XVIII Iris: UN ANGELO BRUNO

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Canada, 27 giugno 2010

Quando riapro gli occhi di fronte a me ci sono Steve e il dottor Cox che stanno discutendo.

" Mi hai profondamente deluso" dice il medico, guardando suo figlio dritto negli occhi, " non solo non avresti dovuto stare vicino a Iris, ma portarla anche così lontano, mi domando solo come ti sia passato dalla testa!"

Steve schiaccia i palmi davanti al viso, nascondendocisi dentro.

" Ti rendi conto di quanto tu abbia messo a rischio la vita di quella ragazza?"

Non ho mai sentito la voce del dottor Cox tanto dura, nè visto il suo volto tanto tirato.

Gli occhi di Steve fanno capolino tra indice e medio. " Mi dispiace, hai ragione, è tutta colpa mia..." piagnucola, " Non credevo di mettere Iris in pericolo. Volevo solo fare una banale uscita fuori porta! Una gita! Come due ragazzi qualunque..."

Il signor Cox cammina avanti e indietro.

Mi guardo intorno.
Siamo nel suo studio e io mi trovo su una barella, con una flebo attaccata al braccio e una maschera grande quanto metà faccia compressa tra naso e bocca.

" Tu e Iris non siete ragazzi qualunque" dice Cox, fermandosi a metà stanza.

Steve abbassa le spalle e infila le mani nelle tasche dei jeans. " Lo so" annuisce.

Muovo la testa a destra e a sinistra.
Il tubo che collega la maschera all'ossigeno si sfila. Un monitor prende a fischiare a intermittenza. Il suono è acuto e fastidioso.

Steve e suo padre si voltano. Incrocio i loro sguardi, che passano da duri e dispiaciuti a emozionati e quasi felici.

"Ehi, ragazza!" urla Steve, " ti sei svegliata, finalmente!" si slancia ad abbracciarmi.

I suoi capelli mi solleticano il collo.
Sono bagnati.
In un lampo ricordo tutto. Il lago.
La mia fame d'aria.

Il dottor Cox si avvicina alla mia postazione. Riposiziona correttamente i tubi dell'ossigeno e dice: " Bentornata tra noi, Iris"

All'improvviso la porta dello studio si apre.
Mio padre entra accaldato. Ha le guance arrossate e la tuta sporca da lavoro. " Cosa è successo?" Si porta subito al mio fianco, " Bambina mia, come stai?"

Muovo la testa in senso affermativo.
Adesso i miei polmoni si espandono a pieno, l'aria entra ed esce con energia.

" Ha avuto una crisi respiratoria, per fortuna è tutto finito. Le ho somministrato dei farmaci per farla respirare meglio" spiega il medico a mio padre.

" Come è potuto accadere?" chiede papà, " così, all'improvviso?"

Il dottor Cox si schiarisce la gola e mi guarda con aria di rimprovero, " Iris! Hai detto a tuo padre della tua situazione attuale?"

Scuoto la testa, desolata. Non ho detto niente del peggioramento della mia malattia, dell'infezione da Pseudomonas che si è ripresentata e dell'incremento momentaneo delle cure.

" Iris ha di nuovo una brutta infezione polmonare, la stiamo curando con una terapia molto importante. E' necessario che in questi giorni eviti sforzi eccessivi. Lei e Steve sono andati a Jasper questa mattina, di nascosto, è lì che si è sentita male..."

Steve stringe le mascelle e evita ulteriori repliche.

Mio padre mi prende le mani e le stringe forte. " Perchè sei andata così lontano? E perché non mi hai detto niente del peggioramento?"

" Non volevo farti preoccupare, non volevo..."

Lui scuote la testa, " Shh, non affaticarti" mi implora, " promettimi soltanto che non mi nasconderai mai più niente di così grave. Tu sei la mia bambina. Io...io ti voglio bene"

" Anche io, papà"

Lui si piega a lasciarmi un bacio sulla fronte.

I miei occhi stanchi si socchiudono di nuovo.
I farmaci e l'ossigeno sono un cocktail molto propenso a favorire il sonno e il torpore.

Un attimo prima di addormentarmi però, la mia mente elabora un'immagine nuova.
Mai vista prima.
Quella di un giovane.
Un ragazzo dai capelli arruffati e dagli occhi scuri. Occhi che non provano pena, nè curiosità. Occhi intensi. Distaccati e soli.

Un piccolo sorriso spunta sulle mie labbra.
Lo sento quel sorriso, è la gioia di chi ha appena toccato con mano qualcosa di bello.

La carenza di ossigeno deve essere stata così tanta da farmi avere le allucinazioni!

Poi una domanda mi balza alla mente: se non fosse affatto una caricatura del mio cervello, ma si trattasse di un angelo venuto a farmi visita?

Mi lascio andare alla stanchezza, con la speranza che il sonno porti di nuovo con se' quel bellissimo angelo bruno.

Torno nel mondo dei sogni.
Potrei giurare che mi addormento sorridendo.
Beata. Come non lo sono mai stata.

L'AMORE NON ESISTEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora