Capitolo 11

207 4 0
                                    

Steph Pov
Era sera. Stasera sarei uscita con il fratello di Haley. Sarei uscita con il ragazzo che mi aveva fatto sentire una stupida perché mi ha sorriso.
Pensai tutto il giorno a quello che sarebbe successo stasera pensando a qualcosa che mi avrebbe fatto vedere Carter come uno qualsiasi.
Ma quando lo vidi davanti al ristorante il mio piano era andato a puttane.
Haley decise di mettersi davanti a Carter, così da poter far qualcosa in caso avesse detto qualche cazzata.
Non avevo mai avuto un appuntamento a quattro con una persona che non avevo mai frequentato, questa era la prima volta per me.
Non mi aspettavo una serata perfetta ma non pensavo nemmeno che potesse andare così male.
La cameriera guardava solo Carter e lui l'assecondava ogni volta facendo delle battute oppure facendole dei complimenti.
Mi sentii di troppo per tutta la sera e Haley se ne accorse.
"Vieni Carter andiamo a pagare su." Disse alzandosi prendendolo per un braccio.
"Non è come ti aspettavi vero?"
Scossi la testa "Va tutto bene."
"Carter è fatto così Steph. È strano."
"Come fai a conoscerlo così bene?"
"È stato con mia sorella per un po di tempo, ma posso assicurarti che è la prima volta che lo vedo così perso."
Lo guardai stupita "Lo vedi perso? Ma se non ha fatto altro che flirtare con la cameriera per tutta la sera!"
"Beh, lui voleva uscire da solo con te, non di sicuro con la sorella che lo controlla per la minima cazzata che dice."
"Sì ma.."
"Fidati."
Haley e Carter uscirono dal ristorante e lui disse "Okay ora ci dividiamo un pò finalmente."
Guardai Christian che sorrideva, forse allora aveva ragione.
Seguii Carter e rimanemmo in silenzio per un pò, non sapevo proprio che dire.
"Mi dispiace, non volevo comportarmi così da cretino, ma era più semplice fare così che dire la cosa sbagliata e magari ferirti." Esclamò lui a un certo punto.
"Non.. non preoccuparti."
"Io speravo di poter uscire solo con te, non con loro. Non sono abbastanza adatto per gli appuntamenti a quattro."
Sorrisi "Non sei l'unico. Potevi ribellarti."
"Non posso farlo con lei."
"Perché?"
"È una storia complicata e forse non apparirei più come ti sembro adesso."
Mi fermai e si fermò anche lui "Non preoccuparti. Tu non sai come ti vedo io."
"Non hai tutti i torti." Mi guardò fisso negli occhi per qualche secondo e poi disse "Va bene. Ma forse è meglio sederci da qualche parte. È un po lunga la storia."
Annuii e dato che eravamo vicine al dormitorio lo feci entrare nella stanza e ci sedemmo.
"Allora. Da dove iniziare?" Chiese con un sorriso nervoso e passandosi una mano tra i capelli.
"Dì quello che senti. È la cosa più semplice." Mi guardò e annuì abbassando la testa.
"Sai forse non sono cose che capitano tutti i giorni e forse, anzi, di sicuro, io non ti sembrerò mai quel tipo di persona, ma io tengo davvero tanto a lei." Alzò la testa e mi guardò, io lo incitai a continuare.
"Sai i miei genitori non erano mai in casa e vabbe, io non ero così tanto grande per potermi occupare di una bambina ma ci provai lo stesso. Io avevo solo otto anni e lei ne aveva sei. I miei genitori non mi hanno dato un insegnamento vero o proprio su come si va avanti, loro puntavano solo a farmi diventare perfetto, ma a me non piaceva quello stile di vita. Per questo quando mi dicevano 'Bada a Haley' io le insegnavo tutto il contrario di quello che i miei insegnavano a me. Sono cresciuto insieme a lei e ho provato in tutti i modi a darle tutta la felicità del mondo." Lo ascoltavo in silenzio, aveva ragione. Anche se non mi aveva ancora raccontato tutto non era una cosa che ti aspetti da uno come lui.
"E così crescendo ho pensato che quello che insegnavo a lei dovevo farlo anche io. Iniziato il liceo ero diventato un casino totale e i miei,  vedendo che anche lei stava diventando così, decisero che doveva frequentare persone e scuole diverse dalle mie e così incontrò un ragazzino perfettino e pensai che si fosse dimenticata di me. Per il suo sedicesimo compleanno ebbi un'idea. La portai a un concerto e le feci conoscere il cantante della band e in quel momento, quando vide che avevo fatto tutto questo per lei riuscii a capire che non si era dimenticata di me." Si fermò così, segno che quello che avrebbe detto dopo non sarebbe stato positivo.
"Quando tornammo a casa era tardi, per strada non c'era nessuno, o almeno quasi nessuno. A un incrocio un coglione non rispettò il semaforo e beh.. Non finì bene. Ci prese in pieno e quel solo momento che avevo avuto lo usai per non farle fare del male e salvarla." Rimasi senza parole. Aprii la bocca e quasi sussurrando dissi "E tu?"
"Io sono finito in coma per quasi due anni e mi sono svegliato nemmeno tre mesi fa." Lo guardai, speravo che mi stesse prendendo in giro ma invece no. Avevo dato troppo per scontato questo ragazzo. Aveva ragione, parlandomi di questo avrebbe cambiato il modo in cui lo avrei visto, ma aveva cambiato tutto in modo positivo, per quanto in questa storia l'unica cosa positiva che c'era è che lui ora fosse qui.
"Carter io non pensavo niente di questo. Mi dispiace veramente tanto."
"No, ho visto come mi guardavi prima nel ristorante e mi sono sentito veramente un coglione. Dai ho parlato solo io, raccontami qualcosa."
Mi passai una mano tra i capelli e dissi "Può sembrare una cosa banale in compenso a quello che mi hai detto tu ma voglio essere sincera." Presi una ciocca "Questo non è il mio colore di capelli naturale. Io sono una bionda platino."
"E perché il rosso?"
"Avrei voluto farli neri, ma quel giorno avevano finito il colore nero al negozio e quindi presi il rosso. La mia era una specie di rivolta. Posso sembrarti cretina perché mi ci sono sentita anche io, ma il dolore porta a fare delle grandissime cazzate."
Annuì "Purtroppo ne sono consapevole."
Sorrisi "Beh, è difficile da spiegare."
"Provaci." Lui si era confidato, dovevo farlo anche io.
"Due anni fa, così di punto in bianco, mia madre se ne è andata. Credo che ricorderò quella serata per sempre." Non so da che punto ma Carter mi prese la mano e la strinse.
"Quella sera ero a una festa. Era un venerdì sera di maggio. Lo ricordo ancora benissimo. Erano quasi le quattro ed ero in ritardo clamoroso. Quando aprii la porta trovai mia madre sulle scale e io pensavo che fosse lì per urlarmi contro, ma non avevo visto le valigie per terra. Solo quando accesi la luce vidi che lei era perfettamente impassibile e notai le valigie. L'unica cosa che mi disse fu 'Mi dispiace. Non ci riesco.'. Quelle furono le ultime parole che ho sentito da lei. Se ne andò via mentre io rimasi lì sullo scalino sperando che fosse tutto un sogno, ma non fu così. Quindi detto ciò è da due anni che non la vedo e che non ci parlo." Lui era la prima persona a cui avevo raccontato tutta la storia. Nemmeno Evan e Jay sapevano la verità su questa storia.
Non so cosa mi ha spinto a dirgli tutta la storia, ma stavolta, anche solo guardandolo, avevo capito che di lui avrei potuto fidarmi davvero.
"Dirti che mi dispiace sarebbe troppo scontato e lo sappiamo entrambi, quindi non te lo dirò." Ecco ora mi sentivo un'idiota. Perché sei così stupida Steph? Perché?
"Non era per offenderti sia chiaro, è l'ultima cosa che vorrei. È solo che è  una cosa scontata dire mi dispiace, soprattutto in queste occasioni." Mi prese una ciocca di capelli "Ma mi domando una cosa. Perché rovinarsi per una persona che nemmeno ti merita?"
Sollevai le spalle "Perché a volte rovinarsi è la cosa più semplice da fare." Dissi riferendomi sia a mia madre sia a Evan.
Annuì "Lo so. Ci sono passato. Ma di solito questi sono dei buoni momenti per dimenticare e per ricominciare da capo una volta per tutte."
Lo guardai, forse aveva bevuto.
