Canada, 30 luglio 2010
Dylan apre la porta del ristorante e mi fa entrare per prima. E' un locale piccolo e accogliente. Sopra i tavoli ci sono tovaglie color lavanda e alle pareti sono appesi quadretti raffiguranti paesaggi di montagna, che mi fanno sentire quasi a casa.
"Buonasera, avete una prenotazione?" chiede uno dei camerieri venendoci incontro.
"In realtà no, speravamo in un tavolo a disposizione..." si fa avanti Dylan.
L'uomo si gratta la folta barba rossiccia. Socchiude gli occhi, dando una scorsa al suo block notes, infine dice compiaciuto: "Questa sala è al completo. Sto aspettando un intera squadra di boy scout, ma potrei farvi accomodare nella veranda. Lì starete molto più tranquilli, seguitemi!"
Dylan mi prende per mano. Le nostre dita si stringono e il mio cuore precipita a fondo. Trattengo il respiro, mentre mi incammino al suo fianco, dietro al cameriere.
"Ecco qua. Che ve ne pare?"
Siamo su uno stretto spazio esterno. Non ci sono pareti, ma vetrate, sulle quali risalgono verdi piante di edera. Ci sediamo l'una di lato all'altro.
L'uomo ci consegna un piccolo librettino marrone. "Scegliete pure con calma, tornerò non appena siete pronti!" dice, dileguandosi di nuovo nell'altra sala.
Mi sfilo la tracolla con la bombola di ossigeno e la appendo alla sedia. Sistemo meglio le cannule nasali e infine prendo il tovagliolo e lo poso sopra al vestito, così da proteggerlo. Sollevo lo sguardo e vedo Dylan sorridermi. Ricambio, quasi imbarazzata. Gli occhi di Dylan si posano sulle mie mani, intente a lisciare nervosamente il tovagliolo che ho posato sulle cosce. Il suo sguardo si sofferma sul gioco delle mie dita. Ed io, istintivamente, le celo tra la stoffa. Non mi piacciono le mie mani. Non mi piacciono le mie unghie arrotondate e informi.
Dylan sbatte le ciglia. Le ha lunghe e folte, quasi quanto quelle che può avere una donna dopo essersi passata il rimmel.
"Perchè nascondi sempre le tue mani?" mi chiede.
Libero le dita dalla stoffa, riportandole ben visibili. Guardo in basso e con un filo di voce sottile, appena percettibile sussurro: "Puoi vedere tu stesso quanto siano orribili..."
Dylan allunga il suo indice sopra il dorso della mia mano, lo fa scorrere sulla mia pelle. Ignoro i brividi che mi attraversano la schiena e mi concentro sul suo dolce movimento.
"Non sono orribili..." afferma.
Fisso le mie falangi tozze e rigonfie, le mie unghie quasi ricurve su se stesse. Ha ragione, non sono orribili, sono molto più che orribili.
"Sono solo diverse...speciali..." parla di nuovo, senza allontanare il suo tocco.
"Ippocratismo digitale" affermo. La mia voce è fredda, quasi distante. E' come se parlasse di qualcun'altro, di un caso clinico o di una persona estranea. "Questo è ciò che mi ha detto il dottor Cox. E' uno dei segni della mia malattia"
La mano di Dylan scivola via dalla mia, per tornare sul tavolo.
"E' una risposta del mio corpo alla bassa ossigenazione costante. Sono anni che nascondo le mie mani..."
Dylan schiude la bocca, forse sta per parlare. Forse sta per rassicurarmi con un ennesimo mi dispiace oppure un semplice sospiro, ma io lo anticipo e mi raddrizzo sulla sedia. Abbandono ogni tristezza e improvviso uno dei miei sorrisi migliori.
"Non voglio parlare della mia malattia questa sera. A quanto pare sono a cena con un ragazzo in carne ed ossa e non ho nessuna intenzione di rattristarlo con le mie tragiche storie. Poi, sono una degna principessa, ricordi? Dunque...cosa ordiniamo?"
STAI LEGGENDO
L'AMORE NON ESISTE
ChickLit[COMPLETA] IN TUTTE LE LIBRERIE. VINCITORE di Concorsiamo 2k17 terza classificata sezione romantici. Dylan Prince e Iris Sanders sono due poli opposti, ma paralleli. Lui è uno studente della NYU, che vive per un unico sogno: quello di sfondare co...
