~42~ Bacio di cenere

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Gareth mi offrì la mano mentre mi apprestavo a scendere dall'auto, la pelle chiara come pietra di luna contro la manica nera della sua giacca.

Non ebbi esitazioni nell'accettare la sua premura, trovandovi sostegno mentre appoggiavo con cautela i tacchi sull'asfalto.

Le luci di Buckingham Palace sfavillavano fulgide nella notte, un chiarore dorato che lasciava presagire l'atmosfera fastosa di quegli interni dal gusto neoclassico.

L'aria tersa profumava di una promessa di neve, resa ancor più dolce dalle note lontane di un'orchestra d'archi.

Guardie in uniforme sorvegliavano gli ingressi del palazzo, impassibili e altere come speroni di roccia mentre ci lasciavano raggiungere il maestoso vestibolo. Non s'inchinarono a Gareth, né diedero prova alcuna di riconoscerlo come Princeps; dopotutto, la Guardia giurava obbedienza soltanto al Reggente, e rispondeva unicamente a lui.

Diversi Artifici ci accolsero con deferenza, uomini avvenenti che recavano sul guanto il signum dei Gotha e che ci liberarono dai soprabiti con algida efficienza; si prodigarono in un inchino e infine si defilarono nell'ombra, pronti a ricevere i prossimi ospiti.

Trovai ancora un appoggio nel braccio di Gareth; l'imponente scalinata che conduceva al piano nobile prometteva almeno una storta, così rafforzai la presa sul tessuto lucido del suo completo, traendo conforto dalla solidità dei muscoli al di sotto.

Toccarlo m'infondeva una sicurezza senza pari. Mi permetteva di estraniarmi da quei colonnati di marmo per scivolare su più lieti ricordi, come il pomeriggio precedente, trascorso con le dita sporche di cenere e le caldarroste sul grembo, mentre lo ascoltavo parlare del Vallo di Adriano e della pietra di Scone, di Loch Katrine e delle scogliere scozzesi.

Mi aveva catturata nella tela dei suoi racconti con poche e vivide pennellate, facendomi desiderare di ammirare quei luoghi attraverso i suoi occhi.

Costringendomi, anche, a sfogliare la scorza bruciacchiata di una castagna per non farmi sorprendere nel guardarlo troppo a lungo, per celargli almeno un poco l'intensità bruciante di quanto provavo.

Lui non me l'aveva permesso.
Da quando i miei capelli erano stati ritrovati nella camera di Lord Mowbray, nei suoi gesti era nata un'impazienza nuova, il bisogno di non perdersi neppure una delle mie reazioni nei suoi confronti.

Mi aveva sfiorato la bocca con le dita, chinandosi a raccogliere un cristallo di sale con la punta della lingua; poi, aveva lasciato che le sue labbra si sporcassero in un bacio che recava con sé il sapore della cenere.

La lunga ascesa finì per affaticarmi. La mia condizione fisica era sempre stata eccellente, ma nutrirlo ogni notte mi aveva resa più debole.

Il suo sangue combatteva tanto le radiazioni quanto l'anemia, ma ci sarebbe voluto del tempo perché il mio corpo si abituasse a quella nuova condizione. Gareth lo sapeva, infatti mi concesse qualche momento di tregua prima di proseguire verso la sala del trono.

Sfiorò gli iris bianchi che Sara mi aveva appuntato con cura fra i capelli, un regalo di Dahlia e della Corte per la Compagna del Princeps.

Non avrei voluto indossarli, ma non farlo sarebbe stato notato e considerato scortese; così avevo finito per inghiottire l'orgoglio, accettando di vestirmi dei simboli del Reggente.

«A cosa pensi?» domandai curiosa, mentre abbassava piano la mano.
La posò sulla mia scapola nuda, sfiorandone il rilievo con il ventre del pollice.

«Pensavo che sei molto carina», asserì con un vago sorriso, «ma non intendevo dirtelo, perché sapevo già come avresti risposto.»

Riprese a guidarmi lungo un corridoio ricolmo d'intarsi dorati e dalla moquette vermiglia, vigilato da statue di marmo e dipinti pregevoli. Molti ospiti si attardavano ancora fuori dalla sala, chiacchierando con brio in un tintinnio di bicchieri.

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