~29~ Le rotaie del mondo

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Un caos informe di corpi emergeva dal legno laccato; creature angeliche vestite di grazia avviluppate a maschere grottesche e deformi, eternamente unite nell'immobilità dell'intreccio cui lo scultore le aveva condannate.
La Vittoria incoronava un palco scassato e fatiscente, mentre drappi lacerati ne rasentavano la superficie, nella compassione sospesa di un'ultima carezza.

Le mani calde di Gareth erano ancora sul mio viso quando la voce di Lochan frantumò il silenzio in echi di tuono.

«Il nostro incontro si chiude qui, vampiro» affermò asciutto, e quando mi voltai per guardarlo, sfuggendo alle dita di Gareth, scorsi alcuni Ribelli mentre si affrettavano a sollevare Adam dal pavimento sul quale era crollato, privo di forze.
Le sue dita scheletriche e giallastre si contrassero attorno alle braccia dei suoi soccorritori, che lo scortarono senza indugi fra le ombre oltre gli squarci del sipario, dove una botola nascosta li avrebbe condotti al sicuro nel dedalo infinito delle gallerie.

«Ho dato la mia parola che ti avrei consegnato il vecchio vivo e che vi avrei lasciato andare senza rappresaglie. Goditi dunque il mio dono, Mezzafaccia, e prega che le nostre strade non s'incrocino più.»

Il velo d'oscura ironia che colsi nel suo tono non mi piacque; pareva, anzi, che non desiderasse altro che essere sciolto da quell'impegno, se solo il Ribelle avesse in qualche modo infranto la tregua per primo.

Cercai gli occhi di Lochan per un muto avvertimento, quando mi accorsi che mi stava già guardando; tracciò con il pollice un arco sul suo cuore, rinnovando la promessa che mi aveva sussurrato.

Affondai i denti nelle labbra per impedirmi di rispondere, mentre lui faceva qualche passo indietro.
Fu l'ultimo a svanire nella tenebra fitta.

«Pochi giorni in mano a un altro» mormorò Gareth, continuando a osservare il buio, «e intrecci già nuove alleanze. Perché non mi sorprende, piccolo demonio intrigante?»

Non c'era risposta che potessi dargli, o che potesse in qualche modo soddisfarlo. Fu Gaspar a sollevarmi dall'incombenza di dire qualcosa, portandosi al fianco di Gareth con le movenze silenziose di un felino.

«Ci si aspetterebbe che chi ha la facoltà di creare sia anche più furbo, ma pare che le due condizioni non siano necessariamente legate» considerò, una nota d'irritante ilarità a vibrare nel suo petto ampio.

La coda nella quale erano raccolti i suoi capelli d'oro scivolava indolente sulla sua spalla, e mi fece l'occhiolino quando si accorse che lo stavo osservando.

«Seguili» ordinò Gareth sbrigativo, prendendo a sciogliere i bottoni scuri del suo cappotto, «scopri dove si riuniscono, ma lascia che per stanotte il nostro giovane Ribelle si goda il mio regalo. Da domani avrà l'onore della nostra completa attenzione.»

Lo scintillio negli occhi rossi di Gaspar si fece ferino, e chinò brevemente la testa prima di dileguarsi sulla scia delle sue prede.

Gareth posò con delicatezza il giaccone di lana sulle mie spalle, coprendo i brandelli dell'abito ormai distrutto; non mi accorsi del freddo che sentivo finché il suo tepore non mi strappò uno spasmo involontario.
Un presentimento viscido si era annidato come una cisti fra i miei pensieri, e mi ritrovai ad aggrapparmi al bavero del suo cappotto, stringendomelo addosso.

«Di che regalo stavate parlando?» domandai, la voce arrochita da un miscuglio di stanchezza e apprensione.

Lui mi sfiorò l'arco della mandibola.
«Non hai neppure un graffio» considerò, in una disamina minuziosa del mio volto.

Arretrai dal suo tocco, dal curaro sulle sue dita; e se per qualche istante credetti che me lo avrebbe impedito, dovetti ricredermi, perché non fece nulla per trattenermi.

Dies SanguinisDove le storie prendono vita. Scoprilo ora