A fine puntata fui chiamata da un operatore a restare. Mi voltai in panico verso gli altri, chiesi aiuto con gli occhi ed espressamente dicendo: "mi vogliono menare, aiutatemi!" Avevo una strana e bruttissima paura di finire malmenata dietro un vicolo buio e sporco da Maria De Filippi, dato che mi ero intromessa durante il programma e avevo preso il mio spazio - che mi avevano dato anche loro.
I miei amici dovettero uscire come il resto del pubblico e piansi internamente quando scesi e finì con i piedi a calpestare il pavimento blu con la scritta "Amici". Amici, amici e poi ti menano e non lo dici.
Agitata iniziai a giocherellare con l'anello di Ganesh che avevo trovato a 5 euro in un mercatino dell'usato qualche mese prima. Mi mordicchiai l'interno guancia, fissando distratta un nome sopra la cattedra dei ballerini, quello della Celentano, il che mi mise ancora più ansia. Sospirai alzando il viso e fissando il soffitto, mi sembrò mi stesse cadendo addosso e non riuscivo a muovermi. Vi erano ancora degli operatori che stavano lavorando e parlottavano fra di loro, lasciandomi in pace sopra quella scritta, lasciandomi torturare dai miei pensieri.
Non durò molto l'attesa. Erano solo una manciata di minuti ma mi sembrarono ore infinite. La vidi entrare nello studio. Si era cambiata, dal suo pantalone e blusa elegante era finita in jeans e maglioncino, con le scarpe da ginnastica basse. Mi si piazzò davanti. Non sembrava una cattiva persona ma mi gonfiai il petto e mi coprì la guancia prima che potesse colpirla. Strinsi le palpebre sperando in una tortura breve, ma quando la sentì ridacchiare aprì gli occhi confusi. "Cosa c'è?" chiese. Sbattei le palpebre, interdetta. "Non mi vuole schiaffeggiare?"
Fece quel suo sorriso che finiva spesso nella pubblicità dei suoi programmi, dal vivo sembrava ancora più famigliare e caldo. "Non lo farei mai!" esclamò, "volevo solo parlarti." Aggrottai le sopracciglia ed annuì aspettando che continuasse, ero ancora sorpresa dalle sue buone intenzioni.
"Mi sei piaciuta" iniziò ed un "che?" mentale ed in falsetto si sprigionò nella mia testa. "Volevo offrirti un posto di lavoro qui negli studi di amici. Sembri una persona sveglia e sincera, c'è sempre bisogno di persone come te. Ci sono posti vacanti dall'inizio di questa edizione di amici, ci servirebbe qualcuno che aiuti in segreteria e i ragazzi."
"Che?" ripetei ad alta voce nello stesso modo in cui l'avevo pensato. Prima di rispondere feci passare un minuto di silenzio in cui pensierosa cercavo di processare e capire quello che mi aveva appena detto. Avevo passato mesi e mesi alla ricerca di uno straccio di lavoro, finendo per pulire l'ospedale e ora stavo avendo una proposta da Maria in persona che mi stava facendo la grazia. Com'era esattamente possibile? Stavo sognando?
"Ti volevo offrire un posto di lavoro" continuò lei cercando di decifrare la mia confusione.
"Mi scusi eh, è solo che sono confusa...cioè, perché io? Sono ovviamente felice e mi sento come benedetta, ma anche...interdetta." Non riuscivo a togliermi quel cipiglio dal viso. Non capivo davvero, era tutto così strano e surreale.
"Mi sei piaciuta" replicò solo. Quindi bastava solo entrarla in simpatia e ti guadagnavi un lavoro in qualche redazione di qualche suo programma? Meraviglioso. Era come la mafia, ma una versione blanda e pacifista. Più Maria per tutti - e meno per Andrea.
"Oh" riuscì solo a dire, "okay, la ringrazio, davvero, cioè, okay" farfugliavo. Ero rimasta scioccata e senza parole ed io solitamente ero quella logorroica che parlava anche quando non aveva nulla da dire.
"Se è una risposta positiva, ti faccio accompagnare da Franca nel suo ufficio per firmare e leggere il contratto." La mia bocca si dischiuse, così semplice? Avevo già il contratto e manco sapevano come facevo di cognome?
Io annuì. Improvvisamente il mio corpo fu scosso da una scintilla di entusiasmo, "certo che sì!" esclamai, "andiamo dalla signora Franca!"
Lei rise divertita e mi lasciò nelle mani di questa signora con i capelli boccolati e corti. Prima di andarsene mi strinse la mano e mi diede il benvenuto negli studi Elios. Mi ero anche io innamorata di Maria come il resto della popolazione italiana.
La signora Franca era bassina, leggermente robusta e vestita di colori blandi: grigio, rosa antico. I capelli erano castano chiaro, quasi biondo cenere, corti e con i boccoli, il viso quadrato era luminoso e le labbra fine erano fisse in un sorriso cordiale. Andammo al quarto piano, dove vi erano vari uffici. Entrammo nel suo tramite una porta bianca che diceva "segreteria amministrativa" e subito dopo il suo nome: Franca Vizzi.
Il suo ufficio era bianco, con la scrivania beige, un armadio grigio aperto riempito da carte e fascicoli, una lampada e qualche altro ghirigoro qua e là. Sulla scrivania vi erano delle foto che rappresentavano sempre le stesse persone: un signore adulto, un uomo, una donna e due bambine delle elementari circa.
Dietro la sua postazione vi erano poster motivazionali, un gatto appeso alla corda che ci ricordava che potevamo farcela.
I suoi occhietti piccoli si distaccarono dal display del computer per puntarsi su di me: "Noemi, mi potresti fornire il tuo cognome?"
Annuì prima di dire "Bartolini" e ricevere come risposta: "come il corriere." Sorrisi divertita, ricordandomi subito Andrea e il nostro primissimo incontro in classe.
"Data e luogo di nascita?" Continuò.
"16/10/97, Guastalla, Reggio Emilia."
"Bene" annunciò, qualche secondo dopo sentimmo il rumore della stampante azionata e velocemente ne uscirono tre fogli, che lei pinzettò e me li diede. "Il contratto è pronto" enunciò con un sorriso.
Adoravo questa signora Franca.
Lo lessi velocemente, c'erano fin troppe clausole e non riuscì a starci dietro: volevo solo firmare e concludere quella grande opportunità che mi era stata data prima che il datore di lavoro si accorgesse di aver fatto una cazzata ad assumermi per non avevo ancora capito che posto.
Firmai, quattro firme, una leggermente diversa dall'altra. Non mi uscivano mai del tutto simile tanto che sembrava che qualcuno altro avesse firmato a posto mio.
Strinsi la mano a Franca prima di andarmene.
"Bene" pronunciò, "per il primo mese hai diritto a vivere nel residence, a paga mensile però sei costretta a trovarti un posto tuo. Inizierai già da lunedì" mi informò e io velocemente cercai di capire come potermi organizzare: non avevo detto nemmeno nulla a mia madre. Ero sicura che sarebbe stata felice per me, in quanto odiava che io facessi le pulizie, ma ero anche abbastanza certa che aveva bisogno di un preavviso per metabolizzare la notizia e il mio distacco dal nucleo famigliare, così come ne avrei avuto bisogno io.
Uscì saltellando e una volta arrivata nel corridoio chiamai subito mia madre per metterla al corrente. Sembrò felice ma mi liquidò dicendomi che a casa avrebbe voluto sapere meglio tutto, per far sì che io non incappassi in una fregatura.
Uscì con una copia del contratto fra le mani. Gli altri mi aspettavano fuori dal cancello e saltellando andai verso di loro, sventolando quei fogli come un premio.
"Che ti ha fatto?" Chiese subito Andrea, "ti ha drogato?" Ironizzò. La mia uscita da bianconiglio dalla tana poteva averlo scombussolato ma ero fin troppo felice.
"Mi ha offerto un lavoro" risposi, cercando di sembrare calma ma loro in coro replicarono con un "CHE?!" Confuso.
"Lavorerò per il talent show Amici" spiegai io con diplomazia cercando di assumere una voce da gentildonna.
"Che?" Continuò Anita con la voce da alticcia.
"Ho davvero un lavoro" replicai, quasi più a me stessa che a lei, "qui, a Roma". L'idea di lasciare i cessi mi emozionava.
"Vai via quindi?" Chiese Alberto, "sono e siamo tutti davvero felici per te, ma tutta questa distanza..." lasciò comprendere che se già ci vedevamo poco così non ci saremmo visti per nulla.
"Mi manca tantissimo non avervi sempre intorno come ai tempi della scuola" ammisi, "ma devo e voglio cogliere questa opportunità. Salgo ogni quando posso e spererò di trovarvi liberi. Avete e state facendo fin troppo per me, vi voglio bene, davvero, e sono sicura che starò malissimo senza voi ma devo iniziare a pensare alla mia vita."
Loro annuirono. "Dai" commentò L'Anita, "ci vedremo ogni volta che riusciamo, okay?"
"Di certo non ci perderemo di vista" affermò Andrea convinto.Salve.
Questo capitolo è pura finzione, i know.
Scusate per gli errori presenti nel capitolo che ricontrollerò - prima o poi, perché devo rivedere anche gli altri capitoli e i capitoli si impilano e io non controllo mai.Grazie a tutte quelle che leggono questa storia. Siete belle belle belle belle persone e mi fate sorridere. 🌹❤️
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The bird has flown away
Teen FictionIn una gita scolatica a Cardiff, Noemi, incontrerà Mike Bird, aspirante cantante. Intraprenderà con lui una sorta di amicizia che finirà ufficialmente il giorno del suo ritorno in Italia. Si porterà dietro, per mesi, l'umiliazione della conoscenz...