"Sei intelligente. Perché quando, beh hai capito, non ti sei iscritto a un'università o qualcosa del genere?"
Rise "Ma ti sembro il tipo?"
"E perché io ti sembro la ragazza universitaria?" Dissi ridendo e facendo ridere anche lui.
"Infatti mi stavo giusto chiedendo come ho fatto a trovare una persona così in un posto simile."
"La vita universitaria era obbligatoria."
"Perché?"
"Perché mio padre è il rettore dell'università."
"Oh adesso capisco. Ma non ti giudico tranquilla, io sono messo nella stessa situazione. Se lavoro è solo perché mio padre mi ha obbligato a lavorare nella sua azienda."
Sorrisi ma questa conversazione con lui mi aveva un pò fatto tornare nel passato.
"Non dovevo chiederti quelle cose."
"No tranquillo io.."
"Dai che trovo il modo per farti ridere." Disse alzandosi cercando nella valigia di Haley qualcosa.
Tirò fuori un foglio e lo aprì "Lo sapevo che quella stronza se lo era portato dietro."
"Non parlare male di lei su."
"No ne parlo male perché quella cretina da quando ha trovato questo foglio mi umilia e se lo tiene per riderci perchè è l'unica volta che ho fallito nella mia vita. Ma non ti permetto di riderci." Esclama sedendosi accanto a me "Prometti che non riderai."
Alzai le braccia "Promesso."
Mi passò il foglio e per quanto ci provai non riuscii a non riderci.
Mi sdraiai sul letto e mi misi una mano sulla bocca continuando a ridere.
"Sisi ridi vai. Prima o poi scoprirò qualcosa di talmente imbarazzante su di te. Te lo giuro, quando lo troverò ti prenderò in giro per così tanto tempo che non vorrei più vedermi."
Non riuscivo a smettere di ridere, non riuscivo a prenderlo sul serio.
"Va bene basta adesso." Disse tirandomi su e avvicinandosi alla porta "Te ne vai?"
"Mi prendi in giro." E io risi ancora "Io scherzo. Sei tu che volevi che ridessi."
"Giusta osservazione ma è che devo tornare a Los Angeles e non posso permettere che una ragazza rida di me."
"Non succederà più. Lo giuro." Dissi mettendomi una mano sul cuore.
"Sono stato bene con te, davvero. Vorrei rimanere qui ma non posso. Tranquilla tornerò presto, e la prossima volta sarò io a ridere."
"Ah ah ah. Che simpatico." Dissi ormai sulla porta "Allora ci vediamo."
"Non vedo l'ora." Mi avvicinai e gli diedi un bacio sulla guancia.
Se ne andò via e potrei dire che mai nella vita avrei mai pensato di poter stare così bene. Non era successo niente di che, avevamo solo parlato, ma non potevo chiedere niente di meglio.
Quando andai verso la mia scrivania bussarono alla porta e pensai che fosse Haley che si era scordata le chiavi ma invece appena aprii mi ritrovai davanti Carter "Ho dimenticato di fare una cosa." E senza lasciarmi il tempo di chiedergli il significato di quella frase si avvicinò e mi baciò. Ma non fu un bacio come tutti gli altri, questa volta fu tutto diverso e fu tutto stupendo.
"Meglio adesso." Disse quando si staccò sorridendo.
Rimasi sulla porta con un sorriso sul volto come una cretina fino a quando vidi Haley passarmi una mano davanti al viso.
"Che ti succede Steph?" Chiese felice e curiosa di sapere cosa era successo.
"Credo che ci sia una piccola possibilità che tuo fratello mi piaccia un pò."
"E da cosa lo hai capito?"
"Non è successo niente di che. Abbiamo parlato, mi ha detto dell'incidente e io, per la prima volta dopo anni che non lo facevo, ho sentito il bisogno di parlare di quello che ho passato."
"Deve aver capito qualcosa anche lui allora. Non ha mai parlato con nessuno di quell'incidente, tu sei la prima persona oltre a me a sapere come stanno le cose. Vuol dire che si fida Steph, e tu ti fidi di lui."
"E non ti da fastidio?" Le chiesi sperando che mi facesse mantenere i rapporti, si come se esistessero, con suo fratello.
"Ma sei impazzita? Tu potresti essere l'unica fidanzata di Carter che riesco a sopportare e che è abbastanza coraggiosa e forte da sapergli tenere testa. Non c'è niente di più perfetto!"
Okay forse aveva preso troppo sul serio questo appuntamento tra me e suo fratello.
"Haley calma, siamo usciti una volta sola e stai già pensando a me in coppia con lui."
"Dai come se non ti piacesse l'idea."
Beh, non posso dire che non sia vero però forse lei sta correndo troppo.
"Può darsi. Ma ti dico una cosa, a volte però avere lo stesso atteggiamento non è così tanto utile. A volte è meglio avere un carattere diverso Haley."
"Fidati, se avessi avuto lo stesso carattere di Dylan avrei affrontato meglio la scommessa e forse sarei riuscita anche a perdonarlo. Essere più deboli dell'altra persona spesso può essere problematico. Ascoltami Steph, dammi retta. Se mai uscirai con lui ancora non perdere mai il carattere che hai perché non sarà bello quando ti accorgerai che loro sono solo tanto imbecilli."
"Sì lo so, ma prova a fidarti di me. Io ho avuto tanti problemi, soprattutto in questi mesi. Non voglio prendere le parti del tuo ex sia chiaro, ma almeno lui è stato abbastanza sincero di dirtelo."
"Cosa intendi dire con questo?"
Sospirai "Almeno lui teneva a te anche quel poco per dirti cosa aveva fatto e non ti ha rovinato uno dei giorni più importanti della tua vita."
"Perché mi dici questo?" Chiese sedendosi sul letto "Steph cosa è successo davvero tra te e il tuo ex?"
"Facciamo così. Io ti dico tutto ma queste cose non si affrontano senza un aiutino. E mi sento cretina perché quando hai letto quella lettera non l'ho fatto." Sembrò confusa e aprii un armadietto che avevo trasformato in un piccolo frigorifero portatile dove ci tenevo i gelati.
"Che gusto vuoi?"
"Crema." Presi due barattoli e due cucchiai e mi misi sul mio letto a gambe incrociate e le diedi il gelato.
"Da dove iniziare?" Chiesi mettendo il cucchiaio nel barattolo e girandolo per scioglierlo un po. Le dissi di mia madre e del male che aveva lasciato in me e poi iniziai a raccontarle di Evan.
"Avevamo quattordici anni quando io e Evan ci siamo messi insieme. Mi aveva aiutato tanto nel corso del tempo ma quando decisi di farmi i capelli rossi diventai una ragazza cattiva e presi la cotta che avevo per il suo migliore amico come un divertimento. Quando però mi accorsi che stavo solo buttando via una relazione chiusi con il suo migliore amico e sembrò andare tutto bene. Gli dissi di New York e non andò come mi aspettavo."
"Cioè?"
"Cioè che non gli dava così tanto fastidio la mia partenza, ma pensai che fosse solo una mia idea. Qualche minuto prima del discorso, che tra l'altro avrei dovuto fare io, sentii delle voci e per quanto Jay avesse provato a fermarmi io non lo ascoltai e vidi Evan con una delle solite cheerleader puttane che si stavano 'impegnando' tra i cespugli." Rimase in silenzio "Capisci perché un pò prendo le difese di.. Come si chiama?"
"Dylan."
"È per questo che sto prendendo un pò le difese di Dylan. Perché almeno lui te lo ha detto Haley. Lui ha rischiato di perderti, e ti ha perso, ma almeno lui lo ha fatto. Evan non è stato nemmeno in grado di dirmi 'Steph ti ho tradito!'"
"Sì, forse hai ragione per questo. E tu glielo hai detto di te e del suo amico?"
"Sì. Dopo avergli tirato uno schiaffo gli urlai diretto in faccia che lo avevo tradito."
"Almeno tu ti sei comportata da persona forte."
"Sì. Ho fatto il discorso di commiato più orribile del mondo." Dissi ridendo mangiando il gelato.
"Mi dispiace tanto Steph. Sul serio."
"Anche a me."
"Hai detto anche questo a mio fratello?"
"No. Magari più in là."
Annuì "Credo che adesso potrei anche dormire in pace." Esclamai ridendo.
"Idem."
Posai i barattoli nel frigorifero e andai a dormire senza smettere di pensare per un attimo a Carter.

You are my disasterDove le storie prendono vita. Scoprilo ora