Capitolo diciassette. - "A casa."

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Camila era evasa da scuola.

Lauren chiese il permesso di uscire prima e grazie a Dio, le venne consentito.

Camila era disorientata, chiese a vari passaggi la via di casa, ma visto che lei non riusciva a fare le giuste informazioni, le persone non poterono aiutarla.

Lauren Jauregui, a contrario della Cabello, chiese ai passanti se avessero visto una ragazza bellissima, non tanto alta e dagli occhi nocciola. Le dissero che stava cercando la via di casa e che era andata verso sud.

Lauren camminò con i due zaini appresso. La sua espressione era addolorata ma soprattutto preoccupata.

Camila rimase davanti a casa, seduta sul gradino con la testa china e le mani scompigliavano i suoi capelli. Lauren la guardò e si avvicinò a lei cautamente. «Perché sei scappata?»
«Mh.» negò con la testa Camila.
«Camila.» la chiamò duramente.
«Cosa?» alzò la testa lei e Lauren si mise davanti, in ginocchio.
«Perché sei scappata?»

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Il suo corpo era disteso sul letto, Camila stava guardando il muro davanti al suo viso. Lauren invece, poteva solo vedere le spalle della ragazza. «Camz.» disse con voce gentile ma Camila, non si girò. «Senti, mi dispiace.» sussurrò.

«Io, inutile.» disse triste mentre con la mano cercava le coperte per coprirsi. «Io non essere una brava persona.»
«Ma che stai dicendo?» alzò il sopracciglio Lauren non capendo con l'esattezza ciò che stava dicendo. «Camz, sei la persona più giusta di questo mondo, non capisco il motivo del perché tu dici questo...» sussurrò e Camila si girò lentamente verso di lei, con gli occhi gonfi e arrossati.
«Io essere solo d'intralcio. Io... Io servire solo ad essere usata e poi mollata.»

«No, non è assolutamente vero.» disse Lauren negando con la testa. «Io ti voglio bene, tutti ti vogliono bene.»
«No!» urlò Camila disperata. «Assolutamente no. Nessuno volermi bene, io non sopportare le per... Persone che volere male me, loro prendermi in giro, io ferita, Lauren.»

«Camila, ti prego, basta.» disse guardando come la piccola si alzava velocemente.
«Io... I-... Io morire, io morta! Io inutile... S... Sc... Sc...» iniziò a balbettare. «... Scarrrrto!» urlò. «Tu non capire, io non essere me, io non sono famosa, io inferiore. Io stupida, tu intelligente. Io soffrire molto... Io dire basta di vivere.»
«Sei una stupida se fai una cosa del genere. Devi vivere, capisci?» Camila gonfiò le guance, iniziando a trattenere il respiro.

«Camila, non fare lo stesso giochetto dell'altra volta.» disse con rabbia Lauren. «Sai che può essere rischioso, vero?» la guardò ma Camila negò con la testa continuando a tenere le guance gonfie e le gote stavano iniziando a colorarsi di rosso, la vena del collo era rialzata.

Stanca di trattenere il respiro, sputò fuori tutto l'ossigeno che aveva. «Tu lasciarmi in pace, io per te essere nulla, tu aiutare solo perché io pena.» sussurrò lei velocemente ma Lauren negò rapidamente con la testa.
«Se tu fossi niente, per me, io non sarei finita a vivere qui, con te.» cercò di mantenere la calma. «Non saremmo andate a far volare gli aquiloni.»
«Aquile.» la corresse.
«... E non ti avrei preso Luigi.» disse Jauregui. «Camz, tu per me sei davvero tanto.»

Camila rimase in silenzio, cercando di elaborare il suo pensiero a voce. «Tu non sei... Felice...»
«Perché? Perché dici questo?»
«Perché, sono arrivata io.» disse Camila mentre riprese a versare lacrime. «Io, perché sono malata, non smetterò di dirtelo, basta.» disse Camila scuotendo la testa con rabbia mentre quasi si strappava i capelli. «Tutti mi prendono per stupida, io no stupida.» urlò.

SCAR TISSUEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora