Carter Pov
Stava andando tutto bene, anzi, alla grande.
I ragazzi mi avevano invitato ad andare a Miami con loro e io avevo risposto subito di si, convinto che Haley ne avesse già parlato con i nostri genitori, cosa che invece non aveva fatto.
Alla fine, mentre i ragazzi facevano l'esame io, Haley, Alexis, i miei genitori e i genitori di Alexis, che anche lei non aveva avuto il coraggio di chiederlo ai suoi genitori, ci ritrovammo davanti al tavolo della cucina.
Haley e Alexis erano preoccupatissime mentre io ero prontissimo a fare il mio grande discorso.
"Io stavo pensando a una cosa."
"Ti ascoltiamo Carter."
"I miei vecchi amici mi hanno invitato ad andare a Miami per festeggiare. Loro stanno facendo gli esami, io non ho avuto il tempo per festeggiare, quindi stavamo pensando di andare a Miami tutti insieme e stavo anche pensando di portare Haley e Alexis."
I nostri genitori si guardarono "In quanti sarete?" Chiese il signor Bendet.
"Con loro due saremmo una decina." Sì guardarono di nuovo "Ragazze volete andare a Miami?"
"Sì." risposero loro all'unisono.
"Va bene ragazzi. Vi mandiamo a Miami."
"Ma a delle condizioni. Tutto quello che vi dice di fare Carter dovrà essere fatto siamo intese ragazze? Dovete dare ascolto solo a lui. Se non lo ascoltate e lo veniamo a sapere finite in punizione."
"Sì mamma."
"Ascolteremo solo Carter." Dissero insieme avvicinandosi a me.
"Noi ci fidiamo di te Carter chiaro? Tienile d'occhio!"
Sorrisi. Come immaginavo il mio piano aveva funzionato e come avevo previsto tre giorni dopo eravamo sul volo per Miami.
Era stata una settimana fantastica, mi ero divertito tantissimo e, anche se all'inizio non era nei miei piani, lasciai stare sia Haley e Dylan sia Alexis e il suo ragazzo momentaneo.
L'unico obbiettivo che avevo per quella vacanza era quello di divertirmi e di dimenticare tutto.
A Miami riuscii a comprare il regalo a mia sorella per i suoi diciotto anni e quando tornammo a casa, il giorno prima del compleanno di Haley mentre lei si stava allenando per le nazionali decisi di parlare con i miei genitori.
"Ascoltate, domani è il compleanno di vostra figlia.. Ve lo ricordate vero?"
"Domani?" Chiese mia madre preoccupandosi.
"Melissa, non lo ricordavi davvero? Tua figlia domani fa diciotto anni."
"E tu fai silenzio perché se non te lo diceva Carter non lo sapevi nemmeno tu."
Mio padre la guardò e poi si rivolse a me "Ci ho già pensato, sta tranquillo."
"Hai invitato la gente giusta almeno?"
"Ho invitato le persone che vanno a scuola sua."
"Oddio devo invitare anche Ethan! Da quant'è che non lo vediamo! Lo chiamo subito!"
"Nono mamma. Forse non è il caso che tu chiami anche Ethan." Dissi preoccupato dalla cosa.
Già non sopporto che stia con Dylan e per quanto vederli entrambi qui mi farebbe morire dal ridere non sono sicuro che Dylan apprezzerebbe la cosa.
Okay non lo vedevo da mesi e mesi ma, essendo uguali, so perfettamente che non sarebbe d'accordo nel vederlo li. Soprattutto per il semplice motivo che già si conoscono e vederlo ancora non porterebbe niente di buono perché si picchierebbero e dovrei intervenire io.
"Oh andiamo Carter. È il ragazzo di Haley e si ricorderà benissimo che giorno importante sia domani."
"Melissa. Haley non sta più con Ethan. Frequenta un altro ragazzo."
