Capitolo 3

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Alessandro mi accompagna in camera sua. Mettiamo insieme delle lenzuola pulite, ha insistito per cambiarle anche se gli avevo detto che non era necessario, porto in camera anche il mio zaino e ci fermiamo a chiacchierare un po'. Dopo un po' Mario mi fa sapere chi il mio telefono che ho lasciato sul divano sta squillando e mi ricordo di aver messo la sveglia per la terza pastiglia serale.

"Non scambiatemi per una drogata ma l'altra pasticca mi aspetta!" sdrammatizzo e ridiamo.

I gemelli vanno via e decido di andare a letto. Dico a Mario che se anche lui ha impegni è libero di andare, non deve sentirsi costretto a restare a causa mia, gli assicuro che non rubo nulla e non scappo con Kim, si mette a ridere ma mi dice che non aveva nessun impegno.

"Per qualsiasi cosa non esitare a chiamarmi, sai dov'è la mia stanza. Non farti problemi, penso di averti mostrato tutto riguardo la casa. Fai come se stessi a casa tua!" ci salutiamo e andiamo a dormire.

Mi sveglio a causa di alcuni rumori. Non sono caduta in un sonno profondo quindi non posso fare a meno di sentire quello che succede nella casa. Penso siano i gemelli che sono appena rientrati e decido di alzarmi e cedere il letto al proprietario, qualche ora sul divano non mi farà male. Mi dirigo verso la cucina, è da lì che arrivano i rumori ma non sono provocati dai gemelli. È Mario, è davanti ai fornelli intento a scaldare dell'acqua.

"Che ci fai già sveglio?"

"Scusami, non volevo svegliarti. Ho fatto troppo rumore? Non riuscivo a dormire" mi sorride

"Non dormivo neanche io. Scusa se per colpa mia non hai preso sonno. Immagino sia per quello che ti ho detto ieri"

Ci sediamo

"Tranquilla. Comunque sì. Inutile girarci intorno, non ho fatto altro che pensarci. Sai, ci ho sempre pensato; in un futuro è così che mi vorrei vedere. Poi quando ci penso mi dico che ho quasi trentadue anni quindi mi dovrei dare da fare, non vorrei essere un papà vecchio. Molti miei coetanei hanno già dei figli e io no, spesso mi rattristisco quando penso che se passa ancora un po' potrebbe essere troppo tardi.

Ci ho sempre pensato ma era sempre qualcosa per il futuro, qualcosa che sarebbe accaduta prima o poi magari, un giorno. E adesso che quel giorno potrebbe essere vicino non so se sono pronto." Sospira.

"È un'idea stupenda la tua e vorrei dirti di sì in questo preciso istante ma c'è una piccola vocina che mi frena. Ho messo da parte un po' di soldi in questi anni ma non penso basteranno, devo trovare qualcosa di fisso che mi faccia stare con le spalle coperte. Avevo già in mente qualcosa, devo riuscire a metterla in pratica."

"Lo so, hai pienamente ragione. È per questo che ti ho detto di prenderti tutto il tempo necessario. Pensaci, parla con chi ti può aiutare, parla con chi ti conosce. Io ti aspetto, non ho molta fretta" gli sorride e ricambia."

"E se non sono pronto? Se non riuscirò ad essere un bravo papà? Fino a ieri ero convinto di essere pronto. Adesso che la cosa mi riguarda, adesso che è oggi quel giorno non ne sono più certo" si confida.

"Non penso che si è mai pronti per una cosa del genere. Sono cose che vanno vissute giorno per giorno. Si cresce ogni giorno imparando cosa è meglio e cosa è peggio. Prova a parlare con tuo fratello e chiedigli se lui era pronto. Io penso che non si può essere pronti per una cosa del genere, puoi essere pronto a cambiare pannolini e preparare pappette ma non ad essere genitori, ogni bambino è diverso, sarà tuo figlio a insegnarti ad essere suo padre!"

Non passa molto tempo e rientrano i gemelli, noi stiamo ancora sorseggiando la camomilla. Insisto affinché Alessandro dorma nel suo letto e riesco a vincerla. Sono quasi le sette.

Alle 9 siamo tutti e quattro svegli e in giro per la casa; andiamo a fare colazione e decido di prendere il primo treno disponibile per Lecce.

Sono passati due giorni da quando sono tornata a casa. Oggi parlerò ai miei di quello che accadrà se dovessi ricevere un sì da quello che sarebbe quindi il probabile padre dei miei figli.

La discussione va per le lunghe fino a quando non si rassegnano.

Verso le sette, puntuale come le sere precedenti Mario mi chiama per sapere come sto.

"Cosa hai detto di preciso?"

"Che se mi dovessero accettare per questa cura sperimentale dovrò stare via di casa per almeno un anno. È una cosa segreta e non avrei neanche dovuto dire della cura. Ho inventato che i medici mi avevano consigliato di inscenare un litigio e di andare via di casa per questo motivo ma ho aggiunto che ritenevo opportuno che sapessero la motivazione vera e quindi ho parlato di questa ricerca."

"Ne sai una più del diavolo tu!" mi dice per non creare ulteriore tensione. "Io stasera invece ti ho chiamata per dirti una cosa" aggiunge. Mi manca il respiro. "Oggi tornando a casa mi sono accorto che l'appartamento sul mio pianerottolo è libero e in cerca di qualcuno che ci vada a vivere. Che ne pensi?"

Mi siedo perché le mie gambe tremano "Mi stai dicendo che-"

"Vieni a vivere qua e vediamo cosa si può fare"

Scoppio a piangere e lui se ne accorge "Smettila di piangere che al solo pensiero di quello che potrebbe accadere" si interrompe. Silenzio qualche secondo "ecco lo sapevo!" continua.

Sta piangendo anche lui.

Non ce la faccio.

Sto per realizzare il mio più grande desiderio e Mario Serpa mi sta aiutando.

Sto per realizzare ilmio più grande desiderio e sto aiutando Mario Serpa a realizzare il suo.    

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