Dieci

114 8 0
                                    

"Com'è che vivi qui?" domandai, seduta nella stessa posizione di quando mi sedetti sul suo letto. Lui bevve un sorso, staccò il collo della bottiglia dalle sue labbra in modo talmente sensuale da farmi venire la bavetta e rispose: "i miei mi hanno mandato qui. John è un amico di mio padre" spiegò. Io annuì, "perciò non vuoi far sapere a tuo padre che hai una relazione con una donna...della sua età...?" Cercai di indovinare, rendendo la mia voce sussurrante ancor più bassa e incrinata.

"Hai una voce ancor più strana ora che ti è scesa" rise leggermente, assottigliando gli occhi e increspando le labbra scarlatte. Sembrava così puro mentre rideva di me. "Comunque non ha la sua età, è più giovane." Io aggrottai le sopracciglia e aspettai da lui qualche altro dettaglio che velocemente venne: "mio padre ha 57 anni, lei ne ha 43."

"Oh" dissi sollevata, "pensavo fosse più vecchia. Come quel ragazzino che sta con la Lollobrigida che ha novant'anni. Strano" giudicai. "Anche mia madre ne ha cinquantasette" commentai, intromettendomi nel discorso. "Comunque" cantilenai, la voce raschiata e bassa che mi fece sembrare una malintenzionata, "so che non dovrei dire nulla perché tu non ne vuoi parlare ma perché contatti tua madre tramite la mia?"

"Farò finta di non averti sentito" sorrise, un sorriso così vuoto e vitreo da farmi spavento. Io gonfiai il petto di aria, donandogli un ghigno sghembo. Mi dimenticai, momentaneamente, dove fossi seduta ma quell'attimo bastò per farmi indietreggiare con la schiena con la volontà di appoggiarmi contro qualcosa e cadere come una tartaruga sul guscio. Cadetti sbattendo la testa sopra alle mattonelle, la schiena contro il freddo pavimento, le braccia alzate verso il cielo con il tentativo di afferrare qualcosa per salvarmi e le gambe appoggiata, parzialmente, al materasso. Mentre scivolavo vidi Mike, gattonare velocemente verso la mia direzione, ma quando arrivò, io ero già a contatto con il terreno.

"Puttana eva" imprecai mettendomi una mano sotto la testa dolorante. Mi scappò una risatina mentre mi sfregavo la testa. Mike si alzò dal letto da prima serissimo ma quando dall'alto mi vide distesa inerme rise insieme a me, inginocchiandosi al mio fianco. Mi diede una mano a mettermi seduta, tenendomi la parte alta della schiena, nel mezzo fra le scapole, con le mani. Io mi tenni la testa con la mano sinistra mentre sentivo la schiena scricchiolare come un legno marcio. "Sono da rottamare."

Lui non disse niente, si posizionò dietro di me, mi tolse la mano dalla testa e scansò i capelli. "Pensavo avessi la testa più dura" scherzò, passando le dita sul punto dolorante. "Aspetta" intimò mentre si alzava, "vado a prendere dei cerotti o qualcosa per fermare il sangue. Sono sorpreso che tu non abbia rotto una mattonella." Mi venne da ridere, poi osservai la mia mano con le dita sporche di sangue e rividi le mie priorità: prima di tutto entrare in panico, poi ridere delle mie disgrazie.

Continuamente toccai il punto dolente per poi rivedere le mie dita e osservare il sangue cercando di capire se si fosse fermato o continuasse a scorrere. Rimasi seduta per terra con le gambe rette che finivano sotto il letto matrimoniale. La porta si aprì improvvisamente e si richiuse con il piede di Mike che portava con sé un kit del pronto soccorso. Mise la valigetta sul ciglio del letto e si inginocchiò dietro di me, poggiandosi con le mani, leggermente sulle mi spalle. Scannerizzò la mia testa tastandola mentre chiedeva: "non ho capito come sei caduta." Risi nervosamente: "pensavo di essere da un'altra parte" ammisi. Rise leggermente, "passami il kit." Io mi allungai, lo presi e aprì la scatoletta di metallo sulle mie cosce, "cosa desidera dottore?" scherzai. "Bisturi" rispose lui velocemente e con un tono basso.

Risi alzando la testa il più possibile, finendo per guardarlo. Le sue mani mi reggevano ancora e il suo viso si abbassò per guardare il mio, "cotone? disinfettante? cerotti?"

Il suo sguardo si abbassò per un secondo sulle mie labbra mentre parlavo. Non essendoci fra di noi un certo legame o una relazione, se non l'avessi visto non ci avrei creduto, ma era proprio sopra di me e io fissavo il suo sguardo, non mi ero persa nemmeno un battito di ciglia. "Disinfettante" il tono scherzoso svanì dalla sua voce. Abbassai la testa per prendere la bottiglietta di plastica con il liquido verde. Non avevo la minima idea di come si dicesse in inglese, quindi le etichette mi sembravano tutte uguali, ma ero abbastanza sicura che fosse quello. Glielo porsi. "Cotone" continuò gli ordini come se fosse davvero un dottore di quelli rinomati che appena pronunciava un ordine, tutto il plotone d'esecuzione era pronto per servirlo e riverirlo nel miglior modo possibile. Lo presi e glielo passai. "Abbassa la testa" ordinò e lo feci, fissandomi le tette, chiedendomi stupidamente se preferiva qualcuna rigogliosa o piatta. Se gli piacevano quelle con il seno piccolo, timido e carino, io non facevo per lui. Avevo una quarta.

The bird has flown awayDove le storie prendono vita. Scoprilo ora