"Oh. Non ero a conoscenza di questo ma Ethan si ricorderà benissimo che domani è il suo compleanno e so che non si perderebbe mai questo giorno importante." Alzai le braccia. Adesso sono molto preoccupato.
Evitai di parlarne ancora, tanto non mi avrebbero mai dato retta.
La mattina dopo credo che l'urlo di Haley avesse svegliato tutto il quartiere.
Quando scesi le scale vidi la porta aperta e lei che saltellava.
Una macchina. Le avevano comprato la Ferrari. Si, con lei è il modo più semplice per farsi perdonare.
Le diedi anche io il mio regalo e ovviamente, come suo solito, pianse.
"Ma la fai finita? Hai diciotto anni cretina."
Mi guardò male "Il coglione te lo ha portato il regalo?"
"Non ancora. Devo andare in palestra."
Annuii e l'accompagnai poi andai in centro cercando qualcosa da fare.
Quando tornai a casa vidi il garage aperto e dentro c'erano Haley, Dylan e mio padre, ma la cosa che mi spaventò più di tutte fu vedere mia madre con Ethan accanto che si stava avvicinando a loro.
Rimasi a distanza e quando vidi che Dylan aveva avuto la meglio mi avvicinai e Ethan mi vide "Ciao Carter. Come stai?" Chiese gentilmente.
Si, lui aveva fregato tutti con questo atteggiamento da ragazzo educato, tutti tranne me.
"Puoi anche smettere di essere gentile. So che non lo sei e che fingi e basta. Non sono idiota."
"Io sono gentile con tutti. Al contrario di quel tipo." Rispose guardando Dylan fulminandolo con lo sguardo.
"Te lo avevo detto. Ti conveniva mostrarti subito per ciò che sei. È ovvio che abbia scelto lui. Sei diventato troppo un secchione." Esclamai dandogli una botta sulla spalla.
Prima di poter entrare in casa trovai anche Dylan che se ne stava andando.
Una giornata perfetta direi.
Ci guardammo per un pò "Non ti azzardare a farle del male. Perché quel secchione non lo posso più vedere."
"Oh che c'è? Adesso fai anche il tifo per me?"
"No è solo che se ci rifletto credo che è meglio avere te in casa che quello."
"Già, almeno una volta io e te eravamo amici."
"Sì, e se ripenso a come è andata a finire quella volta mi sembra di essere di nuovo allo stesso punto."
Dylan rise e scosse la testa "Siamo seri Carter. Sei sicuro di essere davvero suo fratello? Perché non vi assomigliate proprio per niente." Disse ridendo.
"Ti fa ridere eh? Purtroppo che a me non faccia ridere e che potrei anche spaccarti la faccia."
"Calmati. Quell'incidente ti ha fatto perdere tutto il tuo senso dell'umorismo."
"Hai intenzione di rimanere qui ancora per molto?"
"Tranquillo, adesso me ne vado. Non incazzarti per niente."
"Io penso solo al suo bene."
"Anche io." Fece per andarsene quando si fermò esclamando "Haley ti ha detto che sabato verrò a San Francisco?"
"Sarai anche li?"
"Ha invitato mezzo mondo. È ovvio che io sarò lì." Ribattè andandosene per davvero.
Più avevo conversazioni lunghe più di un minuto con lui più sentivo che sarei impazzito da un momento all'altro.
Non volevo ammetterlo ma forse la stava davvero convincendo e forse era davvero serio con lei.
Questa settimana passò velocemente e in men che non si dica era arrivato il sabato della partenza.
Sì, era proprio vero, Haley aveva invitato mezzo mondo.
Capisco, sono le nazionali, ma mai prima di quest'anno aveva voluto qualcuno a guardarla.
Stranamente ero riuscito anche a convincere i miei genitori.
Quei giorni erano a San Francisco, non avrebbe avuto senso perdersi l'esibizione della propria figlia quando tra loro e il teatro c'erano nemmeno cinque minuti di distanza.
In questi giorni avevo anche provato a chiamare il rettore dell'università di New York ma nessuno mi aveva mai risposto.
Alexis mi aveva detto, anzi, era stata costretta a dirmelo, che proprio nei giorni in cui eravamo a Miami lei avrebbe avuto un'audizione per quel posto nell'accademia.
Alexis mi ha detto che quando ha visto tutte le ragazze che erano lì l'avevano messa a disagio e non si era sentita di entrare dentro a fare quello che sapeva davvero fare bene.
Va bene, quei provini li fanno ragazze di ogni età da ogni parte del paese e lei ovviamente, essendo la più piccola, si è sentita a disagio. E per lei è strano perché lei non è mai a disagio per quanto riguarda la danza.
Quindi dopo tutte queste spiegazioni sono arrivato a un punto importante e non tanto bello.
Lei aveva un solo motivo per essere a disagio nel suo habitat naturale, e quel motivo aveva vent'anni ed era un coglione assurdo.
Sì, sono persino arrivato a pensare, anzi, a capire, che lei se ne è andata non perché non era pronta, ma semplicemente perché se le avessero detto che era stata presa non sarebbe mai riuscita a lasciarlo.
Quindi, in poche parole, aveva rinunciato all'opportunità della sua vita per non dover sentirsi in colpa lasciando Dylan qui.
Per questo volevo che il rettore dell'università fosse lì, perché almeno lei non avrebbe avuto colpe, al massimo le avrei avute io perché lo avevo invitato io.
Provai fino alla mattina della gara ma non riuscii ad avere risposta.
Fecero il pezzo di gruppo ed era veramente strano.
Ma come fanno a fare questi pezzi schifosi? Cioè, non era proprio brutto ma era strano e particolare.
La musica era qualcosa di veramente deprimente e i personaggi che stavano interpretando lo erano ancora di più.
Sembrava fatto apposta, l'incidente, il momento prima di morire.. Volevo proprio sapere come le era venuta in mente questa coreografia a quella donna.
Certo, l'hanno interpretata alla grande ma cazzo, un briciolo di tatto per chi è passato da queste cose.
Comunque, tralasciando questo fatto, erano state bravissime e ora dovevo subirmi i discorsi della ragazza cretina che pensava di non essere pronta.
"Haley dov'è?"
"Si sta vestendo." Okay allora posso aspettare anche ora prima di vederla uscire.
Mi misi seduto in attesa e quando uscì dal camerino notai subito nel suo sguardo quel briciolo di paura.
Abby mi guardò come per dire 'intervieni' e io mi alzai "Andiamo, facciamo un discorsino." Le dissi prendendola per mano e entrando di nuovo nel camerino.
"Qual'è la tua preoccupazione stavolta?"
"Non sono preoccupata."
"Sì certo, continua a prendermi in giro. Mi prendi per imbecille per caso? Dai andiamo su, perché sei preoccupata."
"Se cado facendo quel passo mi gioco il titolo e la carriera."
Aveva detto che aveva preparato una coreografia speciale, nessuno apparte Abby l'aveva vista. Aveva solo detto che quella coreografia poteva avere solo due risultati, o il primo posto o l'ultimo.
"Non farlo allora."
"Io devo vincere Carter. Devo assolutamente vincere."
"Siccome ne hai vinti pochi di titoli." Dissi ridendo.
"Non sei per niente simpatico Carter. Non si diventa Miss Dance Of America con qualche titolo."
Sì, purtroppo, non in senso negativo ovviamente, le sue aspirazioni erano veramente altissime e diventare Miss Dance Of America era la sua aspirazione più grande.
"Arriverai li anche con 14 titoli." Dissi guardandola. Ogni anno vinceva un titolo.
L'ultima volta che ha vinto un titolo c'ero anche io, poi dopo l'incidente ha smesso di ballare e quindi ha perso due titoli. Una tragedia via.
"Voglio rimanere impressa a quelle persone."
"Fidati, succederà in ogni modo. A te basta solo salire sul palco per rimanere impressa a quelle persone."
