» Extra: Di un giorno passato

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Note: Questo capitolo non fa parte della storia. E' nato come un esperimento, per provare a dar vita a due personaggi che altrimenti non avrei mai potuto far parlare. Visto che la resa è stata discreta ho deciso di pubblicarlo, nella speranza che anziché annoiarvi possa rispondere a qualche curiosità.

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Il fuoco scoppiettava placido nell'ampio camino di pietra, consumando i grossi ciocchi di rovere e diffondendo tremuli giochi di luce sui damaschi della carta da parati.

Un caldo chiarore si spandeva dai paralumi in seta, accentuando il colore vivo delle stoffe e dei tappeti, mentre vasi traboccanti di fiori emanavano una fragranza dolce, cui si legava l'odore pungente del fumo.

Un vecchio cameriere si muoveva fra gli ospiti con un piccolo vassoio d'argento, offrendo calici di porto e chinando brevemente la testa quando riceveva un ringraziamento distratto.

Le voci dei presenti si alzavano e si abbassavano seguendo la partitura invisibile della conversazione, e riempendo il salone di una vivacità rara a Marlborough House, la residenza del Reggente.

Philip Gotha, Princeps e protettore di Londra, ascoltava con un sorrisetto supponente i racconti vanagloriosi di Albert Leinster, annuendo di tanto in tanto e sforzandosi di apparire serio.

Poco distante dal Princeps, seduta su una bassa poltrona di velluto rosso, sua moglie Siobhan stringeva fra le braccia un bambino di appena un anno, dai morbidi riccioli biondi. Nonostante il bimbo tendesse le mani verso la madre, cercando di richiamarne l'attenzione, la vampira non sembrava interessarsene. Osservava il marito con cieca devozione, incapace di concentrarsi su altro.

Georgiana strinse le labbra.
Non provava alcuna simpatia per quella donna, una creatura fatua che non sembrava possedere altra dote che non fosse quella di adorare il marito. Talvolta provava l'impulso di strapparle il piccolo Gaspar dalle braccia, trattenendosi soltanto per amor di pace.

Tornò a scrutare il vecchio orologio in ottone, soffocando l'impazienza. Robert Gotha, Reggente e padrone di casa, era di nuovo in ritardo.

Fu un piccolo calcio a distoglierla dal ricamare cupi progetti di rappresaglia verso il marito, strappandole un sorriso. Posò la mano sul ventre gonfio, là dove suo figlio si era fatto sentire.

Quella gravidanza era un miracolo inaspettato: dopo la difficile nascita di Ambrose, Georgiana sembrava aver perso la capacità di dare altri figli al marito. Gli anni si erano susseguiti lentamente, gettandola nello sconforto; sapeva quanto Robert desiderasse una famiglia numerosa, ma non era stata in grado di esaudirlo. Finché alla fine, quando ormai aveva smesso di sperare, aveva avvertito un delicato sfarfallio di vita, l'eco di una sensazione, un niente, a inchiodarla sul posto per la meraviglia.

«Robert è ancora a Buckingham Palace?»
Georgiana sollevò lo sguardo su Vivian Graham, la maggiore dei fratelli Gotha.

Era una donna avvenente, dai corti capelli corvini e lo sguardo penetrante, corrusco come il rubino che riposava sul suo petto. D'indole fiera e caparbia, aveva sposato un Graham contro la volontà del padre, scatenando una spaccatura nella sua famiglia che non si era mai davvero risanata.

«Temo di sì», rispose Georgiana, sforzandosi di apparire tranquilla, «ma sono certa che arriverà presto.»

Il sorriso di Vivian tradì una punta di malinconia. «Non è facile vivere all'ombra di qualcuno», commentò piano. «E i Gotha hanno uno strano atteggiamento verso il passato: devono sempre fare meglio di chi è venuto prima di loro. Robert non fa eccezione.»

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