Una storia Semplice - Capitolo 56

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Ritorno con il pullman degli addetti e dei familiari , cercando di mantenere un equilibrio ma il filo della ragione non riesce a rimanere teso.

So chi era il mittente del messaggio, purtroppo non ho dubbi e mi chiedo il perché, mi violento i pensieri cercando una motivazione a questo odio, e non so neanche cosa debba fare a riguardo. La paura è talmente profonda che ogni scenario catastrofico si materializza di fronte ai miei occhi. Una sciovolata e la carriera di Riccardo terminerebbe come un soffio.

Mi ripeto e mi convinco che non posso permetterlo, non posso.
Devo dirlo a Marni, devo farlo, non posso rimanere con questo segreto, non ne ho le capacità.

Trovo già difficile sepellirlo dentro di me per un viaggio di poche ore, figuriamoci come mi consumerebbe entro qualche giorno.

Il paesaggio francese rimane sullo sfondo del finestrino, ed Io mi lascio andare nel sonno rimuginando sulle parole dure e dolorose.

Una mano mi smuove la spalla quando oramai il veicolo è deserto. Afferro la mia borsa scendendo gli scalini che mi riportano a terra.
Abbasso la testa per poi rialzarla, vedendo la bandiera spagnola proprio a qualche centinaio di metri da me.

Se ragionassi, mi fermerei, se la logica rimanesse nella mia testa, non muoverei nessun passo verso quel residence, ma quando mai non ho seguito l'istinto?

I passi aumentano con il percuotere del cuore, la mano rimane sul ventre ed un po' di coraggio dovrebbe arrivarmi anche dai due battiti che forse stanno accellerano con il mio.
Il cielo diventa grigio nel giro di qualche minuto e della pioggia inizia a bagnare l'asfalto che rilascia l'inconfondibile odore di catrame. Le mie scarpe sono oramai zuppe ma manca poco alla mia meta.
Con la borsa sulla testa ed una leggera corsa, arrivo sotto alla tettoia del Resort.

Una marea di persone si accalcano sull'entrata, bloccando ogni possibilità di varcare la soglia. Mi guardo intorno pensando cosa dovrei fare per poterci accedere, quando ricordo di avere il Pass dell'Italia, proprio nella tracolla.
Mi faccio spazio nell'entrata secondaria, controllata da due uomini alti almeno due metri. Con tutta la disinvoltura che il mio corpo è in grado di sprigionare, mi avvicino sorridendo, mostrando la mia carta magica. I due si osservano per qualche secondo prima di permettermi l'accesso. Deglutisco inspirando, non appena le mie spalle nascondono il mio viso.

Non so cosa sto facendo, è questo il bello.

In un corridoio, proseguo, anche se non ho nemmeno una vaga idea di cosa dire o dove andare. I sandali bagnati, lasciano le mie impronte sul parquet di fassino, e la mia paura ha cominciato ad avere il profumo della vergogna perché so bene che Marni non avrebbe mai voluto che di testa mia arrivassi cosi vicina a Cristos.

Nella Hall, il marasma mi dona l'occasione di salire verso le camere. Indugio sugli scalini, cercando qualche informazione che mi possa avvicinare agli alloggi della nazionale spagnola. Mi guardo intorno circospetta ma ogni indizio non vuole mostrarsi.

Mi sento una stupida per essermi spinta cosi vicino alla follia.

Smisurata voglia di difendere l'amore della mia vita ma dannata ed insensata ragione che mi spinge a fare queste idiozie.

Con velocità ritorno verso l'uscita, evitando d'incrociare qualsiasi sguardo, qualsiasi volto. E più corro più ho paura di essermela cercata da sola. Oramai la mano fa pressione sulla mia pancia ed il fiato stenta ad uscire. L'ultimo scalino del primo piano si mostra al mio sguardo ed anche il corridoio che mi ha condotta qui. Lo raggiungo quando degli schiamazzi mi fanno voltare la testa.

Cristos firma autografi sorridendo come se non avesse minacciato nessuno. Gli occhi azzuri color oceano, sono fermi di fronte a me ma non mi vedono, finchè una fan cerca la sua attenzione facendogli innalzare il mento.

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