LXI Dylan: MY IMMORTAL

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Canada, 19-20 luglio 2010

Sono le undici inoltrate.
La casa dei Sanders è completamente buia.
Non c'è nessuna luce accesa, neanche quella della stanza di Iris.

Il tempo non è dei migliori. Un vento graffiante soffia da nord e un paio di nubi più scure del cielo coprono i fiochi raggi di luna.

Controllo la cassetta delle lettere. E' vuota.
Sarà stata Iris a trovare il pacco?
Avrà visto il film?
E se lo avesse preso suo padre?

Deluso dall'incertezza della mia situazione salgo di nuovo sulla Rolls Royce al riparo dalla pioggia che ha iniziato a scendere pungente.

Guido fino al Mr Grey. Non ho molta voglia di tornare in quel locale, non dopo la sbronza che mi sono preso la notte scorsa, però è l'unico posto che conosco dove poter bere qualcosa e fumare in pace.

Quando entro la musica degli Evanescence rimbalza tra le vecchie pareti in pietra.
Questa volta è My Immortal a incrementare notevolmente la mia malinconia.

E' ancora presto, ma il posto è già pieno.
Ci sono molte coppie di ragazze e anche un paio di ragazzi nel tavolino centrale.
I due tipi mi rivolgono un rapido sguardo poi riprendono a parlare vicini.
Sembrano molto in sintonia.

Procedo verso il bancone.

La cameriera, non appena mi vede, smette di fare quello che stava facendo e mi lancia una brutta occhiata, tra preoccupazione e avvertimento.

Dovrei essergli riconoscente, è stata lei a tirarmi fuori dal cesso, ma è stata lei anche a mandarmici con i tre Mojiti che mi ha preparato.

Mi avvicino cauto e mi siedo su uno degli sgabelli girevoli. La giovane punta i palmi sul piano e mi guarda dritta negli occhi.
Questa sera ha la frangetta tirata su da un fermaglio argentato e un ombretto viola spalmato sulle palpebre.

"Hai intenzione di prenderti un'altra sbronza?" mi schernisce.

Sostengo il suo sguardo e replico senza troppa enfasi: "In genere l'alcol non mi fa alcun effetto, in senso negativo intendo. Forse dovresti rivedere qualcosa negli ingredienti..."

"Stai forse cercando di dirmi che sono stata io la responsabile del tuo malessere?" arriccia le labbra indignata.

Mi limito a fare spallucce.

"Gli ingredienti usati in questo locale sono tutti ottimi! Perchè non dai la colpa a quel diavolo che ti passa dentro, invece che a una povera cameriera come me?" squittisce, "se non venivo a tirarti fuori da quel cesso, saresti affogato nel tuo stesso vomito!"

Abbasso gli occhi frustrato.

La donna mi punta un indice contro il mento, lo spinge con forza, facendomi rialzare l'attenzione sul suo volto.

"Questo è un posto di passaggio. Tutti vanno e vengono e nessuno si ferma mai troppo a lungo. E' un luogo speciale, se così vogliamo dire. Ci gira un sacco di gente strana, ma non mi era mai capitato di vedere un tipo come te! Cosa ci fai qui? E cosa ti tormenta?"

Mi fissa negli occhi in modo insistente.
Il suo sguardo è magnetico e allo stesso tempo inquietante. Le sue labbra si schiudono in attesa di una mia risposta e le sue sopracciglia si inarcano visibilmente.

"Sono in esilio" dico. "Sono stato strappato dalle mie radici per scontare una punizione esemplare"

La ragazza lascia andare la presa sul mio viso e socchiude gli occhi. Adesso sì che la sua espressione mi incute davvero timore!

L'AMORE NON ESISTEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora