Capitolo 34

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Steph Pov
Lasciare Los Angeles era stata la cosa più difficile che avessi mai fatto in vita mia, ma sapevo benissimo che era la cosa giusta da fare.
Quando eravamo partite per New York Haley aveva deciso di portare anche Mackenzie dicendo che sennò le sarebbe mancata troppo.
Ma sapevo benissimo perché l'aveva portata, l'aveva portata per convincermi a essere anche io una mamma. Ma non aveva funzionato e lo sapeva.
Erano passati tre mesi, e in questi tre mesi, per quanto lui mi avesse chiamato e mandato messaggi su messaggi io non avevo mai risposto. Perché se avessi risposto so che ci sarei ricascata e che avrei cambiato idea sul bambino.
Per quanto le ragazze ci provassero io avevo preso la mia decisione.
Haley diceva sempre che Carter era pronto, che sarebbe stato in grado di essere un buon padre e che tornerebbe tutto come prima se gli rispondessi.
Solo che io non ho mai accettato quelle chiamate. Avevo bisogno di tempo, di tempo lontana da lui, e volevo che capissero questa cosa.
Tornare a Chicago per quel matrimonio, vedere le cause della mia partenza per New York sputare tutta la verità a Carter prima che potessi farlo io è stata una dura botta per me, ma allo stesso tempo mi ha fatto capire che forse avevamo corso troppo con la nostra relazione.
Guardando sua sorella e Dylan così felici ci eravamo illusi che sarebbe andato tutto bene anche per noi.
Ma per quanto io ci possa provare io non sono Haley e Carter non è Dylan.
Haley e Dylan avevano una relazione basata sulla lealtà e nonostante la distanza non avevano mai smesso di amarsi. Per questo per loro è stato tutto così semplice. Per questo, anche se Mackenzie fosse stata di Tom, lui sarebbe rimasto accanto a lei.
Invece io e Carter non siamo così. Non abbiamo mai avuto una relazione sincera e profonda come la loro.
Dylan non credeva nell'anima gemella, Haley sì ed è stata capace di fargli cambiare idea.
Carter non crede nell'anima gemella, io avevo smesso di crederci. Come si può portare avanti una relazione se nessuno dei due può far cambiare idea all'altro? Come puoi far parte di una relazione se nessuno dei due componenti crede nell'amore?
Ed è questa la cosa che ha incrinato il nostro legame.
Se uno di noi credesse nel vero amore e nell'anima gemella quello che è successo a Chicago sarebbe passato in secondo piano e non avrebbe avuto importanza. Invece è stato tutto il contrario.
Per questo motivo ho deciso di dare via mio figlio.
Un bambino dovrebbe crescere in un ambiente amorevole con persone in grado di saper trasmettere amore anche a lui in futuro. E io non sono quel tipo di persona.
Non voglio che mio figlio cresca come sono cresciuta io. Da sola, viziata e mai con un po' di calore e amore da parte dei miei genitori.
Quando mi accorsi di come ero cresciuta era troppo tardi per cambiare, ma mi ero ripromessa che non avrei insegnato ai miei figli le stesse cose che hanno insegnato a me.
Anche i genitori di Carter c'erano poco e non gli hanno trasmesso nessun tipo di sentimento.
Carter ha dovuto imparare a stare al mondo quando era un bambino, e ha dovuto farlo per far sì che sua sorella crescesse bene e con un po' di amore.
Infatti, a guardarli adesso, gli sforzi di Carter sono stati utili sia a lui che a lei.
E se lui ha iniziato a crescere quando aveva sei anni io, a vent'anni, non sono ancora cresciuta del tutto.
Per questo non riesco a vedere un futuro in cui mio figlio o mia figlia possano crescere bene.
Come possono farlo se la madre non è ancora cresciuta del tutto?
Per quanto riguarda lui sono convintissima che sarebbe un buon padre, ma adesso è troppo presto.
È presto per entrambi.
Non riuscirò a crescere in una notte. Per crescere e diventare matura ci vuole tempo, non si diventa maturi in qualche giorno.
Mi siedo sulla panca della finestra con la visuale su Central Park.
New York. Una delle città più belle in assoluto. Con tutte quelle luci, le catene di negozi più importanti e famosi, il traffico immenso e quelle milioni di persone che ogni giorno si incontrano casualmente mentre si avviano verso il posto di lavoro.
Studiare e vivere a New York era il mio sogno più grande, ma per amore avevo buttato via tutto.
Ora che però sono tornata qui ho intenzione di riprendere tutto da dove lo avevo lasciato.
Ho ripreso la casa dove vivevo con Haley e ho deciso di continuare gli studi al college.
Era ciò che volevo sin dall'inizio, e non lo lascerò di nuovo.
Smisi di guardare il panorama e mi concentrai sul saggio di scrittura creativa che avrei dovuto consegnare il giorno dopo.
Avevo praticamente perso un anno di studi e quindi quando i corsi erano iniziati mi sono ritrovata a fare il terzo anno.
Il saggio chiedeva di raccontare in maniera personale l'adolescenza e gli avvenimenti di questi anni.
Quando stavo leggendo ciò che avevo scritto mi vibrò il telefono. Carter.
Fissai per qualche secondo il telefono.
Quando smise di vibrare lo silenziai del tutto e, presa da un improvviso colpo di genio, cancellai tutto ciò che avevo scritto e iniziai da capo.
Ho 22 anni. E a ventidue anni compiuti mi sento una fallita completa che si comporta da sedicenne e si fa spezzare il cuore dal primo che passa.
E il motivo per cui lo fa è perché non ha mai avuto un vero periodo degli anni adolescenziali come gli altri.
Lo iniziai così e ci lavorai praticamente tutta la notte.
Quando la sveglia suonò mi ritrovai con il computer tra le gambe ed ero ancora sulla panca.
Controllai di aver inviato il saggio al professore e poi andai a fare la doccia e a cambiarmi.
Per andare al campus presi la metro e in dieci minuti fui lì.
Non vedevo l'ora di avere l'ora di scrittura creativa. Per la prima volta in vita mia ero soddisfatta per il mio lavoro e non vedevo l'ora di vedere un bel voto su quel saggio. Stavolta lo merito davvero.
Alla prima ora avevo chimica e quando entrai trovai Tom già seduto.
Il rapporto con lui era un pochino cambiato da quando aveva scoperto che Mackenzie era di Dylan e non sua e non avevamo più parlato molto.
Ma se volevo che tutto tornasse come prima dovevo riparare.
Mi avvicinai al suo tavolo "Ehi. Posso?"
Lui alzò la testa per vedere chi aveva parlato, fece un sospiro e poi annuì "Sì. Perché no?" disse con tono sfinito.
Mi sedetti accanto a lui e gli misi una mano sul braccio "Stai bene Tom?"
Alzata di spalla. Era da quando ero qui che non mi parlava.
"Tom per favore. È un mese che non ci parliamo, capisco che stai male ma io che ho fatto? Che ti ho fatto?"
Finalmente mi guardò "Niente Steph, non hai fatto niente!"
"Allora perché non mi parli?"
Abbassò lo sguardo di nuovo mettendosi a giocare con la penna "Parlami Tom! Parlami!"
Vedendo che non ricevevo nessuna risposta alla fine sganciai la bomba.
"Tom sono incinta." fermò la penna e mi guardò "Cosa?"
"Sono incinta."
Lui scosse la testa ridendo "Sai Steph, ci sono altri modi e altre cazzate per aprire una conversazione con un ragazzo."
"Pensi davvero che scherzerei su una cosa del genere?"
Alzò le spalle "Per quanto ne so potrebbe essere solo un modo per costringermi a parlarti."
"Su queste cose non ci scherzo. Guarda." mi alzai e tirai su la maglia larga che indossavo.
"In effetti mi sembrava brutto dirti che eri ingrassata." disse continuando a ridere.
"Sei un coglione. Se non ci credi oggi ho l'ecografia, vieni con me."
"Va bene. Verrò con te a fare l'ecografia." disse pensando che lo stessi prendendo in giro.
Dopo averlo detto arrivò il professore che si mise a spiegare.
La mattinata non passò mai, e quando finalmente fu mezzogiorno uscii dalla classe per raggiungere l'ultimo corso della giornata.
Il professore di scrittura creativa fu molto sorpreso dai nostri risultati e quando toccò a me e vidi la A sul saggio fui soddisfatta.
Dopo un'ora di lezione il prof ci congedò ma invece di farmi uscire mi fermò.
"Leggendo il tuo saggio sono rimasto molto colpito."
"Grazie."
"Ah.. Volevo solo dirti che non si cresce mai del tutto. Non sei l'unica a sentirti così, te lo assicuro."
"Lo so." in realtà non lo so e non ci credo nemmeno.
"Puoi andare."
"Grazie. Arrivederci."
Uscii dalla classe e mi avviai fuori dove c'era Tom che chiacchierava con un ragazzo della squadra.
Mi avviai verso di loro e dissi "Allora? Andiamo?"
"Sì." salutò il ragazzo e ci dirigemmo verso la sua macchina.
Appena entrammo mi guardò e disse "Sei ancora in tempo per dirmi che è una stronzata."
"Non è una stronzata. Portami all'ospedale imbecille, siamo in ritardo."
"Come vuoi." mise in moto e in venti minuti arrivammo in ospedale.
Appena entrammo nell'edificio una ragazza, che doveva essere una segretaria, mi chiese gentilmente se avevo bisogno di qualcosa.
"Ho un appuntamento per un'ecografia con il dottor Green."
"Nome?"
"Kene." guardò un foglio davanti a sé e poi mi sorrise "Certo. La sta aspettando. Ultima porta a destra."
"Grazie mille." mi rivolse un sorriso dolce e mentre stavo per andarmene Tom si avvicinò alla ragazza e disse "Ti ha pagata per fingere di avere un appuntamento, vero?"
"Cosa?" chiese lei confusa.
"Scusalo. È un povero cretino." dissi prendendolo per mano e trascinandolo verso lo studio.
Bussai alla porta e dopo aver sentito dire 'avanti' entrammo dentro.
"Salve, mi scusi per il ritardo. Ero a lezione."
"Non si preoccupi signorina. Si accomodi pure. Lei deve essere il futuro padre vero?"
"No, è un amico." dissi io prima che Tom aprisse bocca di nuovo.
Mi sdraiai sul lettino e il dottore mi mise un gel freddo sulla pancia e lo cosparse.
Dopo poco al monitor apparse la piccola immagine di una creaturina.
"Tom?"
Si voltò pensando di non trovare niente e sorrideva soddisfatto, ma quando guardò il monitor il sorriso si spense.
"Allora non scherzavi."
"Già." mi voltai verso il dottore "Quando crede che sarà possibile sapere se è maschio o femmina?"
"Da questa ecografia sembrerebbe un maschio, ma fino al prossimo o ai prossimi due mesi non sarà una cosa certa."
Gli sorrisi e mi diede della carta per pulirmi.
Tom nel frattempo era rimasto immobile.
"Ehm.. Che dici, vuoi tornare a casa o rimaniamo qui ancora per un po'?"
Scosse la testa come per risvegliarsi e annuì.
Rimase in silenzio fino a quando arrivammo davanti al mio condominio.
"Vorrei poterti parlare di questa cosa."
"Con me? Perché?"
"Perché, fino a prova contraria, sei il mio migliore amico. Non ci parliamo da tanto e abbiamo bisogno di rimediare." dissi sfoggiando uno dei miei sorrisi migliori.
Spense il motore e mi raggiunse nel mio appartamento.
"Questo posto ha troppi ricordi."
"Lo so. Arrivo subito. Tu fa come se fossi a casa tua."
Mi chiusi in camera e mi misi un pantalone comodo e una felpa gigante.
Quando tornai in sala Tom aveva in mano una birra.
Mi misi vicino a lui e gli strinsi la mano "Senti, so che sei ferito e che per te non è stato facile ma io ti voglio bene. Sei la prima persona ad avermi accolto qui e ti ho sempre considerato come un fratello. Tu sai tutto di me e io so tutto di te. Potrà mai tornare tutto come prima?"
"Era già tutto come prima e lo sarà sempre. E anche se diventerai mamma sarai sempre la stessa stronza." disse sorridendo.
"Beh, parlando di questo.." mi interruppe chiedendomi di raccontargli tutto ciò che era successo a Los Angeles e lui mi raccontò cosa era successo qui.
Una tipa che aveva scoperto che era single lo perseguitava ovunque "Piccola non sai quanto mi spaventa."
"È carina?"
"Sì. Ma non è il mio tipo. È troppo appiccicosa."
"E che vuoi fare?"
"Adesso che la mia piccola, la mia più grande amica è qui, magari potrebbe aiutarmi."
"Va bene. Che devo fare?"
"Fingi di essere la mia ragazza."
"Che cosa?"
"Lo hai detto anche tu! Mi conosci benissimo e io conosco benissimo te! E poi se lo chiedessi ad un'altra saresti gelosa."
"Questo non è vero."
"Per favore."
"Va bene Tom. Ma non ci provare."
"D'accordo. Parlando di te.. È di Carter?"
"Sì. Ma ci siamo lasciati.. Cioè, l'ho lasciato e non ci parlo da qualche mese." gli raccontai ciò che era successo tra noi due e alla fine mi disse "E il bambino? Come farete?"
"Lo do in adozione."
"E lui che ne pensa?"
"Non è molto d'accordo. Ma non mi interessa. Ho già trovato delle coppie disposte a prendersi cura del bambino o della bambina, e quando saprò se è maschio o femmina deciderò a chi dare mio figlio."
"Steph è anche figlio suo!"
"Sì, ma ha ventidue anni, e un bambino potrebbe cambiargli troppo la vita. E poi non voglio che si senta legato a me per forza."
"Non deve esserlo infatti. Se non volete stare insieme non stateci. Ma non decidere anche per lui."
"È meglio per entrambi Tom."
Fece un respiro profondo e disse "Va bene. Se hai bisogno di me io sarò qui con te." mi abbracciò "Grazie." dissi ricambiando il suo abbraccio.
"Credi che riuscirò mai a parlare con Haley e a farmi perdonare?"
"Non lo so. Prima o poi verrà qui, parlaci e vedi se ti perdonerà."
"Non voglio fregarla a Dylan e non volevo fare problemi con la storia della bambina. È solo che ero in ansia, avevo visto apparire tutto così in fretta e ho pensato fosse la cosa migliore da fare. Voglio solo tornare ad essere suo amico, come quando è arrivata qui."
"Lo so. E lo sa anche lei. Solo che anche lei si è fatta prendere dall'ansia e non ha ragionato con la testa. Fai passare un  po' di tempo. Ti perdonerà e tornerete amici, sono sicura di questo."

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