Il piccolo appartamento era rischiarato dalle prime, rosee luci dell'alba, le cui calde tonalità rendevano l'atmosfera quasi accogliente. L'aria che vi si respirava odorava di chiuso e stantio, ma quanto meno le pareti non erano state divorate dall'umidità, e i pavimenti non trasudavano strani e mefitici liquami.Avevo adagiato Shari sul divano del piccolo soggiorno, ancora priva di sensi, affinché potessi continuare a perquisire l'abitazione più agevolmente. A giudicare dalla carta da parati floreale e dai vezzosi centrini impolverati che ricoprivano ogni superficie, doveva essere stata la dimora di una donna anziana; anche se, inaspettatamente, in fondo allo stretto corridoio avevo trovato una camera piena di giocattoli abbandonati sul pavimento, certamente appartenuti a un bambino.
L'appartamento, comunque, mi era parso abbastanza sicuro da decidere di restarvi, almeno finché non ci fossimo ripresi entrambi. Mi ero diretto quindi verso il tetro bagno, portando con me un coltello recuperato da un cassetto della cucina.
Mentre la ferita al fianco aveva già preso a risanarsi, quella al braccio pulsava con instancabile cattiveria: il proiettile che mi aveva colpito, infatti, era penetrato a fondo, ma non abbastanza da uscire.
Mi tolsi la camicia, sozza d'acqua sporca e sangue, e la gettai sul pavimento; poi afferrai il coltello dalla lama opaca, rimpiangendo il pugnale che avevo perso e che ormai doveva trovarsi da qualche parte sul lurido fondale del Tamigi.
Respirai a fondo, piano; poi tagliai. Digrignai i denti per il dolore accecante, ma neppure per un momento pensai di fermarmi. Non potevo permettere che la carne si risanasse attorno alla pallottola, perché sarebbe stato ancor più difficile, dopo, cercare di tirarlo fuori.
L'operazione fu lenta, complicata dalla direzione obliqua del proiettile, dal sangue che oscurava la visuale, e dalla stanchezza che rese i miei movimenti meno decisi. Eppure, in un certo senso, la sofferenza che provai fu quasi benvenuta, perché per un po' mi distolse da un tormento altrettanto vivo e crudele, che si apriva come uno squarcio là dove nella mia mente avevano sempre trovato posto Ambrose e Gaspar.
In una sola notte infatti avevo perso gli ultimi due componenti della mia famiglia; due delle colonne portanti su cui si era retta la mia vita.
Strapparsi una pallottola dalla carne era niente, in confronto.Dopo svariati e interminabili minuti il proiettile cadde nel lavandino con un tintinnio, il bianco della ceramica ormai asfissiato dal sangue. Aprii il rubinetto, incapace di sopportare quella vista.
L'acqua uscì giallastra dalle vecchie tubature, con un forte odore di ferro; ma non importava. Mi sciacquai il braccio, le mani, cercando di strofinare via ogni maledetta goccia di sangue che ancora insudiciava il mio corpo.
Afferrai un asciugamano per tamponare la ferita, poi frugai il bagno in cerca di qualcosa che potesse rassomigliare a della garza; ma poiché non trovai nulla, alla fine mi risolsi a strappare delle vecchie lenzuola per utilizzarle come bendaggio.
Ero esausto.
Tutto ciò che desideravo era dormire, scivolare in un buio liquido e privo di suoni, ma Dio solo sapeva cosa mi aspettava oltre la soglia dell'incoscienza.
No, decisamente il sonno non era un'opzione.Ripercorsi l'angusto corridoio, privo di qualsiasi decorazione se non per un vecchio orologio a pendolo, il quale aveva ormai rinunciato a rincorrere il tempo. Al suo fianco, quasi invisibile nella penombra, c'era un lungo specchio.
Riconobbi quel riflesso, sebbene avessi sperato di non rivederlo più. Privo dei bei vestiti e dell'aria noncurante, ciò che restava di me era il volto affilato di un pazzo: pallidissimo, con occhi incavati e vagamente spiritati, i capelli sconvolti. Non aiutava il pessimo lavoro eseguito in bagno: c'erano ancora schizzi di sangue rappreso sul mio petto, sul mio addome, mentre rivoli rosati continuavano a discendere la pelle nuda del braccio.
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Dies Sanguinis
Vampire[ • Conclusa e in revisione • ] Anno 2204. Quando il Sole è diventato velenoso, gli esseri umani hanno cercato una soluzione nell'ingegneria genetica, mutando il DNA di alcuni soggetti per sopravvivere. La mutazione ha però dato vita a una nuova raz...