Canada,27 giugno 2010
Steve è seduto su un enorme masso da almeno due ore. Le sue spalle sono curve, le mani ben strette alla canna da pesca.
Lo guardo. Non posso fare a meno di farlo.
Scrivo sul mio diario e lancio un occhio al lago.
Scrivo ancora e annuso la natura.
Sa di muschio e di fiori.
Scrivo tutto. Il viaggio, la bugia di Steve a suo padre e la magia di questo posto incantevole.
Il sole mi riscalda la pelle, facendomi venire quasi voglia di essere felice.
Tolgo le scarpe e arrotolo i jeans fino al ginocchio. Abbandono il mio quaderno e mi avvicino alla riva.
Tocco l'acqua con la punta dell'alluce.
E' decisamente fredda!
Faccio un paio di passi avanti, fino a quando entrambe le caviglie sono completamente immerse.
Muovo i piedi, provocando schizzi ovunque.
" Ehi ragazza! Mi farai allontanare tutti i pesci così!" grida Steve, facendomi segno con una mano di tornare al mio posto sulla coperta.
" Non dare colpa a me per qualcosa di cui non sei capace!" rido.
Steve gonfia le guance in modo buffo e la cosa mi fa ridere ancora più forte.
Mi piego sulla pancia divertita.
Il mio cuore pompa forte, forse più di quanto dovrebbe.
Sento le tempie pulsare e lo stomaco capovolgersi su sè stesso.
Il solito alone grigio offusca il mio spazio, minacciandolo.
Smetto di comportarmi come una bambina che schiamazza nell'acqua.
Una strana morsa mi attanaglia la gola.
La solita tosse e la solita fame d'aria.
Questa volta però è diverso.
E' come se i miei polmoni non rispondessero agli impulsi del cervello.
Più mi ripeto che voglio respirare, più non ci riesco.
" Iris, che succede?"
Sento la voce di Steve lontana da me.
Con la coda dell'occhio lo vedo lanciare via la sua canna e saltare giù dal grande sasso.
Il cappello che porta gli vola via, finendo nel lago. In meno di un secondo è al mio fianco.
I suoi occhi sono spalancati contro ai miei.
" Iris, rispondimi per favore, cosa ti senti?"
" Non..." apro e chiudo la bocca, " non riesco a..."
" Respirare?" Steve è agitato, molto agitato, " non riesci a respirare? Giusto?"
Mi limito ad annuire.
Un altro paio di colpi di tosse, e poi altri due ancora e ancora.
Steve cerca di rimanere lucido. Si tira sù le maniche e mi prende in braccio.
Nel farlo si bagna la camicia e anche parte dei capelli, però riesce a sollevarmi e riportarmi sulla coperta.
Pian piano gli spasmi si placano.
La tosse finisce e i battiti del cuore tornano alla normalità.
" Sto meglio..." boccheggio.
Il mio amico mi passa una mano sulla guancia con dolcezza, " Dobbiamo tornare indietro" dice, " ti riporto a casa"
" Sto meglio..." ripeto, " non ce n'è bisogno..."
Il mio torace si alza e si abbassa, smascherandomi. Non è vero che sto meglio.
Il grigio mi circonda ancora e Steve come me può vederlo a pieno.
" Hai le labbra di uno strano colore" nota, " e anche la pelle..."
Provo a rassicurarlo, ma lui non sente storie. Mi solleva di nuovo in braccio, lasciandomi giusto il tempo di prendere il mio diario.
In meno di cinque minuti risale la collina, caricandomi in auto.
Non protesto.
Non cerco di sfuggirli.
So che ha ragione.
So che tornare a Banff è la cosa più saggia da fare.
***
Steve guida a velocità sostenuta.
Non si preoccupa dei limiti, ne' che possa sbucare, in mezzo alla strada, un animale da un momeno all'altro.
Il suo sguardo è fisso in avanti, deciso.
Le nostre mascherine giacciono inermi sul cruscotto. Dopo l'episodio successo al lago ce ne siamo disfatti, dimenticandocene completamente.
Le strade che prima sembravano libertà, adesso sono soltanto una misera prigione.
Ci lasciamo alle spalle Jasper, il suo parco, il suo lago. Ci lasciamo alle spalle la tanto agognata giornata di fuga e torniamo alla routine di sempre.
Una routine fatta di pensieri che frullano in testa, medicine e occhi preoccupati che ci guardano costantemente.
Occhi che hanno iridi verdi come quelle del signor Cox, o tratti buoni come quelli di mio padre. Occhi che hanno l'ingenuità della mia sorellastra Rose, ancora troppo piccola per capire. Occhi dolci come quelli di Eva, presente come una madre per me.
" Iris mi dispiace" dice Steve, " non avrei dovuto convincerti a saltare la terapia e neanche ad allontanarci così tanto."
" Non sei stato tu" affanno. Schiaccio la testa contro il sedile e chiudo gli occhi.
Steve pigia più forte sull'acceleratore.
" Sono abbastanza grande da assumere le mie responsabilità e poi l'idea di Jasper è stata mia! " preciso, " avrei tanto desiderato che questa giornata fosse speciale o anche solo normale..."
" Per noi niente potrà mai essere normale" mi ricorda il mio amico.
Deglutisco, chiudendo ancora più la gola.
Le lacrime mi pungono gli occhi.
Sono tante e hanno una forza strepitosa, ma riesco a tenerle a freno.
Più mi sforzo di non credere a Steve, di non dargli ragione riguardo alla nostra condizione, più la vita mi dà motivi per farlo.
" Siamo quasi arrivati" mi informa.
Schiudo gli occhi.
Il cartello con la scritta Banff è una rassicurazione.
Steve guida fino al centro di cura.
Entra con l'auto nell'area riservata agli utenti e parcheggia esattamente di fronte all'ingresso. Fa scendere il finestrino e richiama l'attenzione di un paio di soccorritori appostati davanti.
I due tipi si avvicinano, non appena si accorgono della mia presenza, si mettono subito in moto per aiutarmi a scendere.
Alla visione dei soccorsi, il mio corpo si rilassa.
Le energie impiegate per cercare di respirare al meglio, l'adrenalina in circolo e la tenacia mi abbandonano.
La voce di Steve che chiama il mio nome e quella dei barellieri, che mi tirano fuori dalla macchina, sono le ultime cose che sento prima di perdere del tutto i sensi.
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L'AMORE NON ESISTE
Chick-Lit[COMPLETA] IN TUTTE LE LIBRERIE. VINCITORE di Concorsiamo 2k17 terza classificata sezione romantici. Dylan Prince e Iris Sanders sono due poli opposti, ma paralleli. Lui è uno studente della NYU, che vive per un unico sogno: quello di sfondare co...
