Urla

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Eren's Pov

Trovo che le persone quando si annoiano comincino a notare un sacco di cose.
Insomma, non vi capita mai di annoiarvi a morte e di riuscire a considerare interessante una matita?
Ecco, io più o meno da dieci minuti mi trovavo in quella situazione.
Il soffitto mi appariva incredibilmente magico e pieno di sorprese, lo osservavo come fosse stato un' apparizione divina.
La verità è che mi stavo annoiando ed ero ancora arrabbiato. I miei genitori erano fuori, uno al lavoro e l'altra a fare compere.
Levi mi girava in testa, insieme ai pensieri che ne conseguivano, lasciamdomi sempre più perplesso e indeciso.
Perché aveva cercato di farmi quasi litigare con i miei? L'unico problema ero stato seriamente io che cercavo di mandarlo via?
Si comportava come un bambino orgoglioso, come se quello che riguardava me fosse stato meno importante.
L'unico problema è che non avevo la minima idea di come comportarmi, prendere una qualsiasi decisione si rivelava estremamente faticoso.
Poi però, come se mi avesse letto nel pensiero, lui fece la prima mossa.
Quel Lunedì straziante, che avevo intenzione di passare a osservare il soffitto, venne interrotto dallo stridulo suono del citofono.
Scesi ed aprii la porta, davanti a me trovai un Levi arrossato a guardarmi.
Rimasi un paio di secondi a scrutarlo incerto e poi gli aprii la porta.
Lui fece un passo avanti senza dire niente.
"Vuoi, ehm, salire?" Gli indicai il piano di sopra, dove si trovava la mia stanza.
Non sapevo perché fosse lì, ma comunque non mi andava di parlargli in cucina, con la possibilità di essere sentiti o visti.
Lui annuì.
Salimmo ed entrammo un camera, poi prese un bel respiro e cercò di iniziare un discorso.
"Allora... Oggi sono venuto qui perché non mi andava di lasciare la situazione in sospeso e..."
Lo interruppi in maniera sbrigativa, senza aspettare che finisse di parlare.
"Anche perché mi hai lasciato nei casini, ho quasi litigato con i miei a causa tua." Le parole uscivano a raffica, ancora non riuscivo a perdonarlo o ad accettare il suo atteggiamento. Mi dava fastidio che fosse stato lui una seconda volta a mettere a rischio il mio rapporto genitori-figlio.
Anche se questa non era mai stata la sua intenzione.
"Lo so, mi dispiace. È che mi sembrava che tu mi stessi praticamente 'cacciando' di casa e me la sono presa..."
Sospirai.
"Per una cazzata del genere rischi al solito di fare casini."
"Al solito?"
Se la situazione era partita, da parte sua, in maniera civile, io la stavo trasformando in un combattimento vichingo.
Annuii a quella che poteva sembrare una domanda retorica.
Levi cominciò ad elencarmi quanto mi stessi comportando da bambino, davanti a una persona che invece aveva tentato solo di rimettere a posto le cose.
"Quindi ora è colpa mia!? Fai tanto il freddo e il duro poi metti zizzania e pensi subito di essere perdonato!"
"Questo non è vero! Ma sono venuto qui per chiederti scusa perché AMMETTO di aver sbagliato, si può sapere che problemi hai?"
Più lo guardavo e più la tentazione di dirgli tutto mi saliva, lo doveva sapere.
"Il mio problema è che tu straparli e poi non ti curi di quello che le tue fottutissime parole possono causare!" Stavo urlando a scuarciagola, senza più preoccuparmi di chi avrebbe potuto sentirci, ma nonostante il mio tono che superava le quattro ottave, Levi non sembrava afferrare il concetto.
Non che fosse un problema solo suo, io in teoria non avrei dovuto saperlo, concettualmente parlando dal suo punto di vista.
"Ma cosa stai dicendo? Io dò sempre il giusto peso alle parole."
Feci una risata nervosa, poi presi un bel respiro e lo fissai.
Dritto negli occhi, immaginai di tornare indietro. Cercai di imitare la sua voce, senza sembrare un idiota. Le mie pupille si dilatarono e mi resi conto di quanto questa frase avesse avuto impatto su di me.
Non riuscivo ad accettarlo, mi sentivo terribilmente in errore.
Ero solo un quasi-maggiorenne, cazzo.
"Eren, io non sono vergine, è vero. Ma se dovessi tornare indietro, sceglierei mille volte te come prima volta."

