LXXXVIII Iris: OPERA D'AMORE

8.6K 743 110
                                        

Canada, 26 luglio 2010

"Iris, stai bene?" Dylan mi osserva, visibilmente preoccupato.

I vestiti che ho addosso sono bagnati e mi procurano un freddo agghiacciante. Un freddo che sento arrivare fino alle ossa.
Un tremore eccessivo si impossessa del mio corpo. Mi tremano le braccia, le gambe e anche i denti.

"Hai le labbra di uno strano colore..." Le dita di Dylan mi sfiorano la bocca.

"Forse dovremo asciugarci" La mia voce è instabile e anche il mio respiro. Impiego una notevole quantità di energia per espandere al meglio i polmoni e far entrare aria e ossigeno.

"Iris, tu non respiri bene..." Dylan mi studia pensieroso. I suoi occhi sono preoccupati proprio come il suo timbro di voce.

"Vieni di sopra. Prendiamo delle spugne" dico, mascherando il crescente affanno.

Dylan mi segue sulle scale e poi nella mia stanza. Cerco tra i cassetti alcuni asciugamani per entrambi. Quando chiudo l'armadio ho come un piccolo capogiro e devo mettermi seduta sul letto per riprendermi.

"Iris, che succede? Cos'hai?" Dylan mi tira indietro i capelli umidi dalla faccia. "Sei così pallida...hai la pelle ghiacciata..."

"Dylan" sussurro, "dovremo asciugarci, dovremo...fa così freddo..."

Prima che il mio corpo si accasci debolmente, le braccia di Dylan mi sollevano per la seconda volta questa sera. Sento il calore del suo corpo al di sotto dei suoi abiti freddi e il suo respiro terribilmente ansioso contro la mia testa.

"Dobbiamo togliere questi vestiti bagnati!" dice lui sempre più preoccupato.

Le sue braccia mi adagiano dentro alla vasca da bagno e senza aspettare che io abbia la forza per sfilarmi i vestiti, si occupano loro di farlo.

Sollevo le braccia per aiutare Dylan a togliermi la maglia e poi alzo il bacino perché lui possa tirare via anche i pantaloni divenuti fin troppo pesanti.

"Starai meglio. Ti prometto che starai meglio"

Dylan apre il rubinetto e l'acqua calda pian piano riempie la vasca da bagno, raggiungendo dapprima le mie gambe e poi anche il mio busto e le mie braccia. Il vapore che si sprigiona mi aiuta a riprendere di nuovo la sensibilità perduta. Dylan prende il canapo e me lo posiziona sulla testa. Il getto caldo è una piacevole sensazione tra i capelli e sulla faccia. Le mie labbra smettono di tremare.

Quando tutto il mio corpo si trova immerso nel liquido caldo, finalmente mi sento in pace.

"Grazie, Dylan" sussurro.

Lui mi sorride, mentre le sue mani non smettono un istante di accarezzarmi i capelli. "Non avrei dovuto portarti sotto la pioggia, è tutta colpa mia..." dice.

I miei occhi cercano i suoi, circondati e immersi dal vapore caldo che ormai si è diffuso in tutto il bagno.

"Non è colpa tua" lo rimprovero, "sono stata io a insistere perché uscissimo dalla macchina. Tu non c'entri. Non è successo niente e adesso sto già meglio. Non ho più freddo, non tremo più..."

Dylan chiude gli occhi e avvicina la sua fronte alla mia. Il contatto mi fa stringere il cuore.

"Eri così pallida e avevi le labbra quasi azzurre..." sussurra. "Io...io mi sono preso un grande spavento"

"Va tutto bene" mi spingo contro di lui.

Dylan si lascia avvolgere dalle mie braccia. Restiamo stretti l'uno all'altra per molto tempo. Io dentro la vasca e lui fuori.

Poi, quando l'acqua è ormai tiepida, Dylan mi aiuta a uscire e mi avvolge dentro una grande spugna. Slaccio il reggiseno e lo sfilo via insieme agli slip. Lascio che cadano a terra, ai miei piedi.

Il respiro di Dylan aumenta di intensità mentre compio questa operazione. Intanto le sue mani mi strofinano le braccia, le gambe e pure i capelli. Mi sento piccola e fragile, ma anche enormemente protetta. Con Dylan sono al sicuro.

"Dove tieni il phon?"

Gli indico uno dei cassetti della toilette e lui si stacca da me per cercarlo. Mentre mi asciuga i capelli i suoi occhi mi fissano allo specchio. Sembrano più scuri del solito. Alcuni ricci gli ricadono sulla fronte e lui non fa niente per spostarli.

"Tu sai amare, Dylan. Questa è un'opera d'amore" dico, sostenendo il suo sguardo.

Lui però non mi risponde e il rumore dell'asciugacapelli è l'unico suono presente nella stanza.

Quando torniamo nella mia camera, ho i capelli asciutti e non provo più così tanto freddo.

"Dovrei rivestirmi..." dico, cercando qualcosa di pulito da mettere.

Dylan si volta tacitamente dall'altra parte e aspetta che indossi la biancheria e il pigiama.

Fuori la tempesta non sembra volersi fermare. Il vento fischia attraverso i vetri, rendendo l'atmosfera quasi spaventosa e surreale. Mi infilo sotto le coperte e poso la testa sul cuscino.

"Posso usare l'asciugatrice per i miei vestiti?" mi chiede Dylan, iniziando a sbottonarsi la camicia.

"Certo" mi sollevo appena. Che stupida! Ero così presa dal mio stato di assideramento che non ho pensato che anche lui avesse addosso degli abiti completamente bagnati.

"No! Aspettami qui, non preoccuparti, conosco la strada!" mi fa un occhiolino, prima di dileguarsi alla lavanderia del piano inferiore.

Faccio come dice e torno a stendermi.
Chiudo gli occhi, il freddo è cessato, ma il mio respiro sembra ancora troppo superficiale.
Ho sicuramente bisogno di una buona dormita per recuperare tutte le forze perse.
Domani sarà un altro giorno e in cielo forse ci sarà di nuovo il sole.

L'AMORE NON ESISTEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora