Eren's POV
Per essere una giornata di metà aprile è piuttosto caldo, la porta della cucina, che è anche quella che dà sul giardino, è aperta, e il sole fuori è alto.
Esco un secondo e, con le mani sui fianchi, mi guardo intorno.
È proprio una giornata splendida.
Il cielo è terso, e l'unica nuvola che vedo è piccola e bianchissima.
Sento il vento che è fresco, e mi riempe di sollievo.
Ho sempre trovato quelle giornate di una pace piatta, sicura.
Prendo un respiro profondo e torno in cucina, non c'è nessuno.
Mi abbasso per controllare che le patate che sono in forno non stiano per bruciarsi, dopo anni di tentativi qualcosa in cucina sto quasi riuscendo a combinare.
Soddisfatto mi rialzo in piedi, e quasi mi prende un colpo quando vedo mia madre che è appena entrata dalla porta del salone.
Ora i suoi capelli sono un po' più bianchi, ma è sempre bella."Che è quella faccia?" Mi chiede, con un sopracciglio alzato.
"Non ti ho sentito entrare, mi hai fatto prendere un colpo." Nel frattempo mi sposto e tiro fuori i bicchieri, che noto non sono stati messi sul tavolo.
Lei mi osserva nel farlo e se ne rimane ferma.Dopo la morte di papà avevo notato che mia madre aveva perso un po' di luce negli occhi, e lo reputai normale.
L'unica cosa che mi addolorava era che lei non aveva mai potuto avere un finale d'amore degno della sua grandezza d'animo, ma forse non ne aveva proprio bisogno.
Aveva sempre avuto la forza di fare tutto da sé, e dopo che mio padre ci aveva lasciati tutti quegli anni prima, senza mai più farsi rivedere, lei si era spaccata in quattro per trovare il modo di rendere tutto più facile per me, e io la ammiravo in maniera sproporzionata.
Quella donna era riuscita a tirare fuori sempre e solo il meglio da me, e mi aveva reso una persona giusta.
Sorrido e lei sbadiglia."Insomma, questo pranzo pensi che possa essere all'altezza del mio standard?"
La guardo."Oh donna, mai!"
Ride.Ora che da quando abito da solo sono passati quindici anni anni lei ha smesso di preoccuparsi troppo, ma in realtà sento che le rimarrà sempre l'ansia.
Mi conosce troppo bene.Mentre sono immerso nei miei pensieri però sento una voce urlare dalla sala.
"Nonna! Nonna! Vieni a vedere!"
Lei mi guarda e si fa coraggio, alzandosi dalla sedia.
"Tua figlia è una macchina da guerra, a volte mi chiedo come riusciate a spegnerla. Ha le pile? Tu mica eri così."
Sospiro, pensando a quanto tempo ci voglia la sera per metterla a letto.
"Una santa pazienza direi e...""Papi! La stai trattenendo tu la nonna, dai perfavore, lasciala venire!" Questa piccola peste dagli occhi verdi mi guarda accigliata, e io la guardo con il cuore che si scalda.
Direi quasi che sono come i miei, ma allo stesso modo dire posso essere certo che non sia vero."D'accordo d'accordo. Ma aspetta amore, il papà dov'è finito? Saranno quindici minuti che è andato a mettere la legna."
Lei corre verso la sala e comincia a urlare.
"PAPÀ!"
Scoppio a ridere.
"Amanda! Tranquilla, vado a controllare io."
Proprio mentre sto per terminare la frase vedo suo padre salire per le scale, alto e possente.Aspetta, alto?
Gli guardo i piedi e poi guardo Amanda, che si trattiene dal ridere.
"Nostra figlia, malefica, mi ha costretto a usare questi due scatoloni come tacchi, e io non ho potuto nemmeno ribellarmi."
Allora lei non si trattiene più e comincia a ridere come una pazza, mia madre che la guarda con una mano davanti alla bocca, tentando di non scoppiare anche lei.Levi la prende in braccio e lei cerca di dimenarsi, ma lui la prende stretta e le arrufa i capelli.
Questi sono quasi ricci e si ribellano quanto lei, alla fine lui le dà tregua, e con il dito puntato a mo di minaccia si sposta in cucina con me, mentre la peste rimane con Carla.Nel frattempo lui si leva i tacchi/scatoloni, e io gli lascio un bacio di consolazione.
Arrivato in cucina suona il suono del timer, e tiro fuori le patate.
"Ti sei dimenticato i bicchieri..."
Lui guarda la tavola e poi guarda me.
"Ma sono lì."
"Perché ce li ho messi io."
"E questo chi lo dice?" Mi guarda con aria di sfida.
"Ma tu..." Sono perplesso e arreso già alla conversazione."Ti amo, lo sai?"
Ora è vicino a me e queste parole me le sussurra all'orecchio.
"Sì."
Lui si gira, mi dà una pacca sul culo e si siede a tavola."Insomma, questo pranzo?"
Io alzo gli occhi al cielo.
"Ehi pazienta, lo chef ha quasi finito."Direi che essere arrivato a questo punto è un risultato notevole.
Essere arrivato al momento della mia vita in cui tutto combacia perfettamente, in cui posso dire di essere soddisfatto.
Sono stati anni duri, a volte mi sono sembrati impossibili da superare, eppure, ce l'ho fatta.
Ho vissuto momenti che non riuscirò a dimenticare, che non voglio e non potrei.
E in fondo, è cominciato da una vita che mi sembrava totalmente sbagliata e incasinata.
È cominciato tutto di mattina, con degli amici.
È cominciato e io non lo potevo sapere che stava cominciando, non potevo saperlo quando l'ho visto.
Che era lui.
Levi che era così piccolo e solo, così freddo.
E io che ero così distante e spaventato, e poi così innamorato.
È cominciato con un ciao.
È cominciato con un bacio, è cominciato con un silenzio.
E io ora ho davanti lo stesso Levi che così tanti anni prima avevo visto seduto in cucina a casa mia, quel Levi nuovo.
Ha in qualche modo lo stesso sguardo fragile e buio, ma è diventato un raggio di sole.
E ora ha tra le braccia la nostra bambina, a cui stringe le guance, e che è la creatura più preziosa che avremmo mai potuto chiedere.
E io lo amo, e so che è qualcosa che non potrò mai trovare in nessun altro.
Lui è il mio filo rosso.
È la mia luce.
Ed è sempre rimasto il mio lanciatore di fiori.
Mi avvicino a lui ed Amanda e li bacio entrambi, e mi sento felice.
Così felice che penso potrei scoppiare, una felicità così immensa che non sono in grado di mantenere ferma dentro di me.Guardo mia madre.
Lei punta gli occhi dritti nei miei, annuisce.Siamo infinito per sempre, e siamo infinito solo in quel momento.
Carla si avvicina alla dispensa e la apre.
"Cavolo, manca la farina. Come faccio a prepare i biscotti con Amanda dopo?" Dice, sovrappensiero.
"Possiamo andare a prenderla io e Eren dopo, no?"
Gira la testa verso di me, annuisco."Sai ci sono i carrelli al supermercato, io amo i carrelli." Dico, sorridendo.
"Ne rubiamo uno allora. Te lo regalo."
Mia madre si mette a ridere, e Amanda la imita.Ma in fondo, io e Levi sapevamo che anche dopo tutti quegli anni eravamo rimasti due ragazzi, un quasi diciottene e un ventenne, che rubano carrelli.
Sì.
Eravamo semplici ladri di carrelli, che si amano.
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Non Ti Voglio Bene [Ereri] (conclusa)
FanfictionEren ha 17 anni e vive con i suoi genitori, è sereno e ogni giorno si vede con il suo gruppo di amici. Ha una vita normale, ordinaria e odia andare a scuola. Non sembra succedere mai nulla, fino a che nella sua vita torna qualcuno di inaspettato, un...