Il terrore, negli occhi di Levi.
Il panico.
Mi tremavano le mani.
"Cooosa? Ma questa è una pazzia!" Il nervosismo era riconoscibile tra mille, con le mani sudate e i capelli abbandonati.
"No Levi, non provare a mentire, queste sono state le tue testuali parole."
"Io non direi mai una cosa del genere!"
Dopo tale frase, il mondo mi crollò addosso.
Non mi ero mai davvero reso conto di cosa stessi provando, non avevo mai fatto caso a nulla, ma nel mio profondo e stupido animo sapevo di avere bisogno che non fosse stato tutto un sogno, le parole di Levi esistevano.
Lui le aveva dette a me, solo ed esclusivamente a me.
Così, con la bocca tremante, lo guardai negli occhi, usando tutta la voce che mi rimaneva in corpo.
"Allora pensaci bene la prossima volta, perché ti stai contraddicendo da solo! E vaffanculo!"
Qualcosa simile al dolore cominciò a scivolare sulle mie guance, il cuore mi faceva male.
Mi accasciai a terra, con le ginocchia piegate sul pavimento.
Lo odiavo.
Mi odiavo.
Lui mi fissava tremante, con una luce di panico che si intravedeva in fondo all'oscuro dei suoi occhi.
"Vattene, se non diresti mai una cosa del genere, vattene."
Guardavo solo il pavimento, con le lacrime che non si fermavano mai davanti alla mia attenta e vigile osservazione.
Levi fece due passi indietro, aprì la porta e se ne andò.
Per una volta mi aveva ascoltato.
Ero rimasto solo, a guardare le mie ginocchia umide.
Il silenzio nella stanza era tombale, una certa inquietudine mi attraversò il corpo.
Continuai a singhiozzare sperando di poter spegnere tutto e andare via.
Ma perché ero arrivato a quel punto?
Stavo nascondendo la cosa più evidente del mondo.
Io ero innamorato.
Ammetterlo a me stesso non mi rese particolarmente scosso, insomma, era palese. Eppure mi fece sorridere, era un tipo di maturità che non ero mai arrivato a capire.
Anche se non mi sarebbe servita a nulla, dato che ero appena stato privato della mia rivelazione. In più, la colpa era mia. Avevo rovinato tutto senza motivo.
Beh, non sapevo nuovamente cosa fare. Avrei voluto risolvere le cose, sistemare la situazione. Ma io?
Ma dove volevo andare?
Anche se ci provavo, alla fine riuscivo a complicare tutto di più.
Incredibile.

La mattina dopo, andai a scuola, come di conseuto.
Anche se, come di conseuto, non ascoltai nulla.
Le parole dei miei professori scivolavano via come acqua, mentre i miei occhi vacui osservavano le mie mani scrivere lettere messe accanto una dopo l'altra senza qualcosa che desse loro senso.
Armin si avvicinò a me, un po' circospetto.
"Eren, va tutto ok? Non voglio vederti stare di nuovo male."
Cercai di fingere, mostrando il mio sorriso migliore.
"Senti, sembra che tu non voglia dirmi niente, ma sai che sono qui. Sappi solo che... le cose si possono risolvere."
Era un ragazzo d'oro, in tutti i sensi.
Forse riuscì a darmi ancora l'ispirazione, le cose si possono risolvere.
Sì.
Ma dobbiamo essere noi a provarci, di certo quello che succede non si mette a posto da sé.
La prima volta era stato Levi a cercare un dialogo con me, io avevo rovinato tutto.
Stavolta sarei stato io, avrei provato a dare senso ai miei sentimenti.
Sarei andato a casa sua... bhe, poi avrei improvvisato. Sapevo però di dover agire, in un modo o nell'altro.

SPAZIO AUTRICE

HEI.
Come va?
Questo nuovo capitolo è l'inizio di tante cose, spero vi sia piaciuto.❤
Povero piccolo Erenino.
Anyway, ieri sera alle 21:30 circa ho iniziato Yuri On Ice e nulla... L'ho finito alle 2:34. Di notte.
Mi faccio prendere un po' troppo a volte... Ma hei ragazzi, LA VIKTURI È STUPENDA.
AW.
E poi bhe, vi consiglio di guardarlo.
Poi volevo assolutamente consigliarvi una storia di Glipses che si chiama Raccapriccianza: Storia di come su Wattpad non ci sia fine al peggio.
Ragazzi, mi ha fatto/ fa morire dalle risate, dovete assolutamente leggerne almeno un capitolo.
Oltre ciò, mi dileguo a scrivere tante cose belle e noi ci vediamo al prossimo capitolo, bye!❤

Non Ti Voglio Bene [Ereri] (conclusa)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora