Capitolo 14

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Steph Pov
Questi giorni, nonostante la visita in ospedale per Haley, erano stati fantastici.
Nonostante l'ospedale e nonostante tutti i disastri di questi mesi ero riuscita a dire a Carter che provavo qualcosa per lui. Ero felicissima e la cosa che mi rese ancora più felice fu quando lui, così di punto in bianco, mi disse la stessa cosa.
Ovviamente Tom si doveva far notare subito e giuro che in quel momento avrei voluto picchiarlo.
Quando la mattina Carter costrinse Tom a uscire dalla stanza di sua sorella vidi Tom soddisfatto.
"Tu ti diverti vero?"
"Ma cosa dici?"
"Ehm ieri sera idiota. Cosa voleva dire fare così?"
"Scusami ma quello non mi sembra proprio adatto."
"E per quale motivo?"
"Mi sembra quel tipo di ragazzo che va un pò con tutte."
"Tu fregatene e pensa a tutte quelle che ti sei fatto fin dal primo giorno di college." Dissi facendo un sorrisetto falso.
Tom rimase zitto, avevo colpito nel segno.
"Tom mi credi così stupida? Sei il primo amico che mi sono fatta qui a New York. Ti conosco abbastanza bene per poter fare commenti e lo sai. Non voglio difenderlo perché non so cosa faceva prima di conoscermi ma non dovresti farlo nemmeno tu. Perché sei l'ultima persona che può giudicare dato che io sono una di quelle che ti sei fatto i primi giorni." Dissi cercando di entrare dentro ma lui mi prese il polso e mi fece voltare verso di lui "Steph io.."
"No, non mi dire niente. Non più ormai. Ma ti dico una cosa io, falla soffrire e giuro che ti uccido." Dissi strattonandomi via ed entrando nella stanza.

Carter Pov
Quando ero entrato nella stanza di mia sorella cercai di convincerla nei migliori dei modi a farla tornare a Los Angeles con me ma lei rispose che voleva andare a Chicago con Steph per non lasciarla sola.
Ma ormai io la conosco bene e sapevo perfettamente che non voleva tornare lì per lui.
"Dov'è Steph?"
"Fuori, te la chiamo?"
Annuì, così aprii la porta ma la vidi parlare con Tom.
Per quanto avrei dovuto fregarmene e girarmi dall'altra parte chiusi la porta e rimasi ad ascoltare.
Però purtroppo riuscii a capire solo poche cose, che non mi sono piacute "..Perché sei l'ultima persona che può giudicare dato che io sono una di quelle che ti sei fatto i primi giorni."
Non so come spiegarlo, non mi è mai successo, ma in quel momento, sentendo quelle parole, avrei voluto picchiarlo o minacciarlo, ma ci pensai e capii che forse non era la cosa migliore fare queste cose subito. No, l'avrei solo fatta allontanare.
Quando capii che la conversazione si stava concludendo entrai dentro e feci finta di niente.
Steph entrò qualche secondo dopo toccandosi gli occhi cercando di far credere che si stava solo controllando il trucco, ma io avevo ascoltato e sapevo che non era per quello.
Subito dopo di lei entrò anche lui con un sorriso.
E io che pensavo che almeno un pochino stesse male per aver approfittato cosi di una ragazza.
Si okay, io non dovrei giudicare nessuno perché faccio delle cose del genere da sempre, ma non sono mai andato con una ragazza che fosse anche amica mia. Io vado solo con tipe che non conosco, di sicuro non do false speranze a nessuno.
Così i miei tentativi di convincere Haley a venire a Los Angeles erano svaniti e l'avevo mandata a Chicago.
Quando tornai a Los Angeles mi subii tutte le cazzate dei miei genitori e mi dissero una cosa che non volevo sentire "Carter noi crediamo che tu sia abbastanza indipendente e intelligente per poter fare tutto quello che vuoi ma non credi che stai un pò esagerando con tutti questi viaggi settimanali a New York?"
"Tesoro ma non è che per caso ci vai solo perché hai trovato una ragazza lì?"
"Che cosa? Ma siete pazzi per caso? Io vado a New York per controllare vostra figlia. Ci vado solo per quello." Mentii, non mi interessavano i loro discorsi e se avessi parlato di una ragazza a New York avrei dovuto sentire i loro discorsi che odiavo.
I miei hanno sempre odiato il mio stile di vita. Non vogliono che io mi diverta così male e che tratti cosi le ragazze e quindi è meglio evitare qualsiasi discorso riguardanti le ragazze.
"Comunque figliolo adesso ti abbiamo trovato una soluzione."
"Cosa volete?"
"Tu verrai a lavorare nell'azienda di famiglia."
"Che cosa?" Urlai sperando in uno scherzo.
"Noi non siamo mai qui Carter. Questa azienda è tutta la nostra vita, il nostro e il vostro futuro dipende da quella azienda e ultimamente abbiamo fatto degli errori e abbiamo bisogno di qualcuno che controlli l'azienda."
Mi misi a ridere "Quindi voi vorreste approfittarvi di me?" Scossi la testa "Siete i primi genitori che conosco che usano i propri figli per occuparsi dei problemi."
"Tu lavorerai lì dentro Carter, ormai è deciso."
"Quando dovrei iniziare? Quanto devo lavorare e soprattutto quanto mi pagate?"
"Inizierai domani mattina, lavorerai dalla mattina alla sera e avrai lo stipendio degli altri lavoratori."
"Mi dispiace ma no. Se devo lavorare tutto il giorno e se devo fare il capo voglio di più." Dissi pensando a tutti i soldi che avevo perso in queste settimane per andare a New York.
"Avrai uno stipendio più alto se risolverai i danni che ci hanno provocato."
"Che avete provocato semmai." mio padre mi guardò male e dissi "Domani alle 8.30 partiamo da qui. Niente ritardi."
Annuii e pensai al fatto che in mezz'ora che ero stato a parlare con loro nessuno dei due mi aveva chiesto come stava Haley.
So che pensano che lei sia abbastanza brava da fare da sola, e lo penso anche io, ma in questi momenti dovrebbero essere un pò più interessati a lei.
La mattina dopo mi svegliai verso le otto e mi ritrovai a ragionare sul fatto che mi toccava lavorare anche i giorni prima di Natale.
Mi vestii come mi aveva chiesto mio padre, cioè con pantaloni formali, una camicia e una giacca.
Ma perché serve vestirsi così per lavorare in un'azienda? Questa proprio non me la spiegavo.
Quando arrivammo in azienda salimmo fino all'ultimo piano e mio padre mi mostrò il mio ufficio e mi diede dei compiti da sbrigare.
Me la cavavo abbastanza bene in matematica e in economia quindi fare questo lavoro per me non era difficile, e poi non avevo tanti problemi ad organizzare appuntamenti o altro, si fa tutto quello che dico io e se non gli sta bene si passa al piano di riserva, cioè dire di aver trovato altre soluzioni con altre compagnie e accettano sempre tutto. Niente di più semplice direi.
Mentre stavo cercando di risolvere uno dei problemi dei miei genitori bussarono alla porta "Avanti."
Nell'ufficio entrò una biondina con una gonna stretta e una camicetta bianca. Aveva i capelli legati e precisi e aveva degli occhiali da vista.
"Mi scusi per il disturbo signor Mason, io sono la sua nuova segretaria. Spero di poter essere il più utile per lei e se ha bisogno di qualcosa mi chiami pure."
Stava per uscire dall'ufficio ma la fermai, non mi aveva fregato. Proprio per niente.
"Chiudi la porta e vieni qui." fece come le chiesi e mi avvicinai togliendole gli occhiali, che tra parentesi erano senza le lenti.
"Cercavi di fregarmi?" le chiesi ridendo e lei mi guardò senza capire "Mi dispiace dirtelo ma hai sbagliato persona da prendere in giro cara. Come ti chiami?"
Sbuffò e disse "Scusa, ma ho troppo bisogno di questo lavoro. E comunque mi chiamo Rachel."
"E giustamente per un lavoro si fa così.. Ma perché fingi per questo? Il tuo obbiettivo nella vita era diventare una segretaria?"
Mi guardò come se avessi detto una stupidaggine "No, certo che no. Ma per fare quello che voglio fare io non accettano le persone come me."
"E cosa vorresti fare?" chiesi sorridendole.
"Vorrei diventare una psicologa, ma non posso."
"Non sei andata all'università?"
"Si, la sto frequentando ma non ho molti soldi e questo è l'unico lavoro che mi dà abbastanza denaro per coprire quei costi. E tu? Perché fai questo?"
"Sai quando si dice essere obbligati? Ecco, io sono qui perché mi hanno obbligato."
"Infatti non mi sembravi la persona adatta a stare qui dentro."
"Lo so, ma io sono molto bravo a fare queste cose. È solo che non ne ho voglia." le spiegai alzandomi.
"E cosa vorresti fare?"
Cosa vorrei fare? Vorrei essere a New York, anzi, vorrei essere a Chicago ora come ora.
"Se fosse per me non farei niente."
Lei si mise a ridere e mi misi di nuovo seduto sulla sedia dietro la scrivania.
"Quanti anni hai?"
"Tra poco venti. Tu?"
"19" proprio come lei, pensai immediatamente.
Bussarono alla porta risvegliandomi dal mio stato di trance.
Davanti mi ritrovai Dylan, cosa ci faceva lui qui?
"Chicago? Perché non mi hai parlato di Chicago?" chiese irritato sedendosi sulla sedia davanti alla scrivania non calcolando nemmeno Rachel, cosa strana da parte sua.
"Perché avrei dovuto farlo? Senza offesa amico ma non è che se te lo dicevo prima e le parlavi tornava qui. E comunque sii gentile, lei è Rachel."
La guardò e le strinse la mano e lei si alzò "Scusate. Vi faccio parlare da soli." le sorrisi e uscì dal mio ufficio.
"Ma perché l'hai lasciata andare a Chicago?"
"Sempre meglio Chicago che Miami." e appena lo dissi mi resi conto del casino che avrei creato di qui a poco.
"Miami? Cosa c'entra Miami ora?"
"Niente, fa finta di niente."
"Cosa doveva andare a fare a Miami Carter?"
"Niente Dylan, niente. Ho sbagliato io."
"Cosa mi stai nascondendo?"
Tanto vale dirglielo no? Tanto non può farci niente.
"Io non so come dirtelo. E lei non sarà d'accordo quando saprà che te l'ho detto."
"Ti prego.. Sai che tengo a lei."
"Appunto perché tieni a lei non dovresti saperlo."
"Andiamo su!"
"Ecco lei è.." bussarono alla porta e Rachel entrò "Scusate ma Carter, ti è arrivata una lettera."
Presi la lettera ringraziando chiunque l'avesse mandata per avermi salvato in questo momento.
"Scusa, potrebbe essere importante." dissi aprendo la busta.
Che arrivi o meno in tempo..
Buon Natale stupido! Ti voglio bene fratellone.
P.S. Forse non dovrei dirtelo ma manchi tanto a una persona e ti vorrebbe qui ora, ma dato che non ci sei ti abbiamo spedito una cosa.
Haley e Steph.
Guardai dentro la busta e vidi anche una foto.
Sorrisi spontaneamente, anche io avrei voluto essere a Chicago.
Era una loro foto con delle cose strane sulla testa e delle facce idiote.
Passai la foto a Dylan che si calmò e sorrise "È stupenda."
"Già."
"Cosa c'è tra te e la rossa?"
"Cosa ci deve essere?"
"Penso di non averti mai visto così perso per una ragazza, nemmeno per London eri così perso."
"Ma che dici?"
"Quando hai visto la faccia di quella ragazza hai avuto lo stesso sguardo che ho avuto io quando ho visto tua sorella per la prima volta."
"E per tua fortuna io non c'ero."
"Dici sempre così, dici sempre che mi picchi ma in questi mesi non hai mai fatto niente di niente. Che fratello sei?"
"Sei un coglione." risposi semplicemente sapendo però che non aveva torto.
"Tornando a noi. Perché dovrebbe essere a Miami?"
"Si è fidanzata Dylan."
