Note: Questo extra è ambientato nel passato, ed è diviso in tre parti causa lunghezza eccessiva. Ho adorato scrivere questo capitolo, lo avrei infarcito di tantissimi dettagli ma alla fine mi sono dovuta contenere (circa, visto che sono comunque 12k parole totali) per non farlo diventare un vero e proprio spin off. Mi auguro che possa farvi piacere.****
L'archetto scivolava con grazia sulle corde, quasi fosse stato lo scafo di una nave che ingaggiava battaglia con le onde. Lo spartito che aveva sistemato sul leggio recitava il concerto per violino in Re maggiore di Beethoven, uno dei suoi preferiti; non passava mai più di qualche giorno senza che tornasse a esercitarvisi, cercando di raggiungere la perfezione.
Era la musica a riempire la sua vita: un dono prezioso che aveva ricevuto dalla madre, sua maestra e più attenta ascoltatrice. Talvolta, Ambrose si ritrovava a pensare che, senza il peso equilibrato e confortante del suo strumento, non sarebbe mai riuscito ad affrontare le responsabilità che suo padre continuava a mettergli sulle spalle. Da qualche anno, infatti, il Reggente aveva iniziato a istruirlo come suo successore, imponendogli le noiose riunioni del Consiglio.
Ambrose chiuse gli occhi, scacciando quel pensiero. Seguì la tessitura delle note, lasciandosi guidare dalla memoria e dalle sue dita, che si muovevano con sicurezza sulla tastiera in ebano.
Sapeva di essere osservato, ma non se ne curò. Sua madre aveva un passo leggero, ma lui avvertiva sempre la sua presenza, come un profumo nell'aria, delicato e rassicurante. Suonava per lei prima ancora che per se stesso, quasi per rinsaldare un legame che apparteneva a loro soltanto.
Quando terminò l'assolo, riaprì gli occhi.
La biblioteca di Marlborough House era illuminata dalle prime luci di un tiepido mattino di primavera. Sua madre lo guardava da un angolo della stanza, con quel misto di affetto e orgoglio che illuminava sempre il suo volto. A trentaquattro anni, Georgiana Gotha era una donna splendida: alta e sottile come un salice, coi lunghi capelli d'oro fino, attraeva lo sguardo non appena varcava la soglia di una camera.
A volte, durante le feste e i ricevimenti, Ambrose provava imbarazzo per il modo in cui gli altri vampiri si soffermavano sulle sue forme snelle, da ragazzina. Suo padre non sembrava curarsene o, più probabilmente, vi era ormai così abituato da non lasciarsi scalfire dalla gelosia.
Invidiava quella calma posata e assoluta, quella capacità di osservare il mondo senza lasciarsene influenzare. Per quanto si sforzasse d'imitarlo, sapeva che non sarebbe mai riuscito a eguagliarlo; e se c'era qualcosa che desiderava, era proprio somigliare a suo padre.
Invece, per un perverso capriccio del fato, i nobili lineamenti di Robert Gotha erano passati a Gareth, il marmocchio di quattro anni che era appena entrato in biblioteca, stropicciandosi gli occhi. «Mamma», piagnucolò, cercando le sue braccia. «Ambrose mi ha svegliato.»
Georgiana gli accarezzò i capelli di lucido carbone, sconvolti dal sonno. «Allora hai avuto un bel risveglio», disse lei sorridendo, «tuo fratello suona come un angelo, non credi?»
Il moccioso gli scoccò un'occhiata dubbiosa che era di per sé un affronto, ma sua madre non vi fece caso. Adorava Gareth con tenera indulgenza, lasciando che crescesse sempre più viziato. Ambrose, però, teneva per sé i propri pensieri in merito: amava troppo sua madre per contraddirla, e aveva imparato da molto tempo a non discutere le scelte di suo padre.
Posò il violino e l'archetto nel morbido velluto della custodia, richiudendola con attenzione e riponendola in una teca.
«Oggi è un giorno importante», disse sua madre, mentre prendeva in braccio Gareth. «Hai un appuntamento coi Mowbray, ricordi?»

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Dies Sanguinis
Ma cà rồng[ • Conclusa e in revisione • ] Anno 2204. Quando il Sole è diventato velenoso, gli esseri umani hanno cercato una soluzione nell'ingegneria genetica, mutando il DNA di alcuni soggetti per sopravvivere. La mutazione ha però dato vita a una nuova raz...