Quei giorni di ritardo sono aumentati. Ho saltato un mese. Non lo dico a Mario per non creare illusioni. Vederlo deluso mi fa spezzare il cuore. Mi è già capitato di saltare il mese altre volte ma spero che questa volta sia per una precisa ragione, non per stress, caldo o chissà cosa. Mi auguro che non si ricordi che noi ragazze abbiamo un appuntamento periodico. Fino ad oggi non ha fatto domande.
Per i tre giorni seguenti alla visita non ci abbiamo provato, era a pezzi. Inutile dire che è tornato più in forma di prima subito dopo.
Oggi abbiamo l'altra visita. Io sono speranzosa, lui più di me, ne sono sicura anche se non lo dà a vedere.
Il tragitto è silenzioso. Entriamo e la dottoressa mi fa accomodare direttamente sul lettino. Deve aver avvertito la tensione infatti si è limitata a salutarci.
Dopo qualche secondo intenta a scrutare lo schermo mi guarda e mi sorride. Io non posso fare altro che sorridere con ogni parte di me e mi scappa una lacrima. La dottoressa mi fa l'occhiolino e
"Signor Stallone Serpa venga da questa parte" lo invita. Inutile dire che si era fiondato vicino al lettino prima che lei finisse la frase.
"Mi dica" pronuncia intimorito.
"Vede qualcosa?" lo invita a guardare lo schermo.
"No" pronuncia, deluso ancora una volta. Preso dall'emozione non deve essersi accorto della mia espressione perché altrimenti avrebbe già capito.
"Ne è sicuro?" si diverte lei "guardi qui" blocca l'immagine e traccia un cerchietto "vede questo fagiolino qui?" lui annuisce "Beh quello è un baby Serpa" pronuncia lei finalmente, quasi più felice di noi.
"Mi vuole dire che quella macchia lì è mio figlio?" e inizia a sorridere come non l'ho mai visto. Si trattiene dal piangere.
"Proprio così. E direi proprio che è un fagiolino di quattro settimane" continua lei.
"Quattro settimane?" sgrana gli occhi lui "Ma il mese scorso ha detto che-"
"Mi ricordo perfettamente quello che ho detto, non c'era niente o non si vedeva niente" continua lei.
Direi che oggi è felice. Mi tiene la mano fino a quando non arriviamo alla macchina, mi stringe la mano.
"Mario così mi fai male!" ma non sente niente. Arrivati alla macchina mi apre la porta e fa per aiutarmi ad entrare.
"Guarda che ce la faccio anche da sola!" gli dico ironizzando ma sembra essere diventato sordo.
Fa il giro ed entra anche lui. Anche questa volta non dice niente ma ha gli occhi che ridono. Ogni sua particella ride. Guida attentamente e porge il braccio per proteggermi ogni volta che frena anche se lievemente. Ogni volta che lo fa, come se fosse una sbarra del passaggio a livello, posso notare la sua pelle d'oca.
Quanta roba sei Mario Serpa!
Sta guidando ormai da quasi mezz'ora ma non in direzione di casa. Ho provato a chiedergli dove stessimo andando ma oltre che sordo sembra essere diventato muto. Siamo tipo fuori Roma, in una specie di boschetto. Parcheggia e inizio a preoccuparmi, non riesco a capire cosa gli passa per la mente. È quasi mezzogiorno e qui nei paraggi non c'è anima viva.
Scende dalla macchina. "Aspettami qui" mi dice prima di allontanarsi un po'. Gli è tornata la parola. Si allontana ma riesco comunque a vederlo.
Spalanca le braccia e dà un urlo che si sente perfettamente anche da qua e mi rendo conto che mi sbagliavo a dire che in questo posto non c'è anima viva. Centinaia di uccelli iniziano a volare spaventati da quel suono e mi metto a ridere al pensiero di quello che ha fatto.
Un urlo che la dice lunga, è un urlo di gioia, un urlo di soddisfazione, un urlo di vittoria.
Lo sfogo di chi sta finalmente voltando pagina per una vita migliore. Che importanza possono avere adesso le vecchie critiche a cui di tanto in tanto si ritrova a pensare se sta per realizzare il suo più grande desiderio.
Avere una famiglia tutta sua, ecco cosa conta.
Qualcuno che lo chiami papà, ecco cosa conta.
Sentirsi importante per qualcuno, ecco cosa conta.
Poter essere un esempio migliore di quello che ha avuto lui, ecco cosa conta.
E quel grido era la sua rivincita. Un inno alla vita.
Torna preoccupato ma felice e mi chiede se va tutto bene. Io sto ancora ridendo e lui si unisce alla mia risata.
"Mario capisco il tuo entusiasmo ma dobbiamo evitare di farlo sapere, è ancora troppo presto" penso di avergli rovinato il momento ma dovevo dirglielo prima che fosse troppo tardi. Si gira verso di me con un'espressione preoccupata.
"Che significa troppo presto? Troppo presto per cosa? C'è o non c'è? Io l'ho visto"
"C'è, c'è. Però di solito si aspetta fino al terzo mese per farlo sapere."
"Quindi devo tenermi questa cosa dentro per tre mesi?"
"Solo per altri due" gli faccio notare. "Io avrò dentro di me un esserino per nove mesi, non ti succede nulla se per un paio di mesi tieni per te questo segreto!"
Mi rendo conto che non è facile come sembra, capisco che vorrebbe urlarlo al mondo, vorrei farlo anche io, ma dobbiamo resistere. Ci vuole solo un po' di pazienza.
Mi guarda per qualche secondo
"E va bene". Fa spallucce.
"Non fa niente se non posso dirlo, l'importante è che sia qui" e fa per toccarmi la pancia. Ho i brividi.
"Bravo amico, abbiamo fatto colpo" si guarda soddisfatto tra le gambe e non riesco a trattenermi dalle risate.
Il primo mese passa velocemente. Il mio medico e la dottoressa si sono messi in contatto e hanno deciso di privarmi di qualche farmaco che potrebbe essere pericoloso.
I primi giorni sono stati difficili. Eravamo entrambi al settimo cielo. Per fortuna i gemelli a causa del loro lavoro mancano diverse ore da casa e quindi non si sono accorti di nulla.
È metà giugno e sto entrando al terzo mese. Io e Mario rimaniamo soli perché i due sono in Calabria dalla loro famiglia. Sarà più facile mantenere il segreto se non ci girano intorno.
Inizio ad affaticarmi prima del solito e Mario non mi lascia quasi mai da sola. Per fortuna abbiamo trovato questo appartamento praticamente attaccato al suo, in questo modo entrambi abbiamo la nostra privacy senza però stare lontani.
Faccio di tutto per non essergli da peso, gli ho chiesto di continuare a vedere i suoi amici e uscire con loro, andare a ballare e condurre la vita di sempre per non destare sospetti.
Ogni tanto gli ricordo di pubblicare qualche foto sui social per far sapere che sta bene, è più forte di lui, si scorda. Non gli cambierebbe nulla se non ci fossero quelle distrazioni, non ci bada più di tanto, soprattutto adesso che vive in un mondo tutto suo. Ha gli occhi luccicanti di continuo.
Adesso che passo praticamente la maggior parte della giornata a letto controllo molto spesso cosa succede sui social.
"Mario la squad è in pensiero. Hanno ipotizzato che sei partito e nessuno sta riuscendo a localizzarti. Fai sapere almeno che sei vivo". È da me in questo momento e pubblica una foto dei suoi piedi appoggiati al tavolo e con la scritta 'relax'.
"Bravo, si sono accorte che non è il tuo pavimento. C'è già chi ti sta vedendo a Verona" mi lascio scappare dopo una decina di minuti.
"Se è per questo non è neanche il pavimento di Claudio" risponde prontamente rendendosi conto solo dopo di quello che ha appena detto. "Tra poco devo vedermi con Valentina, metterò una foto con lei e penseranno che ero a casa sua!" cerca di porre rimedio a quanto detto poco fa ma anche lui sembra imbarazzato, forse più di me.
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Momenti nostri
FanfictionNon riuscendo più ad immaginarli diversamente e non riuscendo a tenere a bada i pensieri che mi passano per la testa ho deciso di buttarli giù e condividerli. La storia è frutto di fantasia, soprattutto la parte iniziale ma comunque si è quasi scri...