Capitolo 17

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La sera Mario si butta sul divano. Silvia è accoccolata sul suo petto e lui la sorregge con una mano sotto al culetto mentre con l'altra le accarezza la testa e la schiena.

Sospira.

È pensieroso.

Mi siedo accanto a lui.

"Non so cosa mi sia successo. Non so perché l'ho fatto. È come se avessi dimenticato tutta la mia sofferenza" confessa "Anche lui ha sofferto, ne so per certo. E se non per me, ha sofferto per tutto quello che è successo con quella specie di persone che non saprei come definire. Sento come se avesse pagato a un prezzo molto più caro di quanto meritasse." Sospira ancora.

"Io non so cosa accadrà. Mi sento realizzato oggi ma non sono pronto a ricominciare un rapporto. Eppure lo vedo così bene con loro. Non mi infastidisce vederli ridere per lui, anzi. Mi sento bene. Mi sento realizzato. Però non riesco a vederlo come mio compagno ancora. C'è qualcosa che mi frena. Un istinto che mi protegge per non sbattere la testa. A loro non farà mai del male e di questo ne sono certo ma io non sono pronto a subire un'altra delusione. C'è qualcosa che mi attira verso di lui, un'attrazione che però quando mi avvicino diventa repulsione. Però mi fa bene vederlo con i miei piccoli. Non provo quel fastidio che sento quando anche per esempio i miei fratelli li prendono in braccio. Con lui è diverso. Boh. Mi fido." Butta la testa indietro sullo schienale del divano.

"Andrà tutto bene alla fine Mario, se non andrà bene non sarà la fine" cito lui stesso "Devi solo essere te stesso e fare quello che ti senti, niente di più e niente di meno" riesco a sussurrargli solo questo, accarezzandogli un ginocchio.

Nessuno degli amici di Mario si è fatto vedere in questi giorni. Sapevano che avremmo avuto un ospite e non avevano voglia di vederlo, sapendo benissimo cosa ha causato a Mario e avendo vissuto in prima persona com'è stato.

I gemelli si fanno perdonare il giorno dopo, piombando alla porta con un grosso regalo. È un dipinto di quasi due metri per uno. Lo hanno fatto loro in questi giorni. Ritrae una foto che hanno scattato loro stessi le prime volte che li abbiamo presi in braccio. Mario con la sua principessa e io con il mio ometto, entrambi guancia a guancia con i bimbi. L'hanno un po' modificata però. Nella foto i bimbini avevano ancora quei tubicini, Mario era vestito da infermiere e io avevo la vestaglia. Nel dipinto siamo vestiti normali e i bambini sono liberi dai tubicini.

Amore.

Ecco di cosa parla questo dipinto. Li ringraziamo con le lacrime agli occhi.

Nei giorni a seguire siamo sempre in contatto con Claudio che chiede informazioni sui bambini. Questo fine settimana non verrà perché vengono a trovarci i genitori di Mario ed è meglio che non lo trovino da queste parti.

Mercoledì dobbiamo portare i bambini a fare il vaccino. Sono coccolosissimi seduti nei loro ovetti tutti imbacuccati con giubbottini, guanti, cappello, sciarpa. Quasi non riescono a muoversi. Mario scatta una foto e la manda.

Abbiamo sentito noi il dolore di quella punturina che li ha fatti urlare come dei matti. Poveri piccoli.

"Queste sono delle goccine da dare ai piccoli nel caso in cui dovesse salire la febbre. Non vi allarmate, passerà in poche ore" prova a consolarci il dottore ma siamo spaventatissimi. Ringraziamo e andiamo via.

"Piccoli di papà quel dottore cattivo vi ha fatto la bua?" gli dice appena siamo in casa. Poveri cuccioli, hanno ancora tutto il faccino rosso per le urla che hanno dato e gli occhietti sono ancora umidi.

"Venite che ci pensa papà a farla passare" li prende entrambi appoggiando le loro teste sulle sue guance e dirigendosi sul lettone.

"Silvia scottano" grida. Corro da loro, ha ragione. Vado a prendere il termometro.

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