Lance acuminate s'innalzavano dal cancello nero, fin quasi a sfiorare il soffitto a volta della cripta. Sembravano intese a scoraggiare chiunque si fosse avvicinato troppo, rammentando agli incauti che non fosse luogo adatto ai vivi.Oltre quella soglia, quel confine, il tempo mutava; anziché avanzare verso un inarrestabile futuro, pareva flettersi, ripiegarsi su se stesso, scorrendo all'indietro. Costringendo la mente a percorrere un labirinto di memorie, fin quasi a perdersi. L'immortalità degli spettri.
Sollevai la mano, ingiungendo ai Cacciatori di non seguirmi oltre. Sentii i loro passi arrestarsi, obbedienti, mentre attraversavo l'ingresso della cripta.
Un velo di polvere ricopriva i gradini, sfumando in toni bigi il colore della pietra e inghiottendo le orme di chi mi aveva preceduto.
L'ultima volta che vi ero disceso risaliva a un anno prima, quando mi ero imposto di visitare la tomba dei miei genitori, un mese dopo la loro morte. Persino quella volta avevo dimostrato la mia inclinazione a rifuggire ciò che non ero in grado di affrontare.
Percorsi un colonnato di pietra, oltrepassando urne e commemorazioni, busti e rilievi. Tombe umane sormontate da croci sfinite, ossidate, alcune vegliate da angeli a capo chino, raccolti in preghiera.
Simboli ormai privi di significato, per la maggior parte dei vampiri. La nostra natura mal si accostava ai vecchi precetti della Chiesa d'Inghilterra, e sarebbe stato troppo pretendere che un Dio umano potesse giustificare le nostre azioni. Dopotutto, eravamo gli orgogliosi figli di una ribellione, il frutto avvelenato di un esperimento fallito; inginocchiarsi, pregare, subire, non faceva per noi.
Naturalmente, non valeva per tutti: mio padre aveva creduto fermamente in Dio. Si era convinto che ci fosse un piano imperscrutabile, una ragione per la nostra esistenza; che persino noi, un giorno, avremmo dovuto rendere conto delle nostre azioni.
Mia madre non si era mai opposta alle sue idee, per quanto non le avesse neppure condivise; per diciotto anni era stata una Leinster, ereditando il granitico ateismo della sua famiglia.
Ciò nonostante, gli aveva permesso di guidarci secondo quel suo inusuale codice morale, che si opponeva alla violenza ingiustificata o all'utilizzo di Schiavi del Sangue. Un codice che Ambrose aveva accettato, piegandosi al suo volere, ma che io avevo faticato a sentire veramente mio.
Le volte in cui, attraverso uno spiraglio della porta, avevo ascoltato i colloqui di mio padre e Benedict, mi ero ritrovato ad essere d'accordo con mio zio, che lo accusava di essere fin troppo tollerante con i Selvatici; che essere temuti non potesse bastare.
La conquista era l'unica via per la pace.Non ero mai riuscito a capire perché mio padre si ostinasse a non voler comprendere, quando per me era così dannatamente facile.
Facile, finché Camille non si era imposta con forza, come uno specchio; e nei suoi occhi trasparenti, nella sua morte, avevo visto me stesso.
Avevo dovuto distruggere qualcosa di bello per capire di quanto orrore si fossero macchiate le mie mani; che non si torna indietro, mai.
Era stato allora che il Dio di mio padre aveva cominciato a invadere i miei sogni, implacabile, vendicativo. Torturandomi con il rimorso, la più crudele delle sue piaghe.
M'inoltrai nella parte più recente della cripta, dove alle sepolture umane si aggiungevano quelle dei vampiri, disadorne ed essenziali. Non l'avremmo mai ammesso, ma eravamo ancora abbastanza legati all'umanità da sentire il bisogno di dire addio; per questa ragione esistevano dei funerali, delle brevi cerimonie in cui il clan potesse rendere omaggio al vampiro scomparso.

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Dies Sanguinis
Vampire[ • Conclusa e in revisione • ] Anno 2204. Quando il Sole è diventato velenoso, gli esseri umani hanno cercato una soluzione nell'ingegneria genetica, mutando il DNA di alcuni soggetti per sopravvivere. La mutazione ha però dato vita a una nuova raz...