mi porta in alto, quasi a toccare il cielo. Lentamente le sue dita scorrono, arrivano al mio collo e alla mia guancia. Accompagnano il nostro bacio e lo fanno con una tenerezza assurda.

Mi sento in balia di mille sensazioni.
Per un attimo sono Rafe, l'attimo dopo Dylan e quello dopo ancora un perfetto sconosciuto. Non conosco più la mia identità.
Baciare Iris è deleterio. Ogni volta mi fa dimenticare tutto. Quel tutto che nemmeno io so spiegare.

Poi basta un istante. Basta che Iris si blocchi, la sua mano si allontani dal mio viso e le sue labbra dalle mie, per tornare a piè pari alla realtà.

Guardo il volto della ragazza su di me e sussurro con un filo di voce: "Perché ti sei fermata?"

Iris sorride. Sembra una bambina.

Cerco di allungare di nuovo le labbra alla ricerca delle sue, ma lei me lo impedisce.

"Il sangue" dice, "sta scendendo di nuovo" indica con un dito il mio naso.

Mi sollevo e cerco la bottiglia di Champagne.
E' scolato tutto a terra, ma il vetro è ancora freddo. Lo posiziono contro il naso e aspetto che l'emorragia si fermi.

Iris attende con me. E' silenziosa.
Ha ancora il cappellino in testa da infermiera e devo dire che le dona parecchio. Mantiene le mani sotto alle cosce e dondola i piedi avanti e indietro. La gonna a pieghe ondeggia insieme ai suoi movimenti.

Quando finalmente il sangue non sgorga più, Iris mi dice: "Credo che sia ora di tornare a casa"

Ripercorriamo il sentiero fatto all'andata.
Procediamo mano nella mano, parlando delle cose più banali e assurde che ci vengono in mente.

Quando arriviamo alla tenuta dei Sanders, il mio stomaco si stringe. Staccarmi da Iris e dalla sua mano mi sembra quasi una violenza.

"Allora, ciao..." dice lei, aprendo le inferriate del grande cancello.

"Ciao" biascico.

Iris sorride, mostrandomi la parte più bella del suo profilo. Si incammina nel viale e attraversa il giardino.

L'odore dei fiori di magnolia arriva a me sospinto da un sottile alito di vento.
Non posso lasciar andare Iris così. Non oggi.
So che il signor Sanders ci ha chiesto di non allontanarci troppo, so che potrebbe essere pericoloso, ma mi sento quasi in difetto se non porto a termine il programma che avevo in mente. Un programma decisamente sulle righe, ma che ho una voglia assurda di sperimentare.

I capelli di Iris si muovono leggeri, insieme ai suoi passi.

Prima che entri in casa la richiamo: "Ehi! Aspetta!"

Lei si volta.
I suoi occhi incontrano i miei.
Per un istante ho come la sensazione di sentirmi sott'acqua, nel profondo degli abissi, a metri e metri dalla superficie. In apnea totale.

L'AMORE NON ESISTEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora