codardo

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Mia madre quando sentì aprire la porta, si girò verso di me.
"Finalmente Eren! Cavolo, Levi è arrivato prima."
Non risposi e le sembrò strano, ma non mi disse nulla.
Mi avvicinai al tavolo guardando quell'amico che mi risultava così estraneo.
"Ciao, Levi."
Alzò la testa e mi guardò con aria indifferente.
"Ciao, Eren."
Si alzò in piedi spostandosi da me.
Nella mia testa pensai solo una cosa.

Ma quanto straminchia è basso?

Insomma, aveva vent'anni ed era a malapena un metro e sessanta.
La sua pelle era chiara, pallida.
Il suo sguardo...
Impassibile.
Non osservava nulla, non mostrava una qualsiasi emozione. Sembrava quasi nevrotico, arrogante nei modi, indifferente nelle parole.
Era smilzo e ben fatto, i suoi capelli erano neri come la pece o come le piume di un corvo e dietro erano rasati.
Si spostava facilmente, sembrava leggero e pronto a tutto.
Non riuscivo ad intravedere in lui nemmeno una briciola del Levi che avevo lasciato andare via sette anni prima.
Nemmeno gli occhi, che una volta trasmettevano allegria e spensieratezza, erano più gli stessi.
Ma oltre questo, non sembrava cattivo.
Era gentile con mia madre ed era rimasto una persona giusta.
Non capivo che cosa pensasse di me, forse proprio niente.
Forse mi vedeva come un'estraneo o come una seccatura.

Ci sedemmo a tavola e cominciammo a mangiare nel silenzio.
La donna di casa decise di rompere il ghiaccio tra noi.
"Levi... Come ti trovi all'Università?"
"Bene, grazie."
Io lo osservai di sbieco.
Bene grazie?
Non trovavo un senso nelle sue parole.
Non avevano senso perché lui non gliene dava.
La cena andò avanti così, mia madre faceva una domanda, lui rispondeva.
Quando finimmo Carla mi obbligò ad accompagnarlo alla porta mentre lei sparecchiava.
Prima che se ne potesse andare, gli parlai.
"Era da parecchio che non ci vedevamo." Lo dissi sorridendo, sperando in una sua qualsiasi reazione.
Si girò e fece un attimo di silenzio.
"Alla fine, sette anni, passano in fretta."
E se ne andò.

Mi chiesi per giorni cosa significasse quella frase. Non riuscivo a capire cosa intendesse, che voleva dire che sette anni passavano "in fretta"?
Perché si comportava in quel modo?
Alla fine, smisi di pensarci.
Non era così fondamentale nella mia vita e non c'era bisogno di farsene un problema.
Così quando andai a scuola e raccontai del nostro incontro ai miei amici, non tralasciai dettagli.
Tutti rimasero un po' dubbiosi, almeno, chi lo aveva conosciuto.
A Jean FacciaDaCavallo, non fregava nulla.
"Ma a noi cosa cazzo ce ne frega di sto tizio rompicoglioni."
Alzai gli occhi al cielo.
"Allora stai zitto e fatti un giro, no?" Risposi io, innervosito.
Marco cercò di placare l'animo dell'amico, costringendolo a calmarsi.
"Fortuna te, o quel mociosetto era morto."
Mi misi a ridere.
Che idiota che era.
Jean, o FacciaDaCavallo, era sempre stato così con me.
Ci eravamo conosciuti alle medie e fin da subito ci eravamo odiati.
In realtà, non ci odiavamo, ma semplicemente eravamo sempre a discutere, per qualsiasi cosa.
E gli altri malcapitati dei nostri amici se le sorbivano tutte.
Da un lato c'erano Armin e Mikasa che mi fermavano e dall'altro Marco che invece fermava Jean.

La campanella suonò, ricordando a noi poveri studenti quale fosse il nostro posto, in quel momento mi venne da chiedermi se all'Università funzionasse così.
Probabilmente no.

Usciti da scuola, io e Armim camminavano chiacchierando verso il pullman e ad un certo punto intravedemmo Sasha e Connie camminare insieme nella direzione opposta.
Quando fummo abbastanza vicini, li fermammo.
"Sasha! Connie! Dove andate, insieme?" Chiesi io, con una faccia abbastanza inquietante immagino.
"Ci facciamo un giro, perché?"
Sasha rispose non capendo il mio riferimento.
Lei era sveglia da un certo punto di vista, ma altrettanto ingenua da un altro.
Aveva i capelli rossi scuro, quasi castano e li portava sempre un po' scompigliati.
Amava mangiare e divertirsi, lei era un po' l'anima del gruppo.
Armin li guardava divertiti, perché se la ragazza non aveva colto ciò a cui io mi riferivo, Connie aveva capito benissimo.
"Vabé, dai.." disse seccato il ragazzo "...noi dobbiamo andare."
Prese Sasha con sé e li vedemmo camminare via.

"Certo che lui è proprio cotto." Dissi io, ridendo.
Armin annuì.
"Anche a me però piacerebbe avere una ragazza, insomma, non dev'essere male."
Sembrò imbarazzato, perché come me, il mio migliore amico non aveva mai avuto una storia con qualcuna.
"A te non piacerebbe?" Mi chiese, forse cercando di levarsi il riflettore che si era puntato lui stesso.
Ci pensai sù.
"Beh, aspetterò fino a quando non ne arriverà una abbastanza carina da farmi innamorare."
In un certo senso non risposi alla sua domanda, ma gli andò bene così.
Continuammo a camminare, chiedendoci se Connie sarebbe mai riuscito a conquistare Sasha.

Arrivai a casa e trovai stranamente mio padre a tavola.
"Papà?" Chiesi io, un po' stizzito.
Mia madre rispose al suo posto.
"Oggi tuo padre ha finito prima e quindi oggi pranza con noi. Comunque, com'è andata a scuola?"
Sorrise alla fine della frase e io non potei prendermela più di tanto.
"Tutto normale."
"Allora vieni a tavola dai su."
Mio padre nemmeno aveva aperto bocca, fino a che mia madre non cominciò a raccontargli di Levi.
"Quel ragazzino è un immaturo."
Sentenziò con arroganza.
"Perché, Grisha?" Mia madre, come me, sembrò stupita.
"Perché se n'è andato di casa con la coda tra le gambe."
"Che intendi?" Stavolta feci io la domanda perché ero davvero curioso di sapere cosa volesse dire.
"Suo padre mi ha raccontato tutto. L'Università è stata solo una scusa, in realtà non andava d'accordo con la famiglia. Da un po' di tempo i rapporti erano tesi e lui ha deciso di andarsene. Che ragazzino." Infine alzò gli occhi al cielo.
Non ribattei semplicemente perché non sapevo come fosse andata davvero, ma mi chiesi per quale motivo avessero avuto questi diverbi.
Mia madre sembrò solo dispiaciuta.

L'indomani a scuola, mentre stavamo per iniziare la lezione, Sasha radunò tutti vicino al suo banco e Mikasa mi venne a chiamare.
"Oi, aggiornamento per stasera."
Mi avvicinai confuso.
"Che succede?"
La rossa sembrava più allegra del solito.
"Ieri io e Connie..."
"Lei e basta." La apostrofò il rasato.
"...abbiamo incontrato Levi e i suoi amici."
"Che palle 'sto tizio." Sbuffò Jean.
"Zitto tu. Vi dicevo, quando l'abbiamo visti io mi sono fermata a parlarci e indovinate? L'ho invitati questa sera alla cena!"
"Come scusa? Sasha potevi almeno chiedercelo!" Disse Marco accigliato.
"Ma dai ragazzi... Lui era amico della maggior parte di noi e poi i suoi compagni sono simpatici, almeno rilegheremo i rapporti, no?"
"Sono universitari, Sasha. Abbiamo vite diverse." Spiegò calma Mikasa.
La giovane che aveva organizzato tutto sembrò stufarsi.
"Non importa. Ormai l'ho invitati e non si torna indietro, se saranno tanto antipatici, non li rivedremo più!"

SPAZIO AUTRICE

Hei ragazzi!
Benvenuti alla fine del terzo capitolo.
Finalmente succede qualcosa di interessante...
Comunque volevo ringraziare tutti voi che avete letto e che state continuando a leggere questa storia. Ancora non siamo tanti però per me ognuno di voi è fondamentale, quindi... Grazie!
Mi raccomando se la storia vi piace stellinate (ormai si dice così) , commentate e condividete!
Grazie ancora e nulla... Ci vediamo al prossimo capitolo.❤
(Grazie a ultima_onda ovviamente.)

Non Ti Voglio Bene [Ereri] (conclusa)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora