Esistono verità che dormono, in attesa, per anni o persino secoli; ma alla fine si svegliano, si svegliano sempre.Guardai la ragazza seduta sul mio letto, le linee di quel volto cereo mentre scontava il prezzo della mia debolezza, della mia incapacità di fare la cosa giusta.
Di starle lontano.«Non ho mai voluto farti del male», dissi a bassa voce, «né ho mai mentito sulle mie intenzioni.»
Le dita sottili di Shari si contrassero attorno alle sue braccia, affondando nelle pieghe di lana del maglione; sembrava tenersi insieme nel timore di crollare, di sfaldarsi nella polvere di una slavina improvvisa.
Non rispose.«Immagino tu sappia com'è cominciata la rivolta», cominciai a mezza voce. «Un gruppo di Selvatici attaccò uno dei nostri carceri. Quando giunse la notizia, io e Ambrose ci trovavamo a Vauxhall Cross: quella sera avevo discusso con mio padre, e lui stava cercando di farmi ragionare. Pensai che si trattasse di uno scontro di poca rilevanza, così radunai i Cacciatori e chiesi a mio fratello di aspettarmi; non ci avrei messo molto.»
Ricordavo ancora come, da stolto arrogante quale ero, avessi sorriso a quell'insperata distrazione. Erano stati giorni di tensione continua, dovuti alla granitica convinzione di mio padre che il conflitto con i Selvatici non andasse fomentato; si rifiutava, infatti, di compiere quanto avevano fatto i Reggenti di Swansea e Edimburgo nelle loro città, distruggendo per sempre la minaccia dei Selvatici.
Lo trovavo ridicolo, una prova della sua debolezza: Londra non poteva essere da meno, io non sarei stato da meno.Avevo dunque accolto con gioia la prospettiva della battaglia, per dare sfogo a quell'insoddisfazione che mi consumava.
Mi passai una mano sul viso, consapevole del dolore che attendeva ai margini di quel racconto. «Come saprai, non era altro che uno specchietto per le allodole: mentre loro ci tenevano occupati, un distaccamento colpiva Marlborough House, la nostra vecchia residenza, con l'intento di assassinare il Reggente e la sua famiglia.»
Shari mi ascoltava, immobile, il volto privo di espressione. Era evidente che niente di quanto le stessi raccontando fosse per lei una sorpresa.
Mi domandai, anzi, per quanto tempo avesse ascoltato la preparazione dei piani per quella notte; se avesse gioito, persino, alla notizia della loro morte.
Distolsi lo sguardo, lasciandolo scivolare sulla pelle morbida della sua caviglia nuda; se avessi trovato traccia di compiacimento, in lei, ne sarei stato annientato.
«Trucidarono i pochi membri della Guardia che incontrarono, poi andarono in cerca di mio padre. I suoi assassini ebbero la pietà di colpirlo al cuore, ma non riservarono lo stesso riguardo a mia madre; la rinchiusero nelle sue stanze, perché fosse il fuoco a ucciderla. Dahlia cercò di salvarla dal rogo, rischiando la propria vita nel tentativo; alla fine Luc la trascinò via, con Clarisse. Elise, invece, era stata presa.»
Nei miei incubi, la vedevo ancora in quel modo: riversa a terra, la camicia da notte stracciata e insanguinata. Con delicatezza infinita avevo preso fra le braccia il suo corpo martoriato, giurandole che non sarebbe morta, che non l'avrei permesso.
Mi ero lacerato il polso con i denti, supplicandola di bere; ma lei non ne aveva avuto la forza, finché alla fine il suo sguardo non si era spento, riflettendo le fiamme che consumavano la Residenza.
Avevo cullato le sue spoglie, straziato, mentre l'odore dolce del gelsomino si legava al sangue, al fumo, alla rovina. Poi, la mano di mio fratello mi aveva stretto la spalla.
«Davanti alla casa in fiamme, Ambrose mi chiese di ucciderli. Fu il suo primo ordine come Reggente», proseguii, costringendomi a ricordare senza cedere a quell'ira che ancora covava come brace, nei recessi della mia mente.

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Dies Sanguinis
Vampire[ • Conclusa e in revisione • ] Anno 2204. Quando il Sole è diventato velenoso, gli esseri umani hanno cercato una soluzione nell'ingegneria genetica, mutando il DNA di alcuni soggetti per sopravvivere. La mutazione ha però dato vita a una nuova raz...