La storia di Polpy

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Eren's Pov

Avevo ovviamente sonno, quella mattina.
Desideravo solo di dormire profondamente nelle mie coperte, al caldo della mia camera.
Invece mi toccava stare in piedi alla otto di mattina a fare la fila per un fottuto pallosissimo museo.
Che poi me l'ero cercata effettivamente, ma ero felice lo stesso, nonostante le occhiaie che mi arrivavano alle ginocchia.
Se non fossi rimasto fino a tardi insieme Levi, probabilmente non sarei mai venuto a sapere la sua storia.
Ero consapevole di essere l'unico a conoscenza della verità, nemmeno a Hanji era andato a dirlo. Capii come si sentiva, o almeno, ci provai. Immerso nei miei pensieri mi accorsi che Marco stava scrivendo al cellulare, con lo sguardo un po' preoccupato, così mi avvicinai e, facendogli prendere un colpo, chiesi cosa fosse successo.

"Ah grazie Eren, no tranquillo, un po' di problemi con Jean."
Mi sorrise distrattamente.

"Che tipo di problemi?" Insistetti.
Provai a vedere se FacciaDaCavallo fosse lì intorno, ma di lui neanche traccia.
Marco sembrò davvero a disagio e continuava a evitare il mio sguardo insistente, alla fine cedette.
"Jean è ancora in hotel."
"E perché mai!?"
Prima che potesse rispondermi gli squillò il cellulare e come se non esistessi sparì dalla mia vista.
Rimasi qualche secondo a cercarlo, poi Mikasa cominciò a spiegarmi cosa saremmo andati a vedere.
Se mi avessero fatto degli esami, sarebbe risultato un encefalogramma piatto, le parole della mia amica mi scorrevano via come acqua.

"Un'interessante rivisitazione della pittura rupestre..."

A me non é mai interessato sapere se i pinguini hanno le ginocchia o meno.

"...la contemplazione delle nature morte..."

Qual era il colore preferito di John Lennon? Giallo?

"...imparando a riconoscere la struttura..."

Ma le mucche con i campanelli al collo non diventano sorde?

La questione andò avanti dieci minuti buoni, pensai di impazzire.
Arrivai ad abbracciare Reiner chiedendo perdono, per qualsiasi peccato avessi commesso.
Lui, con fare plateale, assunse un'espressione scioccata e fissò Mikasa.
Mi accarezzò una spalla consolandomi, sentii un "Erenuccio", che ignorai.

All'improvviso però provai una gelida e terribile sensazione. Un brivido mi percorse tutta la schiena tutta la schiena, fino al midollo. Lo sguardo freddo e furioso di Berthold ci fissava da lontano, gli altri non se ne resero conto, ma io lo vidi chiaramente.
Era in piedi, insieme ai suoi nuovi amici, senza però parlare con loro. Era girato di schiena ma la sua testa sporgeva dal nostro lato, continuando a osservarci.
Capii cosa stesse provando.
Era geloso, gli mancava incredibilmente Reiner.
La verità che Berthold non riusciva ad accettare non era che io fossi gay, ma che il suo migliore amico avesse scelto di stare dalla mia parte.
Mi sentii un presuntuoso e anche un po' in colpa, ma alla fine non ero responsabile delle scelte altrui, soprattutto delle sue scelte.
Però mi si strinse un po' il cuore, il suo migliore amico gli aveva voltato le spalle, per così dire. Ora lui era solo e senza un vero amico, ma allo stesso tempo non voleva chiedere scusa, il suo orgoglio non glielo avrebbe permesso.

La mostra fu, ovviamente, una noia mortale.
L'unica interessata del gruppo era Mikasa, che mi rispiegava le cose anche dopo la guida, tutta eccitata.
Io chiudevo il cervello e mi immaginavo a dormire nel mio bel letto, la mia amica non sembrava accorgersene più di tanto.
Jean si era fatto vivo alla fine, a quanto pare i professori erano stati avvertiti, si era sentito male.
Nonostante questo Marco non mi aveva convinto con quel suo sguardo preoccupato, ma rivolto verso me e non verso FacciaDaCavallo.
Eppure non riuscii a trovare nemmeno un secondo per chiedergli una spiegazione, contando anche il fatto che lui non me l'avrebbe data.
Aspettai con ansia l'ora di pranzo, con lo stomaco che mi divorava dall'interno.
"Okay, potete mangiare."
Sorrisi, come fa sempre mia madre.

Non Ti Voglio Bene [Ereri] (conclusa)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora