Diciotto

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La domenica. Ultimo giorno prima del fatidico ritorno a casa.

Non sono mai stata così tanto distante da casa per così tanto tempo, sono sempre stata casa, scuola, amici. Vorrei dire di essere una bulletta che vive sotto i ponti e tutti la amano perché è trasgressiva e ha lasciato i genitori a 15 anni, ma non lo sono. Sto nella mia casetta da diciotto anni, con mia mamma, Teresa, e mio fratello, Christopher, e da due anni c'è anche la piccola palla di pelo che amo più della mia stessa vita, Birillo, e io ci sto bene. Sono fin troppo limitata nella mia zona sicura, ma ci si sta comodi e...sicuri. E poi non saprei nemmeno come uscirne o forse non lo voglio fare. C'è ancora tempo per trovarsi una casa propria, prima di tutto, per esempio, mi servirebbe un lavoro. Mi mancava casa, mi mancano le abitudini che odiavo quando le vivevo ogni giorno, ma avevo la sensazione che quel paradiso mi sarebbe mancato. Mi sarebbero mancati anche i gilet in lana di John, di tutti i colori pastello possibili.

I professori ci avevano promesso che l'ultimo giorno avremmo fatto qualcosa di divertente, niente musei, luoghi storici o gallerie d'arte, che nulla da togliere erano bellissimi ma stancanti. Prima di partire avevamo scelto di andare in piscina. Vi era una piscina al coperto, piuttosto rinomata a Cardiff, divisa fra la sezione adulti e bambini con grandi scivoli colorati. Eravamo tutti d'accordo, fra entrambe le classi, che sarebbe stato un bel posto in cui passare il nostro ultimo giorno.

La Cardiff Internation Pool era un edificio imponente, del tutto vetrato. Fra il grigiore di quella mattina, quel blu ci mise un pizzico di gioia in più, e già di nostro eravamo eccitati come bambini per quello che avremmo passato in quella giornata. Affissa davanti vi era la scritta in un blu scuro che ci confermava d'essere nel posto giusto.

L'entrata era leggermente più cara rispetto alle nostre piscine che frequentavamo sempre, negli stessi posti d'estate, ma ci fecero un piccolo sconto per il numero in cui eravamo. Ci dividemmo, maschi e femmine, per andarci a cambiare, e noi ragazze avemmo la fortuna di condividere gli spogliatoi con la Giovanardi che silenziosamente ci giudicava mentre ci toglievamo i vestiti per rimanere in costume. Non ero esattamente a mio agio in quelle condizioni e il suo sguardo da gufo non mi aiutava ma ero fin troppo felice dall'idea di vivere la piscina in aprile, quindi mi svestì velocemente, mi infilai le infradito, presi l'asciugamano ed uscì con l'Anita, trovandoci davanti questa  piscina di 50 m, circa, divisa in corsie. Vi era anche un'altra piscina, più piccola, in cui si concentravano tutti gli scivoli acquatici colorati - ovviamente ce n'era uno arancione, e gli altri erano su quella tinta: rossi, gialli e uno stranamente blu.

Al lato delle due piscine, vi erano dei tavolini di plastica e delle sedie, velocemente prendemmo possesso di un tavolino, riservandolo anche per gli altri. Mi voltai verso l'Anita e l'ammirai nel suo bikini rosa opaco. Pancia piatta, definita, gambe magre, più tornite sulle cosce, sedere all'infuori e importante, spalle minute e seno piccolo, il tutto racchiuso nella pelle olivastra, senza imperfezioni. Abbassai lo sguardo sul mio costume intero nero, con scollo a v profondo, che arrivava fin sotto al seno, perché almeno quello lo avevo, cosce grosse che si toccavano, polpacci da giocatore di calcio professionista, spalle larghe e braccia flaccidine. Era meglio non pensarci, anche perché avevo già fame ed erano le dieci e mezza.

Quando vidi i ragazzi arrivare e Silvia e Rosa, voletti ancora di più scavarmi una fossa e viverci dentro come Bugs Bunny. Non ce n'era uno che non sembrava ritoccato con il photoshop. Terribile. Andrea più di tutti era una visione: spalle larghe, vita più fine, sedere sodo, gambe forti e definite. Alberto giocando a basket era più secco, ma comunque tonico e pur sempre uno stangone, mentre Alessio pareva che si pompasse da anni di steroidi, aveva due spalle che erano due meloni. Silvia e Rosa, entrambe perfette nel loro trikini simile, di cui cambiava solo il colore: fucsia per Silvia e nero blando per Rosa. Fisico perfetto a clessidra. Ma fanculo.

The bird has flown awayDove le storie prendono vita. Scoprilo ora