"Sono passato così velocemente dalla sua vita?"
Gli avevo già detto troppo, gli errori sentimentali di mia sorella non dovrebbero interessarmi così tanto da dirli al suo ex.
"Non lo so. È stata davvero male." risposi solamente.
"Carter sono passati tre mesi. Come può essere passato tutto così velocemente per lei? Guardami, è da tre mesi che rifiuto le ragazze, e sai benissimo che non ho mai rifiutato nessuna ragazza in vita mia. Sembra che l'unico a soffrire di questa storia sia io!"
"Ci sta male okay? Non ha fatto altro che piangere per mesi. Secondo te sennò perché ero sempre a New York? Continua a stare male per te, e ha rifiutato quel ragazzo per un mese."
"Ma ora ci sta insieme. Perché?"
"Perché quando si è operata è stato lì per tre giorni e gli ha dato un'opportunità."
Silenzio. Silenzio assoluto. Stava davvero male.
Sospirai "Senti, torna in Minnesota. Parlerò con lei, le dirò come stai, le dirò che stai male e cercherò di farle fare un passo indietro lasciando quel ragazzo, ma non andare fuori di testa."
Non sarebbe nei miei piani andare a romperle perché sta con quel ragazzo, ma ho visto quanto Dylan è cambiato con lei e per lei, ed essendo un amico ci devo provare.
Non che farli tornare insieme sia il mio obbiettivo ma voglio solo che mia sorella rifletta bene su quello che fa e voglio che sia pronta ad affrontare Dylan quando tornerà qui quindi tanto vale aiutarlo.
"Grazie Carter, grazie davvero."
"Va bene va bene, ora puoi andartene."
"Grazie amico." e con questo uscì dal mio ufficio e dopo neanche un minuto Rachel entrò di nuovo.
"Va tutto bene?"
"Si, perché mi fai questa domanda?"
"Ti sentivo urlare. Ho pensato che avresti ucciso quel ragazzo."
"Si, non sarebbe una brutta idea. Ma mia sorella poi ucciderebbe me." risposi sorridendo e facendola ridere.
La giornata passò abbastanza velocemente e non fu poi così male, ma l'idea di dover fare tutto questo tutti i giorni non era una bella  sensazione.
Tornai a casa dei miei genitori, sì, avrei proprio bisogno di un appartamento tutto per me.
La sera di Natale Haley mi chiamò e iniziò ad urlare talmente tanto che dovetti allontanare il telefono dall'orecchio.
"Cos'hai fatto stavolta?"
"Mi hanno preso."
"Per cosa?"
"Per quel concorso. Carter mi hanno preso."
Prima di poter dire stronzate mi concentrai per capire di cosa stava parlando ma mi anticipò "Sto parlando di Miss Dance of America. Mi hanno presa."
Non avevo mai sentito parlare di niente di simile ma le dissi ugualmente che ero fiero di lei e che se lo meritava.
"E tu verrai alle selezioni con noi."
"Dovrò lavorare di sicuro."
"Parlerò io con papà. Tu devi essere lì."
"Va bene.. Aspetta, con noi in che senso?"
"Con me, Steph e Tom."
"Deve venire per forza quello?"
"Sì, sono a Miami e quindi mi sembra giusto che venga."
Sbattei la testa contro la porta, non avevo intenzione di andare fino a Miami, non di nuovo, non per subirmi per la seconda volta i suoi problemi di coppia, che di sicuro avrà.
"Non puoi chiedere ad Alexis?"
"Sì, chiederò anche a lei ma tu sei mio fratello, io ho bisogno di te e.."
"Va bene va bene." dissi prima che iniziasse con i suoi discorsi "Verrò con te."
"Grazie grazie grazie! Sapevo che avresti detto di sì. Non preoccuparti, parlerò io con papà e penserò a tutto io."
"Va bene Haley ho capito."
"Ci vediamo a New York coglione."
"Cretina." e con questo mi buttò giù.
Perfetto, ora dovrò subirmi tutti i suoi problemi. Preferirei mille volte lavorare piuttosto che subirmi i suoi problemi. Ma gliel'ho promesso e non posso deluderla  ancora.

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