Si morse il labbro e annuì poi mi abbracciò "Grazie." Le sorrisi e tornai infondo accanto a Dylan.
"E ora accogliamo sul palco la numero 892!" Misero la musica e non sembrava così tanto male come pezzo.
Bastò qualche secondo che la canzone cambiò, un pezzo pop. Guardai subito Dylan "È colpa tua?"
"Ti giuro di no! Mi ha detto che non avrebbe mai fatto un pezzo pop."
Quella ragazza mi sorprendeva ogni giorno di più.
Andò infondo al palco e prese la rincorsa, e ora cosa fa?
"Non voglio guardare." Disse lui senza smettere di guardarla.
Ecco cosa c'era di tanto speciale in questa coreografia, il salto mortale.
Ma certo, ha portato le stampelle fino a due settimane fa nemmeno e oggi fa il salto mortale.
Una parte di me mi diceva di non guardare mentre l'altra mi obbligava a guardare.
Per fortuna atterò bene e quindi per me, e anche per tutto il pubblico, aveva già vinto.
E ovviamente avevo avuto ragione, e come voleva lei, aveva avuto finalmente il suo quindicesimo titolo nazionale, ma stavolta a punteggio perfetto.
Mi ritrovai un signore di mezz'età che disse "Scusami tanto, per caso lei conosce la signorina Bendet?"
"Alexis ti vogliono." la chiamai e si avvicinò a noi.
"È lei la signorina Bendet?"
"Sì."
"Salve, ci siamo già sentiti al telefono riguardo la sua amica qualche giorno fa ricorda?"
"Lei è il rettore dell'università?"
"Sì esatto. È un piacere conoscerla."
"Anche per me." la guardai stranito.
"Mi può scusare solo un secondo?"
"Certo." mi prese e mi portò da una parte "Carter non preoccuparti, non ho fatto niente di male, o almeno spero. Voglio solo far felice Haley."
"Lo hai fatto venire tu qui?"
"Sì, se ho sbagliato ti chiedo scusa."
"No, ci avevo provato anche io ma non mi aveva risposto nessuno."
"Perfetto. Andiamo a sentire che deve dirci."
Tornammo li e disse "Mi scusi ancora, lui è Carter, il fratello maggiore di Haley."
"Quindi mi posso riferire a lei per la borsa di studio?"
"Borsa di studio?" Chiesi sorpreso.
"Per sua sorella."
"Sì, se vuole ci sono anche i miei genitori, posso chiamarli."
"Sarebbe fantastico" Mi scusai e andai a chiamare i miei genitori.
Dopo le presentazioni ci fece sedere e spiegò quali erano le sue condizioni.
Dopo aver parlato per parecchi minuti chiese ad Alexis di accompagnarlo nel camerino per poter parlare direttamente con lei e lo accompagnò emozionatissima.
Ero felicissimo, se solo Alexis me lo avesse detto prima non avrei passato le mie giornate a fare quelle stupide telefonate. Mi sorpresi che i miei genitori avessero firmato subito i fogli, poi però ci pensai.
Lei sarebbe entrata all'università un anno prima del previsto, e questo faceva di lei una ragazza intelligente e quindi faceva dei miei genitori delle persone con dei figli superiori agli altri.
Si, ovvio che avessero firmato.
Il giorno della sua partenza per me fu difficilissimo, certo sarei andato a New York fra qualche giorno ma sarebbe stato difficile lo stesso non averla più fra i piedi.
"Ci vediamo a New York. Ti voglio bene." Mi disse abbracciandomi.
L'avevo cresciuta io, e il diritto di stare male per la sua partenza era solo mio e di nessun'altro.
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You are my disaster
RomanceDue ragazzi. Due anime semplici ma incasinate. Due ragazzi che non sanno come risolvere i loro problemi. Lei: Stephenie Kene, 19 anni, era la classica principessina viziata ma nei primi anni di liceo tutto cambia e la principessa viziata si colora l...