~13 ~ Lame sottili

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Nei Rifugi veniva ripetuto un detto, soprattutto ai bambini: se lasci che un vampiro ti guardi, gli renderai anima e sangue.

Era un monito che risuonava spesso tra le mura alte e le fredde luci al neon, una regola non scritta che nessuno di noi si sarebbe mai sognato di mettere in dubbio.

Durante i primi anni della nostra infanzia la scolarizzazione seguiva linee semplici: imparare a leggere e a scrivere, fare un po' di conto, apprendere rudimentali basi di geografia e letteratura. Al compimento dei dieci anni tuttavia diventavamo reclute; da quel momento in poi, l'allenamento fisico e la storia diventavano la nostra unica ragion d'essere.

Così, se da una parte ci veniva insegnato come piantare un coltello nel cuore di un vampiro, colpendo con precisione il punto giusto tra le coste e la torsione corretta del polso in modo da rendere il danno irreparabile, dall'altra ci veniva continuamente ripetuto cos'era accaduto più di cento anni prima.

Erano stati i primi vampiri a ribellarsi al controllo del governo - umani trasformati dal siero RV1, l'ultima speranza di riuscire a contrastare gli effetti del Sole e di abbandonare i Rifugi sotterranei sparsi per la nazione – e una volta che erano entrati in possesso del siero, fermarli era stato impossibile. Si erano creati un esercito, costringendoci a spingerci sempre più in profondità nella terra per essere al sicuro da loro, per non essere trasformati in Schiavi del Sangue.

Talvolta capitava che qualcuno di noi domandasse perché non fosse possibile trovare un qualche tipo di accordo con loro; dopotutto, la prima generazione di vampiri aveva conosciuto l'umanità, prima di diventare quelle spietate creature che ci davano ferocemente la caccia. Sebbene chi poneva la domanda fosse sempre diverso, la risposta rimaneva la medesima. Riuscivo ancora a ricordare il professor Carlton e i suoi baffetti sottili, mentre ci guardava con solennità e qualcosa di troppo simile alla rassegnazione.

«Non si può trattare con un vampiro. Non dovete mai avvicinarvi o sarà l'ultima cosa che farete» aveva detto, passando tra i banchi della classe, «Se un vampiro vi guarda, gli renderete anima e sangue. Ricordatelo sempre.»

Le parole del professor Carlton erano rimaste cristallizzate nella mia memoria e tornarono a solleticare quella parte della mia mente che non era rimasta paralizzata dalla vicinanza di Gareth.

Il suo viso era talmente vicino che sarebbe bastato sollevare un poco il mento per assaggiare le sue labbra, per scoprire se fossero davvero
morbide come sembravano. 

Le labbra di un vampiro, invitanti e mortali. Sfiorarle sarebbe stato danzare sulla soglia dell'Erebo, il volo di una falena ammaliata dallo stoppino acceso di una candela.
Un bacio e poi morire, avvolta dalle fiamme.

La sua mano mi accarezzò il collo, il pollice a disegnare con tenerezza un arco sulla gola, sulla carne morbida al di sopra della carotide.
Ricordai con estrema precisione il dolore che avevo provato quella mattina, il dolce tormento del suo canino che fendeva la carne, la sua lingua che rendeva omaggio alla pelle ferita.

Lo desiderai.
Provai l'umiliante brama di accogliere la sua ferocia nel mio corpo, consentirgli di lacerare la barriera della carne per raggiungere sangue e anima.
Lasciarsi divorare, unicamente per poterlo avere.

Inclinai un poco il viso per incontrare quelle labbra e sulla lingua sentii il sapore del suo respiro.
Fu un attimo, poi lui si ritrasse.
Spaesata dal suo improvviso rifiuto, lo guardai ridacchiare.

«Vedi, Kitty? Ti lasceresti mordere così facilmente» commentò, un ghigno perfido a sporcare la purezza angelica dei suoi lineamenti, «Per essere una Selvatica, sei disponibile come un Artificio.»

Dies SanguinisDove le storie prendono vita. Scoprilo ora