"E gridi gridi gridi quanto mi odi" cantai insieme ad Rkomi mentre pulivo il mio monolocale.
Il bello di vivere in una stanza ristretta erano proprio le pulizie. Più veloci ed indolori.
Il brutto era il riscaldamento nel pavimento che richiedeva una pulizia assidua. Ero una di quelle persone fissate con il pulito ma ultimamente tornavo a casa stanca e l'unica cosa che avevo voglia di fare era dormire - se ci riuscivo.
"E gridi gridi gridi quanto mi manchi" continuai, usando il manico della scopa come microfono.
Dovetti fermarmi dal dare il meglio di me con le mie corde vocali solo perché il cellulare vibrò qualche secondo nella tasca della mia tuta slabbrata.Quando sei libera?
Ho voglia di vederti, babe (il maialino)Sorrisi spontaneamente leggendo il messaggio di Andreas.
Il sorriso morì sul mio viso quando il numero, che un paio di giorni prima mi aveva inviato quel dolce messaggio sul "ti ricordavo più grassa" - che potevo comunque prenderla positivamente pensando che fossi dimagrita da quando codesta persona mi aveva visionato - mi chiamò."Pronto?" Era una propria e vera domanda la mia, come se con quel pronto cercassi di chiedere, in modo cortese, "chi minchia sei?"
"Non rispondi mai ai messaggi?" Chiese. La voce strafottente e famigliare. "Eppure so che ad Andreas rispondi."
"Mike?" Domandai di rimando, sorpresa e anche scocciata nel sentirlo. Forse - e ripeto forse - avevamo posto una fine alla nostra guerra di trincea ed odio, ma questo non voleva dire che mi stesse simpatico. Ogni volta che sentivo la sua voce ricordavo solamente i brutti momenti passati con lui o che lui mi aveva fatto vivere.
"Yes babe" rispose con saccenza nella sua voce, utilizzando un accento fastidiosamente inglese.
Dio, come diavolo era fastidioso.
"Che vuoi? Avrei da fare, sai com'è" poggiai la scopa contro il muro ed iniziai a camminare avanti ed indietro aspettando che il mister avesse il buon cuore di dirmi che volesse.
"Devi uscire con Andreas?" Rise, da solo. Lasciai stare la domandina che voleva sembrare cattiva e giudiziosa perché mi interessava piuttosto poco cosa lui ne pensasse di me ed Andreas. Non stavamo ancora insieme ma forse ci eravamo vicini.
"Sto pulendo. Dai e muoviti a dirmi quello che dovevi dirmi." Fosse stato qualcun altro lo avrei pregato di continuare a parlare per distrarmi dal fatto che avessi delle pulizie da compiere, ma trattandosi di Mike l'uccello c'era poca voglia nel mio corpo molliccio di ascoltarlo, qualsiasi cosa volessi dirmi.
"Okay" sembrò tornare serio da un mio sospiro all'altro, "è successo un casino." Sospirò lui.
"E devi darmi una mano. Me lo devi."
Arricciai il naso, "io che ti devo?" chiesi allucinata. Io dovevo qualcosa a Mike Bird? Quello stesso Mike Bird che mi aveva lasciato mezza nuda nel suo letto, per poi prendere in giro il mio peso mesi dopo?
Io gli dovevo uno schiaffo, quello sì ma eravamo in un momento di pausa dalla trincea, teoricamente. Aveva proposto una pausa e un "lasciare andare" i rancori.
"Mia mamma se ne è andata dal posto in cui stava e tua madre sa dove sta, ma io non posso contattarla perché mio padre sa che tua madre sa e...un casino."
Mi dimenticai qualche secondo della mia rabbia nei suoi confronti.
"E che dovrei fare io?"
"Prima di tutto chiedere a tuo madre info, in modo implicito, e poi accompagnarmi a Napoli."
"A Napoli? Ma tu non hai un contratto da rispettare?"
"So che è a Napoli, ma non so esattamente dove, perciò ho bisogno di te. E devo portarmi qualcuno dietro, nel caso avessi bisogno di una mano" prese un secondo per respirare, sembrava disperato, disperato in un modo controllato, "sono uscito. A quanto pare non sono fatto per i talent. Non piaccio a quelli che ci lavorano dietro."
"Oh" riuscì solo a dire.
Il mio cervello realizzò tutto dieci secondi dopo: l'uscita da amici, forzata dalla sua volontà di non sottostare a meccanismi televisivi che gli remavano contro, sua madre scappata a Napoli, mia madre che sapeva dove si trovasse e io che dovevo fare una gita fuori porta.
"Ma chiedere a qualcun altro di accompagnarti? Io devo lavorare" Domandai fissando le mie calze rosse fluo. Era noto a tutti il mio gusto nel vestire sobrio ed elegante.
Alzai il viso verso il soffitto bianco: non c'era una crepa. Sembrava di stare in un limbo, dove nemmeno il tempo scorreva o nulla cambiava. Eppure in quei secondi stava cambiando tutto.
"Non posso chiamare qualcun altro perché i miei amici lavorano e non lo sanno. E poi tu verrai licenziata a breve, no?"
"Ehi!" Esclamai alzando la voce, "non gufarmi!"
Lo sentì ridere dall'altra parte della linea, "non sto cercando di farlo, ma una signora della segreteria da cui sono dovuto passare per firmare liberatorie e cose varie, stava parlando con una collega di te e del tuo andazzo delle ultime settimane. Non sei messa benissimo. Ne ha parlato con la queen in persona, secondo me sei un po' fottuta."
"Perché io non ne so nulla e sono la diretta interessata?"
"Perché così funziona Amici."
La mia bocca divenne una linea senza emozioni.
Stavo per essere licenziata."Che hai?" Chiese Andreas sventolandomi una mano davanti al viso.
Eravamo in un pub, insieme agli altri di Amici - non tutti ovviamente perché poi ogni gruppetto di amicizie strette decideva di per se che fare -.
Lo stesso in cui eravamo stati quando Andreas ce l'aveva con me ed io avevo raccontato della cena a base di vodka lemon e panino.
L'atmosfera era sempre la stessa: luce basse, rese calde dall'ambiente rivestito in perline, cartoline appese al muro e quei menù con l'elfo stampato sopra.
Scossi lievemente la testa e mi voltai verso di lui, sempre seduto a capo tavola. Accarezzai la superficie liscia del tavolo in mogano ed abbassai la voce guardandolo.
"Verrò licenziata" sussurrai. Eravamo a dicembre e come regalo natalizio non era male: una bella liquidazione e un calcio in culo per finire l'anno in bellezza, così da cominciare l'anno nuovo nei migliori dei modi con tanti bei propositi da disattendere.
"Non ti sento" scherzò lui, bisbigliando come stavo facendo io.
"Mi mandano a casa" farfugliai di rimando, abbassandomi con la schiena e allungando il collo verso di lui.
"Non ti sento ancora" rise.
"Sono stata licenziata!" Esclamai tornando eretta sul mio sgabello in legno. Velocemente Nico, Vittoria, Riccardo, Alessio e Giulia si girarono verso di me, tutti con la stessa espressione contrita dalla pena per me.
"Che?" Domandò Andreas voltandosi verso di me con la sedia.
Mi morsi l'interno guancia. Respira. Cerca di sorridere.
Wiki How diceva che per evitare di piangere bisognava calmarsi e cercare di rilassare i muscoli, quindi niente muso o facciano triste.
"Ho lavorato di...male" corressi il tiro, volevo evitare di fare la scaricatrice di porto per sembrare più femminile agli occhi di Andreas ma era un'impresa, era come cercare di mentire a me stessa seppur io conoscevo la verità.
"Ci sta" conclusi evitando di sprigionare tutta la mia amarezza e la mia tristezza.
In realtà credevo che quello che mi stavano per fare era un'ingiustizia, una settimana di sbagli - circa, non stavo ogni minuto del giorno a fare la sbadata - e già ero fuori.
Dovevo supporre che così funzionasse il mondo.Era troppo bello per essere vero ed era finito per essere non reale, non più almeno perché era tutto finito.
Sarei stata licenziata, sarei dovuta andarmene via da Roma, lasciare le mie nuove abitudini per tornare a quelle vecchie, lasciare andare Andreas.
Era ovvio che una volta tornata nella terra delle bonifiche delle ex paludi Andreas sarebbe andato avanti nel suo percorso; era giusto così. E io sarei andata avanti con la mia vita, che ancora dovevo mettere a fuoco.
Le preoccupazioni maggiori concernevano Andreas e il nuovo lavoro da intraprendere.Il mio cervello però stava processando tutto in un modo singolare, divideva spaccandole a metà le cose negative e quelle positive, creando una strana percezione dentro di me.
Non è così male tornare a casa, no? Scossi la testa, ripetendo alla mia coscienza i problemi riguardanti Andreas, Roma ed il lavoro. La nuova vita era bella.
Ma anche quella vecchia.
Più o meno. Negli ultimi mesi ero finita per pulire i cessi sporchi degli ospedali, non era esattamente come vivere in una fiaba.
Ma riconobbi al mio cervello che avevo gli amici, la famiglia, le vecchie abitudini e la mia zona comfort.
Il problema maggiore sarebbe stato distaccarmi da un lavoro che mi piaceva e mi metteva a contatto con nuove sfide e possibilità di crescite e da Andreas. Per una volta che avevo trovato qualcuno che mi facesse sentire i famigerati dragoni nello stomaco, ero costretta a lasciarla.Triste, triste vita.
Buongiornissimo!
Su Sky ridanno la maratona di Gomorra e per la terza volta me lo riguardo.Mike è tornato, lei è stata licenziata e quindi devono tornare a confabulare insieme.
Detto ciò mi ritiro perché ho il cellulare al 9%.
Ciaociaociao, buona domenica. ♥️🌹
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The bird has flown away
Fiksi RemajaIn una gita scolatica a Cardiff, Noemi, incontrerà Mike Bird, aspirante cantante. Intraprenderà con lui una sorta di amicizia che finirà ufficialmente il giorno del suo ritorno in Italia. Si porterà dietro, per mesi, l'umiliazione della conoscenz...